Lezione spinozista 2 – Mente sive corpo

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(Vediamo se ho capito…)
Leggendo la seconda parte dell’Etica, che si occupa della Natura e origine della mente, si ha come l’impressione di restare a bocca asciutta proprio per quanto concerne la risposta alla domanda sottesa: ma che cos’è davvero la mente? Certo, Spinoza non può porsi questa domanda alla stregua dei neuroscienziati, il suo resta un punto di vista strettamente filosofico e, oltretutto, immerso nelle concezioni del suo tempo. Ma chissà che questo non finisca per essere un vantaggio…

D’altra parte proprio “la mente” dovrebbe essere l’oggetto primo di ogni attenzione e considerazione fondativa di un discorso sensato: che senso ha parlare di un’ontologia, ad esempio, o di un’etica (che sono poi le due operazioni simultanee condotte da Spinoza) se non si ha ben chiaro lo strumento attraverso cui tutto procede? Ogni ontologia presuppone la domanda “che cos’è la mente?” e non può non presupporla, perché l’ente pensato – l’idea – è sempre ciò che è attraverso la mente, che dunque ne è filtro, se non presupposto. Dunque, anche se vogliamo pensare che non è il soggetto a porre l’oggetto (come vogliono gli idealisti o i nominalisti e compagnia bella), e nemmeno l’oggetto a fondare il soggetto (come preferiscono i realisti, gli empiristi e compagnia cantante) – la mente rimane pur sempre la sede delle relazioni e del loro eventuale groviglio.


Tuttavia, allontanandoci da Spinoza solo per un momento, la risposta neuroscientifica e riduzionista che vorrebbe leggere la mente come un corpo è a mio giudizio insoddisfacente (anche perché i neuroscienziati dovrebbero spiegare che cos’è un corpo o anche che cos’è la materia, e non è detto che ci riescano). La mente non è per definizione un oggetto come gli altri (del resto non è che esistano solo gli oggetti tangibili, come il cervello o questa tastiera, bisognerebbe ormai saperlo bene), che non vuol dire che stia in una dimensione sovramateriale, spirituale o metafisica. La mente è piuttosto concepibile come la sede delle relazioni, un punto virtuale del nostro corpo individuale (una parte del corpo che non è corpo: dunque, daccapo, cos’è?), che però non è semplice speculum e duplicazione degli oggetti, ma istitutrice e creatrice di nuove serie di relazioni.
E’ un po’ come dire che il già da sempre (l’essere immersi nell’essere indifferenziato, tanto per usare un po’ di gergo filosofico) emerge in un ordine relazionale e la mente tesse quel già-da-sempre (aggrovigliato) in un ordine dotato di senso (per lei, non in sé), mettendo in luce le relazioni tra i corpi (a partire dal corpo proprio cui essa è inscindibilmente legata), e creandone e producendone di nuove. Questo vale anche per la scienza: per poter leggere nel gran libro del mondo che è scritto in linguaggio matematico, si deve possedere una mente calcolante, altrimenti come vi si potrebbe accedere? (D’altra parte si corre qui il rischio del vizio ontologico: la mente è quantitativa perché è quantitativo il mondo o il mondo si fa leggere dalla mente secondo schemi quantitativi, che però sono solo uno degli infiniti modi possibili di essere?). E comunque che cosa vuol dire calcolare se non stabilire relazioni?

Per definire approssimativamente la modalità “creativa”, d’altro canto, potremmo utilizzare l’arte come esempio: se noi trasponiamo l’immagine della luna su una tela o connettiamo i suoni in un ordine finalizzato a comporre una sinfonia, il già-da-sempre indistinto si costituisce in un nuovo ente, determinato da nuove relazioni. La mente, dunque, non si limita a registrare le relazioni esistenti, a rispecchiarle, ma anche a produrle. Non si tratta di una creazione ex-nihilo, ma di una connessione inedita di enti già tutti esistenti. Affinché ciò avvenga, la mente deve penetrare il mondo, immergervisi e conoscerlo dall’interno, esserne parte e renderlo parte di sé.

