HOMO HOMINI LUPUS

Karl Marx scrisse una volta che “dove molti pensano prima o poi qualcuno agirà”; forse non aveva considerato che anche “dove molti non pensano prima o poi qualcuno agirà”.

E poi ci sono i mandanti, come sempre. La responsabilità è individuale, ma quando una classe “dirigente”, un governo, il ministro della polizia, svariati partiti e un bel po’ di “società civile” di un paese seminano quotidianamente il vento dei campi, delle manette e della “tolleranza zero”, prima o poi la tempesta della follia xenofoba e razzista si abbatterà su quel paese.

E a questo punto, se viene meno la funzione primaria dello “stato” che, a sentire Hobbes, è quella di proteggere la vita dei suoi “sudditi”; oppure se ci saranno sempre più persone che avvertiranno chiaramente come si stia producendo una stratificazione e una gerarchizzazione della nozione di cittadinanza; se l’ospite, lo xenos, diventa il parassita, l’alieno, il nemico da immunizzare – ebbene molti prima o poi agiranno, ma sarà legittimo aspettarsi che lo facciano anche i perseguitati, i quali potranno pensare che non rimane loro altra strada che quella dell’autodifesa.

Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

7 pensieri riguardo “HOMO HOMINI LUPUS”

  1. Il volantino che il comitato antirazzista distribuirà oggi pomeriggio al presidio in stazione centrale.
    ciao, Nic

    ***

    Linciaggio razzista a Milano

    Si può morire anche così, presi a sprangate da due cittadini italiani che ti accusano di aver rubato dei biscotti, ma poi ti fanno fuori urlandoti “sporco negro”, “vi ammazziamo tutti”. E Abdul William Guibre, un giovane italiano di 19 anni originario del Burkina Faso, è morto proprio così, dopo essere stato rincorso e preso a sprangate per il sospetto del furto di qualche biscotto.

    E’ questo l’incubo in cui si risveglia e riprende la vita di sempre la città di Milano, dopo la pausa estiva e i mesi trascorsi dalla classe politica del paese e della città a pensare quali nuove norme quotidiane inventare per far scattare l’allarme sociale, appagarlo e imporlo con i colpi di spranga legali del “pacchetto sicurezza”.

    La classe politica italiana, incitata da padroni e padroncini ha dichiarato guerra a donne e uomini migranti: una guerra che scardina completamente l’ordinamento giuridico, stabilendo, per legge, con l’aggravante di clandestinità, che la legge non è uguale per tutti, rende impossibile per gli immigrati privi di permesso di soggiorno trovare un’abitazione e dispiega l’esercito nelle zone a più alto tasso di immigrazione così come nei centri di detenzione.
    Il tutto accompagnato da altri deliri securitari e nuove trovate repressive, come le impronte digitali ai minori rom, le pene detentive e le ammende previste per la prostituzione nei luoghi pubblici in quanto fenomeno di “allarme sociale” (che coinvolge 9 milioni di clienti italiani!), telecamere ovunque, rastrellamenti sui mezzi pubblici, ronde più o meno private, poteri speciali che hanno conferito ai sindaci una sorta di onnipotenza nella disciplina dei comportamenti – vietato mangiare panini per strada, vietato sedersi sulle panchine dopo il tramonto e baciarsi in macchina…

    Queste leggi sono un vero e proprio dispositivo di guerra, che militarizza e razzializza il territorio per colpire la parte più precaria e ricattabile della popolazione. Un dispositivo sostenuto apertamente da quasi tutti i mass-media, che cercano di occultare gli immigrati morti sui posti di lavoro, le prostitute immigrate uccise o stuprate sulle strade, le condizioni di vita disumane in cui sono costretti a vivere i bambini a cui si prendono le impronte digitali, le condizioni di schiavitù lavorativa di molti immigrati e immigrate, i centri di detenzione pieni di migranti sequestrati direttamente sui posti di lavoro.

    Il feroce assassinio di Abdul – avvenuto vicino alla stazione centrale di Milano, presidiata, tra l’altro, dall’esercito – oltre che un omicidio dichiaratamente razzista è anche l’inevitabile risultato di tutto ciò: divieto di vivere per un giovane italo-africano, decretato da due cittadini italiani, padre e figlio, che esprimono così la loro complicità con questo stato di guerra, convinti di apportare con soluzioni “fai da te” il loro personale contributo alla sicurezza del paese.

    Respingiamo le lacrime di coccodrillo del vicesindaco De Corato e dei suoi compari di governo e opposizione.
    L’unica risposta è l’organizzazione dal basso contro l’ordine della repressione e dello sfruttamento.
    Milano, 15 settembre 2008

    Comitato Antirazzista Milanese – info@antirazzistimilano.org

  2. scrivo sotto questo tuo post un commento che ho già usato oggi,per commentare una fotografia di un mio contatto su flickr.

    batti,e ribatti,e ancora e ancora.guardati dagli sconosciuti,chiudi bene le porte,blindati in casa e occhio ai rumeni.
    “un’altra rapina ai danni di un tabaccaio,era la tremillesima rapina in due ore”.allarme.allarme.difenditi!armati,sp ara.
    difendi la tua roba.difendi la tua roba.difendi la tua roba.

    credo che se fossimo stati io e te non ci avrebbero sprangato,o almeno non fino alla morte.credo che in questo paese sia più facile dare addosso al diverso.diverso si,perchè questo è quello che ti ripetono ogni giorno.perchè se le dai al diverso ci sarà sempre chi starà dalla tua parte.chi sarà pronto a parlare di esasperazione,di categorie delinquenti,di propensione al male per provenienza geografica.
    è più facile quando in qualche misura c’è sempre chi avalla i tuoi comportamenti.
    non credo che la responsabilità sia individuale.anche,certo,ma non solo.

  3. io non credo sia solo razzismo – si è affermato il dominio della “roba” in questo brutto paese – nel furto, quasi goliardico, di una sciocchezza, si viola il “mio”, la “mia roba”, la “mia proprietà” e di fronte a tale “delitto” la vita dell’autore – specie se “diverso” – non vale più nulla – attenzione di fronte all’egoismo proprietario ciascuno di noi può diventare “diverso” (tempo fa’ ho, nell’uscire da un parcheggio, urtato, senz’alcun danno un’auto dietro la mia, toccando appena il paraurti : il proprietario, seduto al bar di fronte, nonostante le mie scuse ha tirato fuori il coltello – l’hanno fermato due suoi amici…) – la roba la roba…
    c’è una cultura dell’avere che in passato era impensabile – ma è un avere da poveretti – sicché s’ammira il calciatore non per il suo gioco, ma per i suoi soldi …

  4. ciao Daniele, mi pare che ora il commento sia visibile;
    @Enrico: concordo con te, roba e smisurato narcisismo – ma siccome entrambi sono per pochi, ai più resta l’ombra striminzita dell’emulazione, destinata quasi sempre ad essere frustrata

  5. Ares ^__^

    Che tenerezza che mi ha fatto il papa’ di Abdul William Guibrequel .. e che candore che ho sentito nelle parole che ha usato per spiegare al giornalista di turno la sua sofferenza.. che dignità!.

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