La Sicilia ha un rapporto strettissimo con la filosofia fin dalle sue origini, e non poteva essere altrimenti visto che Grecia e Magna Grecia sono un unico mondo culturale e linguistico (una koiné, bellissima parola della lingua greca che indica ciò che viene condiviso, che è in comune). In particolare sono due i filosofi “siciliani” a spiccare: Empedocle e Gorgia, nati rispettivamente ad Agrigento e a Lentini.
Il primo fa parte della corrente cosiddetta “presocratica”, ed ha un posto di rilievo nella storia della filosofia per aver tentato di superare la grande diatriba teorica tra Eraclito (tutto si muove, scorre, diviene; tutto è polemos, conflitto) e Parmenide (l’unica verità possibile è l’essere, uno, stabile, immutabile). Empedocle, potremmo dire con un’espressione un po’ triviale, “salva capra e cavoli”: secondo lui esiste una dimensione di unità e stabilità (leggi ed elementi) in grado di garantire la molteplicità, il movimento e la rotazione delle cose. Universalmemente nota la sua teoria dei 4 elementi (l’acqua, il fuoco, l’aria, la terra: i principi o le “radici” materiali della realtà); meno noto il meccanismo che li regge: odio e amore, neikos e philìa, ciò che respinge e ciò che attrae gli elementi, ciò che li mette insieme (nascita) e che li dissolve (morte). Con questo 4 + 2 (che non è un’offerta dell’Esselunga), la realtà può insieme essere spiegata come stabile (gli elementi e la legge, l’arché, cioè il principio dei primi filosofi), salvandone nel contempo gli aspetti variabili e molteplici. Donde la teoria cosmologica con i suoi cicli di espansione e di contrazione. Bizzarra la morte di Empedocle, se è vero che si buttò platealmente nell’Etna (non poteva scegliere qualcosa di più tranquillo? ma forse il carattere “estremo” e insieme “barocco” dell’isola trova già qui una sua chiara anticipazione) – naturalmente di leggenda si tratta, tenuto poi conto che la sua figura veniva spesso associata alla magia e al misticismo.
Gorgia è meno “tradizionalista” di Empedocle e fa parte di quello straordinario movimento illuminista, contestatario e anche un po’ opportunista noto come “sofistica”. Sophistés a noi sembra un peggiorativo, in realtà è un migliorativo: significa “il più sapiente”, o anche “il più abile”. I sofisti erano dei chiacchieroni, avevano grandi doti oratorie (inventarono appunto la “retorica”, l’arte della persuasione) e per la prima volta insegnarono facendosi pagare. Del resto i rampolli della borghesia ateniese potevano permetterselo. Anche Socrate era un sofista, ma un po’ più quadrato e determinato, decisamente più pericoloso per l’etica corrente, tant’è che venne processato e mandato a morte. Ma stavamo parlando di Gorgia. Il succo della sua teoria sta in una famosissima triade di fronte alla quale o ci si rompe la testa o ci si mette a ridere. Egli sostiene infatti che:
1. Niente esiste
2. Se anche qualcosa esistesse non sarebbe conoscibile
3. E se anche fosse conoscibile non sarebbe comunicabile ad altri
Detto così sembra un gioco di parole filato dalla testa di un mentecatto. Invece, col cavolo! Gorgia è persona seria e di grande capacità argomentativa. D’altra parte sull’essere si erano già scervellati Parmenide e compagnia, e non è che fosse così semplice parlarne. Quando si evoca un concetto generale come quello di “essere”, ci si tira dietro tali e tante contraddizioni che forse è meglio lasciar perdere e dire che l’ “essere” è una chimera, non esiste: e infatti – sembra dire Gorgia – dov’è questo famoso “essere” se non nella mente bacata di qualche filosofo? Ma ciò che da lui viene più fustigato con determinazione è la pretesa umana di conoscerlo questo benedetto “essere” (conoscerlo nella sua totalità), e anche di pensare che il concetto che ne ho io sia condiviso e identico a quello che ne hanno gli altri. Una gran bella pretesa! Naturalmente, come già il suo contemporaneo Protagora, è la questione del relativismo e dello scetticismo ad essere posto per la prima volta con grande radicalità nella storia del pensiero. Gorgia si spinge anche più in là, tanto che potremmo considerarlo il primo nichilista. La verità non esiste, e se proprio se ne vuol parlare essa è poliedrica e risiede essenzialmente nel linguaggio, dunque attraverso il linguaggio può anche essere fatta fuori. Dico la verità e la contraddico, affermo la verità e la nego. Come in un circolo vizioso…
Dei viaggi politici di Platone a Siracusa, e della “vacanza” di Porfirio per guarire dalla depressione ho già detto. Bisognerebbe poi parlare di Archimede di Siracusa, e di altri pensatori cosiddetti “minori”… chissà, magari in un’altra occasione.
Adesso è ora di partire: la Sicilia filosofica, laggiù, mi attende.
(Immagine da http://mrnemo.splinder.com/archive/2006-12)
Leggendo questi commenti ,una malcelata invidia mi assale. La capacità mnemonica perdura la conoscenza e rende fruibile all’intelletto la capacità di collegamento con le altre discipline del sapere…E un balsamo dell’anima. Grazie quindi. detto questo mi pare che questi due filosofi abbiano anticipato( Non nell’ente) l’affermazione che compare nella bibbia circa il concetto di E . Forse è per quello che qualcuno dei due si è fatto male. A volte sondare l’infinito può provocare uno sbarellamento,una micidiale strambata del cervello. sorridendo…