Ma torniamo a Spinoza. E proviamo a vedere se nell’intrico barocco di proposizioni, scolii e corollari vi sia qualche elemento che ci aiuti a progredire nella questione:

“L’oggetto dell’idea costituente la Mente umana è il Corpo, ossia un certo modo dell’Estensione, esistente in atto, e nient’altro. – dove quel nient’altro è espressione cruciale […] Ne deriva che l’uomo consta di Mente e di Corpo, e che il Corpo umano, così come lo sentiamo, esiste.
[…] “La Mente non conosce se stessa se non in quanto percepisce le idee delle affezioni del Corpo” – e poi, specificando meglio: “La Mente umana non percepisce alcun corpo esterno come esistente in atto se non mediante le idee delle affezioni del suo Corpo”.
Questa concezione del rapporto tra mente e corpo viene poi ribadita nella Terza parte dell’Etica: “la prima cosa che costituisce l’essenza della Mente è l’idea del corpo esistente in atto, il primo e precipuo sforzo della nostra Mente è quello di affermare l’esistenza del nostro Corpo“.

Sembra quindi che lo sforzo maggiore di Spinoza sia qui non tanto quello di dare una definizione di “mente” (di per sé chiara), ma di connetterne costantemente l’attività con quella del corpo. Spinoza trova semmai più problematico il fronte corporeo, al punto da arrivare a dire : “In effetti, che cosa propriamente possa il Corpo, nessuno l’ha ancora determinato”. Su quel “possa” (che non è propriamente un sia) Deleuze ha costruito un intero ciclo di lezioni che sono poi diventate un libro e una precisa linea interpretativa del pensiero spinoziano: Cosa può un corpo? – questa sembra essere la domanda cruciale. Si è in quanto si può: l’essenza delle cose sta tutta nella loro potenza materiale, corporea, immanente, cioè nei modi, nelle forze e nelle infinite relazioni attraverso cui la sostanza si esprime sensibilmente.
In realtà non può non essere cruciale anche la questione del rapporto tra mente e corpo, ed è forse qui il nodo: dal modo in cui si intende quel rapporto deriva tutto il resto. Il pensiero e l’estensione non sono per Spinoza due sostanze (la sostanza è una soltanto), ma, in gergo scolastico, due attributi, ovvero due nomi di Dio, due qualità o proprietà per definire la stessa cosa, l’infinita sostanza. Se si riconduce alla sfera umana tale concezione, mente e corpo non possono che essere la medesima cosa, solo visti sotto due differenti punti di vista: la mente è sempre la mente di un corpo e il corpo è sempre il corpo pensato da una mente. Ciò che uno fa l’altra pensa, ciò che uno sente l’altra desidera o vuole (secondo Spinoza non esiste una differenza sostanziale tra volontà e desiderio: lo sforzo vitale che si riferisce alla mente – che è tutt’uno con l’affermare o il negare intellettuale – è Volontà, ma si chiama Appetito se si riferisce insieme alla mente e al corpo – e ciò è l’essenza stessa dell’uomo; ma su tutto questo dovremo tornare in una prossima “lezione”).
Vi è insomma secondo Spinoza, e ben diversamente da Cartesio, una convergenza dell’elemento mentale e di quello corporeo: non solo non si tratta di sostanze o essenze diverse, ma nemmeno si può parlare di un parallelismo (come voleva l’occasionalismo, volto però soprattutto a garantire l’intervento divino e ad allontanare lo spettro materialistico); si tratta semmai di una reciproca influenza, di un essere avvinghiati l’uno all’altro: la potenza di un corpo dipende da quella della sua mente, e viceversa. Spinoza dimostra che “la Mente è unita al Corpo perché appunto il Corpo è oggetto della Mente” – e sembra non essere preoccupato dall’eventuale obiezione che gli si può muovere circa la confusione tra l'”essere uniti” di due entità ed il loro “essere oggetto” l’una dell’altra.
L’unità viene costantemente ribadita: “la Mente e il Corpo sono una sola e medesima cosa che viene concepita ora sotto l’attributo del Pensiero ora sotto quello dell’Estensione” – si tratterebbe dunque di una distinzione puramente concettuale, senonché a farla dovrà pur essere qualcosa come una mente, e di nuovo non ci si può non chiedere: ma che cos’è la mente?
Sembra quasi che Spinoza ondeggi (e noi con lui) su questo alternarsi della domanda: una volta è chiaro che cosa sia la mente e più confusa l’idea di corpo, altra volta sembra valere il viceversa. Ma su una cosa non si deve mai cedere, quando cioè si tratta di liberarci dalle favole dell’immaginazione e dalle sciocchezze metafisiche proliferanti intorno a questi concetti: “quando gli uomini dicono che questa o quella azione del Corpo è originata dalla Mente, la quale ha dominio sul Corpo, non sanno quello che dicono” – e allora compito del filosofo è quello di fare chiarezza, dimostrare e “considerare le azioni e i desideri umani come se si trattasse di linee, di superfici e di corpi”. Ad ogni modo la direzione rimane tracciata: l’idea di simultaneità di mente e corpo è sempre ribadita: “tanto il decreto della Mente, come l’appetito e la determinazione del Corpo, sono per natura simultanei, o meglio, sono una sola e medesima cosa che, quando è considerata e spiegata sotto l’attributo del Pensiero chiamiamo decisione, e quando è considerata sotto l’attributo dell’Estensione ed è dedotta dalle leggi del moto e della quiete chiamiamo determinazione”.

