Avevo già scritto a proposito delle cosmologie della guerra dei filosofi presocratici, in particolare in Anassimandro ed Eraclito. Ne avevo parlato qui e qui. Empedocle non fa eccezione.
Il filosofo-mago vissuto in Sicilia nel corso del V secolo a.C., viene di solito inquadrato nei manuali di storia della filosofia come “pluralista” e, secondo diversi interpreti, come colui che avrebbe fornito una sintesi risolutiva del grande conflitto ontologico apertosi tra e con Eraclito e Parmenide (naturalmente non è affatto così, Empedocle non ha risolto un bel niente, e magari non era sua intenzione nemmeno farlo). Il suo sistema a due livelli sembrerebbe in effetti accogliere sia l’esigenza dei fisiologi e di Eraclito di garantire la diveniente molteplicità della physis, della natura e del mondo sensibile, sia quella parmenidea di un livello intangibile e incontrovertibile volto a garantire stabilità al mondo. I quattro elementi da una parte, il contrasto cosmologico di odio/amore dall’altro, sarebbero cioè in grado di spiegare la nascita, la morte e il divenire, non essendo essi a loro volta divenienti, né enti nati o destinati alla morte. Partiamo dalle due forze cosmiche, motori del divenire.
Nel frammento 17 del suo poema Sulla natura, Empedocle ci parla non a caso di una “doppia esposizione” del suo pensiero, che trova la propria base in un duplice movimento del cosmo, uno e molteplice essendone i due poli oscillanti, generativi e dissolutivi. «L’unione infatti di tutti gli elementi genera la nascita e a un tempo la fa perire, e all’inverso l’unione, separandosi gli elementi, dilaniata dilegua». Ciò che opera dietro questo doppio movimento è però la coppia di opposti di amicizia (philòteti) e inimicizia «che nasce dalla contesa» (neìkos), l’una producendo unificazione e armonia, l’altra operando la divisione e dissoluzione della precedente unità in molteplicità, finché questa a sua volta non torna ad unirsi dando così luogo ad un ciclo eterno del divenire. Poco oltre Empedocle caratterizza la contesa come funesta (oulòmenon, il termine che anche Omero utilizza per descrivere l’ira di Achille in apertura dell’Iliade, traducibile anche con “rovinosa”), ma non si deve pensare ad una caratterizzazione di tipo psicologico o ad una attribuzione valutativa. Tant’è che ci viene consigliato di guardare queste cose “con la mente”, senza lasciarsi “sbigottire dagli occhi”, dunque amicizia e contesa vanno intesi come processi necessari che stanno alla base del funzionamento del cosmo e della vita, ed è solo il pensiero filosofico che in tal modo li può realmente considerare, superando e lasciandosi alle spalle l’inganno dell’apparenza. Insieme agli elementi (aria, fuoco, terra, acqua), ciascuno di essi ha una sua propria funzione, che è garanzia della costituzione e del movimento della physis: «a vicenda governano il giro del tempo», sostiene Empedocle. E conclude questa parte di ragionamento affermando come nessuna cosa possa in ultima analisi generarsi e distruggersi, sottintendendo l’argomentazione logica del nihil ex nihilo, per concludere con l’eternità del mondo. Un’eternità però non ingessata, e la cui motilità e processualità è garantita dal movimento alterno dei due poli della concordia e della discordia.
Nel frammento 35 si precisa poi come avvenga questa dialettica tra amicizia e inimicizia: «quando l’odio ha raggiunto l’infimo abisso del vortice, in mezzo al turbine si generi l’amicizia». Questa produce una pacifica saldatura degli elementi, una trama armonica dell’essere, che dà luogo ad una prolifica generazione di stirpi, e dunque ad una sorta di primaverile rinascita del cosmo dopo il regno dell’odio. La discordia, tuttavia, non viene mai completamente emarginata (sarebbe questa una concezione adialettica): «molte cose permangono però separate, in alternanza fra gli elementi mischiati, quante l’odio ancora ne trascina per aria; valorosamente, infatti, non si è ritirato del tutto ai margini del cerchio». E comunque in questa fase il «benefico impeto della coraggiosa amicizia» riesce ad avere il controllo.
