Ecoansia

L’episodio della giovane che, in lacrime, confessa al ministro dell’ambiente Pichetto Fratin di essere affetta da “ecoansia”, è una limpida rappresentazione di quel che ci attende nei prossimi tempi in tema di transizione “verde”, clima e dintorni. Non tanto per la manifestazione emotiva – per certi aspetti comprensibile – quanto per la reazione di colui che in quel momento rappresentava il potere: si può anche pensare che soggettivamente il ministro si trovasse in una situazione “empatica” con la giovane spaventata, ma la scena ci dà la misura plastica dell’uso che oggettivamente il potere (i corposi interessi che ne sono espressione) farà della paura dei sudditi.
Senza voler scomodare Spinoza, ogni volta che la sfera del politico si lascia condizionare dalle passioni tristi – dalla paura, dall’angoscia, dall’ansia e da tutte le consimili sfumature emotive – abdica a quella che è la sua funzione fondamentale, ovvero la capacità di analisi, conoscenza e trasformazione razionale della realtà.

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Filosofie della storia – 6. Il principio speranza di Bloch

1. Una filosofia della storia futura: quasi una contraddizione in termini.
La storia, il passato, la memoria, insieme alle condizioni materiali date, sono il complesso di elementi che pesa sulla vita degli umani, che sembra condizionarli, pre-determinarli, obbligarli su strade necessitate. Evocare quindi una filosofia della storia futura appare quantomai problematico, se si pensa alla forza di quei condizionamenti. Nello stesso tempo – basti pensare alla vita dei singoli – esiste pur sempre una controforza, una pulsione che spinge in direzione del nuovo, dell’inusitato, del non-ancora. Se c’è nell’individuo deve esserci anche in quell’individuo più in grande che è la collettività – fino probabilmente a spingersi all’intera umanità. Questa pulsione viene individuata dal filosofo tedesco Ernst Bloch nel principio speranza (Prinzip Hoffnung).
Principio, non solo affetto: Bloch pensa che la speranza non sia da restringere al campo sentimentale o soggettivo, ma che piuttosto costituisca una forza evolutiva presente a monte, ontologicamente, nell’essere, nella materia, nella vita stessa. Non solo: la speranza ha anche un significato cognitivo, è docta spes, una sorta di scienza utopica.

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Ribollire di utopia

L’uomo non è fitto è il titolo di un paragrafo del primo volume de Il principio speranza di Ernst Bloch, nel quale si discute, tra le altre cose, il significato utopico del marxiano sogno di una cosa e, più in generale, dei sogni ad occhi aperti. Bloch scrive a tal proposito:

«Che si possa veleggiare verso i sogni in questo modo, che i sogni a occhi aperti, spesso di tipo completamente scoperto, siano possibili, tutto ciò rende manifesto il grande posto che ha nell’uomo la vita ancora aperta, ancora incerta. […] Questo ribollire e mugghiare alla superficie della coscienza divenuta è il primo correlato della fantasia, all’inizio solo interiore, che si trova proprio nella fantasia stessa. Anche i sogni più sciocchi sono comunque esistenti come spuma da cui a volte è sorta una Venere. L’animale non conosce niente del genere; solo l’uomo, sebbene sia molto più desto, ribolle di utopia. La sua esistenza è per così dire meno fitta sebbene egli, paragonato alle piante e agli animali, esista molto più intensivamente».

Nell’uomo qualcosa è rimasto cavo, un vuoto di possibilità ancora inespressa. Ma è la stessa vita ad essere altrettanto incompiuta: l’effettuale è processo, dove il divenuto non ha mai vinto completamente. La speranza e l’utopia hanno, dunque, un fondamento ontologico, nella vita e nella materia stessa, ben al di là del loro essere sentite ed esperite emotivamente.

 

Settimo lunedì: speranza vs responsabilità

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Il principio responsabilità è il titolo di un libro pubblicato nel 1979 dal filosofo tedesco Hans Jonas, che richiama espressamente un’opera della metà del secolo scorso – Il principio speranza – del filosofo marxista Ernst Bloch. Da questo incrocio nasce il titolo dell’incontro di questa sera.
Prima di occuparci di questi due filosofi e delle opere citate, vorrei però richiamare l’attenzione sui motivi – essenzialmente affettivi ed emotivi – delle categorie evocate:

speranza / paura

(è Jonas stesso, come vedremo, a parlare di “euristica della paura” quale elemento essenziale dell’etica della responsabilità).

Ho trovato una eccellente definizione di questi due “affetti” in un filosofo che di passioni e di sentimenti umani si intende parecchio, e di cui già abbiamo parlato, Baruch Spinoza:

“La speranza (il timore) è una letizia (tristezza) incostante, nata dall’idea di una cosa, futura o passata, del cui evento in qualche modo dubitiamo” (Etica, parte III, Definizioni degli affetti, prop. XII-XIII)

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