Insomma, Spinoza ha anticipato tutte le discussioni tardo-novecentesche tra neuroscienziati e filosofi della mente circa la questione del rapporto tra pensiero, coscienza e corpo. Ma si è già posto in una posizione a mio parere più avanzata rispetto alle soluzioni (riduzionistiche e non) proposte: computazionalismo, funzionalismo (Putnam), naturalismo biologico (Searle), darwinismo neurale (Edelman)… Certo, la scommessa – assolutamente spinozista – è quella di non ridurre la mente alla materia (cerebrale), ma di spiegarla in termini materiali; che è come dire che non c’è alcun bisogno di trascendere o di transimmaginare, e che le spiegazioni sono tutte qui, immanenti, pronte ad essere apprese ed utilizzate.
Intuizione ripresa dal neurologo portoghese Antonio Damasio, che proprio a Spinoza dedica uno studio (che non mancherò di leggere a breve) intitolato Alla ricerca di Spinoza. Emozioni, sentimenti, cervello. Non è solo la dicotomia cartesiana (che è poi quella di sempre tra anima e corpo) a dover essere superata, ma anche quella che riducendo la mente al cervello finisce comunque per contrapporre a questo la corporeità e il complesso emotivo-passionale (così magistralmente analizzato da Spinoza): mente e corpo sono inseparabili, “tagliati dalla stessa stoffa”.
La domanda, allora, diventa inevitabilmente: che cos’è il complesso mentale-corporeo da cui siamo costituiti? che è un po’ come chiedersi, tanto per cambiare, che cosa siamo?
Spinoza non ha difficoltà a rispondere che siamo insiemi corporei (corpi costituiti da numerosi altri corpi, o meglio da “numerosissimi individui di diversa natura ognuno dei quali è assai complesso”), dotati di intelletto, e, in ultima analisi, composizioni o modi di essere della sostanza – cioè di Dio cioè della natura – sive! – modi diversi di designare la stessa cosa, ma da punti di vista diversi. E dal punto di vista della sostanza non siamo niente di speciale, siamo enti tra gli altri – umani, vegetali, pietre, fiumi, zecche, concetti… Corpi che perseverano nel loro essere corpi finché una causa esterna non li scompone e distrugge.
Meglio quindi eliminare dalla domanda di prima ogni traccia essenzialistica, riformulandola in altro modo: come siamo fatti? come funzioniamo? in che rapporto stiamo col mondo?

Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

18 pensieri riguardo “Lezione spinozista 2 – Mente sive corpo”

  1. @Md
    “La mente, dunque, non si limita a registrare le relazioni esistenti …”

    io metterei, al posto di “registrare/rispecchiare”, la parola “determinare”, in quanto quelle relazioni sono “in toto” elaborazioni della mente, “produzioni” come tu dici (senza distinzioni tipologiche)
    Tutto è, nella mente, “connessione inedita di enti già tutti esistenti”

    “Non si tratta di una creazione ex-nihilo ..”

