AUTODETERMINAZIONE

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Il concetto di “autodeterminazione”, come forse tutti i concetti, ha una natura ancipite e bifronte. Mi spiego: se ne può tracciare un profilo puramente teorico, astratto, ma è nella prassi, nei movimenti storici e sociali che può essere scorto e osservato all’opera in tutta la sua sostanzialità.

Partiamo dal primo fronte, quello teorico. E’ forse per la prima volta in epoca illuministica che l’autodeterminazione viene teorizzata. Certo, non con questo nome, ma la critica radicale dell’autorità e della tradizione ne definiscono bene le coordinate di fondo. In particolare, la famosa definizione kantiana di illuminismo come uscita dalla minorità può attagliarsi benissimo a quel concetto: “illuminismo è la liberazione dell’uomo dallo stato volontario di minorità intellettuale che è l’incapacità di servirsi dell’intelletto senza la guida d’un altro; questa minorità è volontaria quando la causa non sta nella mancanza d’intelletto, ma nella mancanza di decisione e di coraggio nel farne uso senza la guida di altri. Sapere aude! Abbi il coraggio di servirti del tuo proprio intelletto”. Mi pare che una definizione concettuale di “autodeterminazione” non potrebbe essere più precisa.

Ma è nella prassi storica e sociale che il principio dell’autodeterminazione assume pienamente la sua valenza e il suo pieno significato. Faccio solo alcuni esempi sparsi: la lotta anticolonialista e antimperialista per l’autodeterminazione dei popoli lungo tutto il Novecento; le lotte per l’autodeterminazione praticate dagli anni ’60 in poi dai movimenti dei neri d’America, o dal più recente movimento zapatista; i movimenti delle donne, femministi, omosessuali, transgender – tutte queste lotte hanno in comune proprio il principio dell’autodeterminazione. Finché non sorge tale lotta, i vari soggetti sono conculcati, surdeterminati, costretti in ruoli prestabiliti, persino definiti nei nomi, da poteri esterni e oppressivi che ne negano libertà e diritti.
L’assunzione del principio di autodeterminazione da parte dei soggetti portatori di tali diritti fa dire a costoro: sono io a definirmi, a sapere chi sono e a decidere del mio destino, non tu!

Concludo brevemente con la risposta preventiva alla critica che talvolta viene mossa al principio di autodeterminazione, specie nei conflitti interni alla società civile, accusato di essere “individualista” quando non egoistico, narcisistico, relativistico e persino nichilistico. Tutti gli –ismi più nefandi, recenti bestie nere del neo-assolutista papa Ratzinger. A parte il fatto che chi definisce a priori me, deve dimostrarmi che la sua definizione (per quanto antica e autorevole) sia più giusta e giustificata della mia, ma proprio perché il principio di autodeterminazione affonda le sue radici nella prassi sociale e storica, per sua natura esso non è mai individualista e autoreferenziale. Le categorie cui fa riferimento sono anzi quelle trasversali e comuni alla sfera umana della libertà e perfettibilità (vedi Rousseau), della onnilateralità (vedi Marx), della possibilità (vedi gli esistenzialisti), della vita activa (vedi Arendt), della moltitudine (vedi Virno). Tutte categorie, non v’è dubbio, che fanno a pugni con l’intangibilità e fissità (che è più una fesseria) della tanto sbandierata “natura umana”.
Non c’è mia autodeterminazione senza l’autodeterminazione di tutti. Ma l’autodeterminazione della maggioranza (che più spesso è una sovradeterminazione o un lascito inerte della tradizione), non significa che debba fagocitare e arruolare d’autorità nei suoi schemi le diverse soggettività.
Per loro definizione la libertà e i diritti o sono plurali o non sono.

Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

12 pensieri riguardo “AUTODETERMINAZIONE”

  1. Ares

    Ho letta con calma.. mi piace..

    .. cio’ non toglie che vi siano autodeterminazioni rivolte al contingente, egocentriche e discutibili.. non che convertibili..
    ..e questo prova a fare il Vaticano.. che non puo’ essere criticato per questo..visto che e’ per vocazione il suo mestiere..

    .. poi lo stato laico faccia il proprio ingrato dovere di gestione dell’emergenza.. basta che sia chiaro a tutti che di emergenza si tratta!!..

    Se poi fosse uno stato laico e anche giusto.. inevitabilmente cercherebbe di affrontare l’emergenza alle sue basi.. per eliminarla o ridurla ai minimi termini.

  2. Ares

    .. caspita! una svista .. CON IL CAVOLO MI PIACE!!!..

    ovviamente non concordo con quanto detto sull’aborto!!

    … non e’ autodeterminazione femminile..ma terminazione fetale..
    e un autodeterminazione ottenuta in questo modo non e’ autodterminazione.. ma semmai “autoterminazione”.. e sfido chiunue ad affermare il contrario!!!

  3. autoterminazione… cos’è?
    comunque sfidi me, che infatti ho affermato il contrario
    please: leggere con calma, pensare un pochino, fare un bel respiro e poi (eventualmente, ma non necessariamente) scrivere e rispondere

  4. credo che ognuno di Noi abbia diritto ad esprimere il proprio sentimento verso la sofferenza, in specialmodo la sua o di chi ama.
    pertanto penso che la vita non sia vita se fatta di sofferenza e di nessun contatto fisico o morale con chi amiamo o ci ama, percio sarebbe opportuno fare testamento biologico, quando si è per esperienze di cronaca o di affetti personale coinvolti,poi che lo stato ci dia la possibilità di potere redigerlo, senza l’obbligo di spese di Notai, ma che ci sia un ufficio apposito fatto per segure la volontà del cittadino.