Entro questa dialettica acquista una certa importanza il concetto di mortalità: Empedocle sembra insistervi proprio mentre descrive la dinamica che dà luogo alla generazione per successive benefiche mescolanze: «gli uni agli altri pacificamente saldandosi da tutte le parti; quando poi sono mescolati, innumerevoli spargono stirpi mortali». Le forme delle cose cui la dialettica amicizia/contesa dà luogo, prendono coscienza della propria mortalità («e subito appresero d’essere mortali le cose che si generavano»), pur essendo prodotte da meccanismi prima immortali. Il regno dell’odio, che non viene mai completamente emarginato, sembra avere una parte essenziale in tutto ciò, se è vero che durante il suo dominio «ogni cosa ha forma distinta e sta separata». Anche qui la concezione identitaria già tipica di Anassimandro sembra ben delineata: la mescolanza di elementi primigeni e indeterminati permette alle forme e alle cose di avere tratti ben distinti che, nel loro contrapporsi ad altre cose e forme, le fa consistere.
Venendo poi alla “materia” su cui questo meccanismo eterno si esercita – i famosi quattro elementi, a loro volta eterni e immutabili – ci sono due osservazioni che vorrei fare in proposito.
La prima abbastanza ovvia e “manualistica”: Empedocle opera anche in questo caso una sintesi del pensiero precedente, che già aveva utilizzato gli elementi in ordine sparso o (come nel caso di Anassimene) in termini processuali e di perenne trasformazione. La physis, cioè, deve essere materialmente determinata da un sostrato originario e immutabile che garantisca la variabilità e osservabilità degli enti. Si tratta di un concorso di “radici materiali” o di forze (il termine utilizzato è rhizòmata), tutte indispensabili a garantire i processi naturali.
Ma – venendo alla seconda riflessione -, se ci si pensa bene, i quattro elementi sistematizzati 2500 anni fa da Empedocle, sono esattamente i quattro fronti ecologici attualmente aperti e cruciali per la futura storia (e sopravvivenza) delle specie su questo pianeta. La qualità dell’aria che respiriamo e le trasformazioni climatiche in corso; la battaglia planetaria per la produzione, il controllo e l’accesso all’acqua potabile; il suolo tragicamente devastato in molte aree, sia metropolitane sia rurali; il fuoco – traslabile con una libera interpretazione nell’elemento dell’energia, con tutto quello che comporta in termini di reperimento, sfruttamento e conseguenze sull’ecosistema.
Le concezioni cosmologiche presocratiche sono sì tutte conflittuali e polemologiche (il mondo per funzionare non può non contenere il conflitto, il contrasto, la rotazione – nascita/morte – degli enti), ma necessitano comunque di un’armonia, di una compresenza continua di tutti gli elementi. Se solo uno venisse meno, o fosse irreversibilmente alterato, l’armonia della physis (la “stupenda armonia da contrasti” di Eraclito) ne sarebbe irrimediabilmente compromessa. Se ne potrebbe concludere che persino le ontologie o le cosmologie così neutre e distaccate dei presocratici possono risultare eticamente rilevanti. Gira e rigira, etica e ontologia si implicano, quando non si presuppongono, a vicenda.
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(Naturalmente Empedocle non era né un guerrafondaio né tantomeno un ecologista – ma preferisco la forzatura anacronistica dell’interpretazione – purché razionalmente orientata – alla visione museale e mummificata dei filosofi, che comunque, in ogni caso, vanno ri-letti e interpretati. Altrimenti tanto varrebbe lasciarli riposare in pace. E augurar loro l’eterno riposo. Amen!)