    Quando il mondo non era un contenuto mentale (ad esempio cinque milioni d’anni fa), pre-esisteva solo il nulla “concettuale” (silenzio del logos).

    Spinoza: mente e corpo sono inseparabili, “tagliati dalla stessa stoffa”.
    Cosa può un corpo?

    Nulla, direi io, senza un “sistema nervoso centrale” che operi come “cabina di regia” …

    e allora compito del filosofo è quello di fare chiarezza …
    Come siamo fatti? come funzioniamo? in che rapporto stiamo col mondo?

    Con Nietzsche proporrei una domanda: perchè non impostare una “genealogia della mente”, che tolga di mezzo ogni “pietrificazione” platonica del logos? La mente (pensiero) non è un immutabile, che è sempre stato e che sempre sarà, ma è il prodotto (semi-lavorato) di un processo evolutivo che, in origine, consentiva al “primate” di reggere l’urto del mondo esterno nella savana primordiale …
    Su questo imposterei il dibattito, senza sminuire le intuizioni geniali di Spinoza, che, comunque, ai suoi tempi, non poteva disporre di quell’enorme massa di dati “scientifici”, a cui oggi tutti possono accedere.
    A presto.

  2. Interessanti osservazioni le tue, Aldo.
    “Quando il mondo non era un contenuto mentale”: occorre qui precisare però che secondo la prospettiva spinoziana quell’ “era” non è significativo; dalla sua concezione mi pare si possa espungere la dimensione temporale, quel che conta è tutto quello che la sostanza esprime sensibilmente – che può e che è necessariamente, dove possibilità e necessità coincidono, indipendentemente da ogni successione o scansione temporale.
    L’universo spinoziano è fatto di simultaneità, immanenza ed eternità: ogni cosa è il suo poter essere quella cosa, il suo costituirsi in determinate relazioni (interne ed esterne) che sono necessarie ed eterne. Che non significa che vi sia alcun disegno preordinato, ma che tutto ciò che accade accade per una necessità causale. La mente, che è un modo di essere della sostanza (uno tra gli infiniti possibili) è in grado di ripercorrere la catena causale. Ma per poterlo fare ha bisogno di un corpo.

  3. @Md
    “L’universo spinoziano è fatto di simultaneità, immanenza ed eternità .. tutto ciò che accade accade per una necessità causale”.
    Bene. La mente “spinoziana”, partendo dalla “sostanza”, ha ideato questa rappresentazione dell’Universo, che io considero “egregia”.
    Per parte mia volevo solo sottolineare che, alla tua domana “ma che cos’è davvero la mente?”, si poteva rispondere, utilizzando le teorie paleoantropologiche, in questi termini: il prodotto di un processo evolutivo, necessitato dall’esigenza del nostro progenitore “primate” di sopravvivere, con conseguente adattamento all’ambiente (catena causale). La mente, quindi, vista non come un “immutabile” (ad esempio, l’ “a priori” kantiano, l’anima platonica) ma come strumento “in fieri”, al servizio dell’ “esserci” e della sua volontà di potenza.
    Concludo ipotizzando quanto segue: non fu la mente, a suo tempo, ad aver avuto “bisogno di un corpo”, ma fu il “corpo vivente” ad aver avuto bisogno di una mente che lo salvaguardasse dall’estinzione (il buon Marx docet).

  4. Concordo pienamente. Oltretutto Spinoza sta senz’altro dalla parte dei “materialisti” (e lungo la linea che va da Democrito fino a Nietzsche), e lungi da lui ogni concezione essenzialistica: l’essenza è semmai potenza (appunto “che cosa può un corpo”) ed è sempre individualizzata; ciascun individuo, ciascun ente, in quanto rete di rapporti e costituito a sua volta da altri corpi o individui, è un’essenza singolare, un modo (in quanto tale unico ed eterno) di manifestarsi della sostanza. Non ci sono schemi preesistenti e, non a caso, Spinoza utilizza il termine “mente”, non “anima” .