  5. Ares ^__^

    Sulle modalità di deposito del testamento biologico non mi arrovellerei, e’ l’ultimo dei problemi… parliamo prima di quale dovrà essere il contenuto, sia per chi devìcide in un senso e chi per l’altro, e quali sono le condizioni in cui verrebbero tenuti coloro che decidono di proseguire il viaggio e i loro familiari.

    In tutta Italia vi sono 102 ricoveri per malati comatosi o terminali e sono concentrati tutti al nord… le struttore sono fatiscenti, l’assistenza mediocre(anche se tecnologicamente all’avanguardia), non vi e’ assistenza economica, psicologica e pratica per i familiari.

    Se l’alternativa alla morte e’ questa….il testamento biologico e’ un’ipocrisia.

  6. Di sicuro non è il testamento biologico che si sta profilando come legge di questo stato, palesemente lesivo dei diritti civili e anticostituzionale: in sostanza mi vorrebbero infilare il loro sondino etico in bocca e tenermi vivo a forza (secondo il loro concetto di “vita” che di sicuroi non collima col mio).
    Non mi riconoscerò mai in uno stato, in un potere, in una legge che vuole decidere e disporre di me e della mia vita.
    Diventerebbe del tutto legittima la disobbedienza civile e, al limite, il tirannicidio!

  7. Ares ^__^

    Il sondino (etico) dell’alimentazione per i primi mesi e’ infilato nel naso(in una delle due narici) e non in bocca, questo per non ostacolare la respirazione e la deglutizione della saliva, e per non lasciare eventuali ciccatrici addominali in caso di risveglio.. poi il sondino lo spostano sull’addome per raggiungere lo stomaco in modo piu’ agevole… va be’ e’ un dettaglio..

    Certo e’ che se uno il sondino non vuole infilarlo in nessuna parte del suo corpo e’ bene impedire a chi che sia di infilarglielo… ineffitti ogni legge che non preveda una sorta di testamento e’ una legge da rifiutare, cosi’ come e’ una legge da rifiutare quella che non prevede condizioni radicalmente migliori di sopravvivenza per gli eternauti..

    Comunque rimane aperta la questione etica su chi debba essere colui che stacca la spina…o sfila il sondino……perche’ penso che tutti accetterano di essere assistiti per un numero ragionevole di mesi …anche se, mi pare, che il risveglio piu’ tardivo e’ stato dopo 5 anni di coma .. e nel frattempo le ricerche sulla rigenerazione cellulare, anche cerebrali, proseguono..

  8. Mi sto rendendo conto che le persone hanno tanta voglia di fare dibattiti teorici pro e contro e molta poca voglia di andare a conoscere queste REALTA’.

    Ares ma cosa dici??? strutture fatiscenti (fatiscenti???) e solo al nord? vai a visitare queste di persona…

    http://www.associazionerisveglio.org/

    L’Associazione Risveglio ha a cuore la complessa problematica socio-sanitaria delle persone con esiti di gravi cerebrolesioni acquisite (GCA) la cui incidenza è numericamente rilevante sia a causa dell’inarrestabile incremento del numero di incidenti sulla strada e sul lavoro (con precipuo riguardo a giovani e giovanissimi), sia per l’aumento di patologie vascolari (con riferimento alla popolazione più adulta).

    http://www.arco92.it

    Un’associazione che riunisce una serie di realtà che si occupano in Italia

    di persone in stato vegetativo e di minima coscienza.

    http://www.larete-gca.eu./

    “La Rete” è un coordinamento informale di associazioni presenti in Italia che si occupano delle persone

    colpite da trauma cranico e gravi cerebrolesioni acquisite,

    e che si riconoscono nei criteri contenuti nella “lettera di intenti” stipulata dalle associazioni

    Il risveglio più lungo dopo 5 anni??? Ares di nuovo…. ma cosa dici??? Ce ne sono dopo 5, 7, 9 anni… ecc ecc ecc … (lunga letteratura a riguardo) e sempre persone che secondo i medici non si sarebbero MAI MAI MAI risvegliate… e il risveglio dallo stato vegetativo più lungo per ora accertato è dopo 19 anni…

    Terry Wallis Si è risvegliato dopo 19 anni di vita in stato vegetativo! I medici insistevano con i genitori che non si sarebbe MAI più risvegliato!

    http://www.theterrywallisfund.org/

    … buona conoscenza di… REALTA’…

    brezza 🙂

    PS) “Non mi riconoscerò mai in uno stato, in un potere, in una legge che vuole decidere e disporre di me e della mia vita.” ???
    … … Allora fanno bene a Napoli che se ne vanno in giro senza casco e senza cinture di sicurezza… che IMPOSIZIONI etiche dello Stato eh? evviva l’autodeterminazione dei napoletani.. … …

  9. @Brezza: mi sembra siano questioni poco paragonabili le cinture di sicurezza e la decisione estrema sulla vita e sulla morte…
    Ad ogni modo la domanda da farsi è duplice: fin dove la legge deve/può entrare nella regolamentazione della vita degli individui – (fumare, mangiare trippa, sbevazzare, tutte cose consentite dalla legge, fanno male e possono provocare la morte, perché non censurarle preventivamente?);
    seconda e più importante: se gli esseri umani sono animali dotati di ragione e kantianamente devono uscire dalla minorità e decidere secondo ragione, i processi educativi (la “paideia”) devono decisamente puntare a questo – a meno che qualcuno non creda che sia meglio avere stati paternalistici, etici o (peggio) totalitari. Si tratta insomma di scegliere tra l’essere cittadini e l’essere sudditi…

    A proposito poi delle tue puntualizzazioni rivolte ad Ares, in questo momento lui purtroppo non può replicare, per motivi di connessione.

    p.s. il commento è finito in moderazione probabilmente perché conteneva diversi link

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