  5. @Md
    Le tue ultime osservazioni confermano la straordinaria “attualità” di Spinoza (che non aveva una “banca dati” aggiornata come la nostra). Aggiungerei questo: cerchiamo di rappresentarci la “sostanza” come “energia intenzionata” a produrre enti, relativamente stabili, anche se in continuo divenire. Occorrerebbe problematizzare quell’ intenzionalità, prospettando ipotesi praticabili. Stralciando ogni approccio teologico (la divinità come Logos che, secondo Spinoza, informa il mondo e lo pervade tutto), la domanda fondamentale potrebbe essere questa: perchè esiste il cosmo (l’universo fisico come insieme relativamente ordinato e armonico) e non il caos (estremo disordine, che pre-clude la formazione degl’enti ) ? E, dunque, perchè un “nulla” (inteso come divenire eracliteo) ricco di determinazioni e non poche particelle instabili, destinate alla sterilità perpetua ?
    A presto

  6. Domanda da far tremare i polsi…
    Credo, però, sia al di fuori dell’orizzonte spinozista: il perché della sostanza (cioè la sua autoproduzione) è, appunto, causa sui, cioè non è determinabile al di fuori di essa, dunque non può esserci una risposta al perché la sostanza – cioè tutte le cose nel loro complesso – sia fatta così e non altrimenti. Si può indagare solo all’interno della catena causale della natura, volerne uscire (porsi su una sorta di ultrapiano rispetto alla sostanza) non porterebbe da nessuna parte.
    Forse Spinoza risponderebbe che si tratta di domande provenienti dalla nostra capacità immaginativa.
    Ma, al di là di Spinoza, non credo siano questioni aggirabili.

  7. @Md
    Spinoza, identificando la sostanza con il principio divino (“Deus sive natura”), risolve l’aporia (con la capacità immaginativa) … lasciando, noi, poveri materialisti, nelle peste.
    Stando, però, all’interno “della catena causale della natura”, dovremmo, comunque, imboccare, per orgoglio deontologico, uno dei sentieri interrotti dei tagliaboschi (Holzwege) di heideggeriana memoria, ovvero la questione “non aggirabile” del perchè esiste l’informazione (legge in fisica, dna in biologia) che permette al divenire (azione dinamica) di plasmare gli enti, riproducendoli con meticolosa perfezione.
    La nostra mente ordinatrice (idee, categorie, ecc.), rispecchia fedelmente l’ordinato procedere della Physis, che “si accende e si spegne secondo giusta misura” … nonostante si appalesi (a livello sub-atomico), come vorticoso, anonimo e incessante vento corpuscolare (approccio riduzionista).
    In ambito biologico, le proteine consentono il funzionamento delle cellule (le attivano), ma sono le cellule a produrre le proteine. Come si è formata la prima cellula ?
    Questo paradosso non può non inquietarci. Mettiamoci in cammino con la lampada di Diogene in mano …

  8. Prove scientifiche dell’esistenza della Mente.
    Commento di Russo Vincenzo su berlicche il cielo visto dal basso e su lettere al direttore del dottor Marco Biagini ,fisico del cern.
    La risposta definitiva sull’origine della vita mentale nell’ Io , è ora disponibile, mediante l’avvenuta scoperta della teoria unificata dell’Universo fisico e mentale. Tutta la teoria è disponibile per la lettura gratuita in rete ,digitando per la ricerca del sito , semplicemente :” il tachione il dito di Dio”.
    In breve detta teoria unificata dimostra che non esiste un universo fisico senza l’osservatore. Ciò significa che le ragioni delle cose e dei fenomeni visibili, sono ragioni matematiche invisibili . Ragioni che sono tutte incluse nella mente ,come un software in numeri continui ordinati in una lunghezza di Planck a 0 gradi K .
    Gli effetti di queste ragioni invisibili , sono visti nell’hardware cervello con costruzioni in teorema di numeri immaginari cardinali,che sono i nostri sensi ,(ossia teorema quantizzati nell’intermittenza quantistica dello spazio tempo apparente).
    La scienza galileana fino a Newton e Maxwel ha già corretto da secoli gli errori del dualismo platonico ed aristotelico,introducendo un pensiero sineterico coerente ,che da ragione delle cause e degli effetti visibili, secondo una transizione di ragioni orizzontali. Ora la teoria unificata applicando il pensiero sineterico anche alla transizione di fase verticale tra numeri visibili e numeri invisibili, ha riscontrato che l’esistente software mentale è la ragione vera di tutte le rappresentazioni dell’hardware fisico cerebrale.
    Buona lettura su: http://www.webalice.it/iltachione.

  9. « … Orbene io ti dirò, e tu ascolta accuratamente il discorso, quali sono le vie di ricerca che sole sono da pensare: l’una che “è” e che non è possibile che non sia, e questo è il sentiero della Persuasione (infatti segue la Verità), l’altra che “non è” e che è necessario che non sia, e io ti dico che questo è un sentiero del tutto inaccessibile: infatti non potresti avere cognizione di ciò che non è (poiché non è possibile), né potresti esprimerlo … Infatti lo stesso è pensare ed essere. »
    (Parmenide, da Il poema sulla natura, o Della natura)

    LA VIA DELLA VERITA’ E LA VIA DELLE OPINIONI.
    ________________________________________

    Sintesi della teoria unificata dell’universo fisico e mentale : IL TACHIONE IL DITO DI DIO.
    Parmenide ci parlò dell’Essere mentale,(la fisica quantistica) e Pitagora e Zenone ci parlarono dell’essere apparente o cerebrale o sensibile che dir si voglia,(la relatività della velocità dell’informazione).
    Poi Socrate fissò il giudizio scientifico universale,necessario e immutabile ,come giudizio scientifico per ottenere la conoscenza uguale per tutti gli uomini,(IL CONCETTO).
    I sensi sono dunque la conoscenza dell’apparenza materiale finta, che avviene in automatico. Tutti gli uomini infatti vedono ,sentono ,toccano, assaporano, le stesse sensazioni fisiche .
    Purtroppo Socrate stesso limitò poi il CONCETTO a metodo di conoscenza delle sole realtà visibili.
    Fu il suo unico errore, che diede però spazio ai sofisti e ad altri pensatori per introdurre LA VIA DELLE OPINIONI tutte equipotenti. (Un vero assurdo logico).
    Così prevalse il relativismo. Continuamente additato dall’attuale papa come un pensiero errato e letale. La verità invece esiste ed è l’unica e fondamentale origine della vita.
    Io infatti ho applicato il pensiero sineterico ,(che Galileo Galilei già recuperò ai fenomeni visibili), anche alle ragioni invisibili delle cose visibili ed il CONCETTO è risultato ancora più efficace nell’indagare in senso verticale,oltre che in senso orizzontale.
    Conciliando così Pitagora con Parmenide ho conciliato in effetti il visibile con l’invisibile, ovvero la fisica della relatività con la fisica dei quanti.
    Sono emerse allora ragioni matematiche astratte dei quark e dei leptoni puntiformi.
    Ossia nel visibile le cause e gli effetti del divenire, sono la stessa energia di fotoni che cambia solo lo stato apparente, passando in soste termiche e stati attivati successivi attraversando tunnel quantistici.
    Così come ci ha portati a capire la rivoluzione galileana della scienza.
    Ma ancor di più è risultato nell’invisibile ,che cause ed effetti fisici hanno ragioni nell’energia mentale continua ,(in numeri ordinali),che simula quella fotonica nel cervello quantizzato,(in numeri cardinali).
    A contorno dunque di luoghi o punti virtuali dello spazio tempo apparentemente vuoti, risultano valori di numeri quantici astratti che determinano i valori materiali sensibili di massa,carica e spin.
    Il programma di indeterminatezza di Heisenberg e quello di esclusione di Pauli ci danno i valori di programma d’impenetrabilità dei luoghi fermionici e di trasparenza dei luoghi bosonici.
    Saluti da Vincenzo.
    In rete : Vincenzo Russo filosofo neo eleatico pitagorico.

  10. @Vincenzo Russo: mi pare tu (o lei?) abbia già postato questo stesso testo in più d’una occasione, lo abbiamo già letto e abbiamo capito (forse) … la pregherei dunque di scrivere altro (magari attenendosi all’oggetto della discussione), oppure di desistere. Grazie

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