le due leggi fondamentali del caos, non può non cambiare e non può tornare indietro, i presocratici forse le avevano intuite. Resta l’enigma di chi guarda il caos
Leggendo questo articolo mi è venuto in mente un libro che avevo letto qualche anno fa “CHAKRAS ruote di vita” di Anodea Judith. ” Dalle grandi galassie a spirale ai milioni di atomi che ruotano in un granello di sabbia, l’universo è composto da vorticanti ruote di energia. I chakra sono legati alla scienza e alla pratica dello yoga. L’origine delo yoga e la prima citazione dei chakra risalgono ai VEDA
VEDA, inni che costituiscono la più antica tradizione scritta dell’India. Gli insegnamenti tantrici sono un intreccio sincretico di molte tradizioni spirituali dell’India, che raggiunsero la popolarità durante il sesto e settimo secolo d.C., come reazione alla filosofia dualistica dei secoli precendenti, che affermava che la natura e lo spirito sono separati e consigliava pratiche ascetiche e la rinuncia alla propria natura istintiva come via per raggiungere l’illuminazione. La tradizione tantrica consigliava di VIVERE NEL MONDO anzichè restarne distaccati. La parola TANTRA significa ‘telaio’. Il sistema dei chakra che nasce dalla tradizione tantrica intreccia le polarità dello spirito e della materia, della MENTE e del CORPO, del MASCHILE e del FEMMINILE in un’unica filosofia. In un mondo frammentato in cui la mente è distaccata dal corpo, la cultura dal pianeta e il materiale dallo spirituale c’è un bisogno profondo di TORNARE COMPLETI. Esistono sette chakra fondamentali che si trovano all’interno del corpo sottile e si intrecciano con il corpo fisico. Il corpo sottile è il nostro corpo psichico non materiale che si sovrappone al nostro corpo terreno. Lo si può misurare sotto forma di campi di forza elettromagnetica dentro e attorno a tutti gli esseri viventi. La fotografia Kirlian è riuscita a fotografare le emanazioni del corpo sottile sia nelle piante che negli animali. Grazie alla fisiologia moderna possiamo vedere che questi sette chakra si trovano accanto ai sette principali GANGLI NERVOSI che fuoriescono dalla spina dorsale. Molte delle interpretazioni sui chakra consigliano di trascendere i chakra inferiori a favore di quelli superiori. Questo modo di vedere nacque in un periodo della storia in cui tutte le principali religioni patriarcali propugnavano la maggior importanza della MENTE rispetto alla MATERIA, negando l’esistenza dell’elemento spirituale all’interno del regno terreno. Un’attenta lettura dei testi tantrici considera i primi racchiusi nei secondi, per cui ogni livello superiore è una TRASCENDENZA che COMPRENDE e SI BASA sul livello sottostante.
” Il viaggio su per la spina dorsale inizia dalla base. Il PRIMO CHAKRA è connesso all’elemento TERRA, al corpo, alla salute, alla sopravvivenza, all’esistenza materiale. Il nome sanscrito significa ‘radice’. Il nervo sciatico funziona come una radice per il sistema nervoso. Nel corpo è localizzato nel perineo, corrisponde al coccige, al ganglio spinale coccigeo e alle ultime vertebre lombari. E’ collegato alle ossa, all’intestino crasso e al corpo nel suo insieme. C’è una teoria diffusa tra le varie filosofie spirituali secondo cui noi saremmo intrappolati nei nostri corpi fisici in attesa di essere liberati da questo vincolo. Tale teoria sostiene la denigrazione del corpo e opera una spaccatura tra mente e corpo. Senza le basi, però, perdiamo il centro di gravità, l’equilibrio, non siamo presenti ‘qui e ora’. Quando ritroviamo le basi siamo UMILI e vicini alla Terra. Se poggiamo i piedi saldamente a terra, non possiamo cadere e ciò ci dà un senso di SICUREZZA INNATA. Nel mondo di oggi il linguaggio e i valori culturali riflettono la superiorità dell’elevato a spese del basso (essere ‘altamente’ considerati, ritenere una cosa ‘al di sopra’ di un’altra). Monetariamente e socialmente, le capacità verbali e intellettuali sono meglio pagate di quelle fisiche. Il controllo della salute è posto nelle mani di una ristretta classe di persone, negandoci il senso dell’innato potere di guarigione. Le strutture di potere si susseguono gerarchicamente dall’alto verso il basso, controllando e spesso calpestando che sta sotto. Quando abbiamo un senso dell’ESSERE che SCATURISCE dal CORPO, non avvertiamo così forte la necessità di affermare noi stessi accrescendo il nostro ego. Le basi sono la casa, la familiarità, la sicurezza. L’ENERGIA MENTALE dei chakra superiori è virtualmente PRIVA DI LIMITI; scendendo verso i chakra inferiori aumentano i limiti. Il linguaggio ad esempio limita e perciò specifica la nostra immaginazione. La nostra COSCIENZA sta nel CORPO, esiste soltanto in un tempo e in uno spazio, qui e ora. I nostri pensieri si estendono al di fuori dello spazio e del tempo. Possiamo fantasticare di essere in montagna al sole, ma il corpo è qui, davanti alla scrivania con la neve al di là della finestra e i conti del riscaldamento da pagare. Il LIVELLO DI COSCIENZA del primo chakra è accentrato sulla SOPRAVVIVENZA (fame, paura, bisogno di riposo, di calore, di rifugio). Il meccanismo di sopravvivenza stimola il nostro primo risveglio di coscienza: le minacce alla sopravvivenza stimolano le ghiandole surrenali per ottenere uno scoppio di energia extra. Nelle radici del nostro inconscio collettivo risiedono i ricordi di un tempo in cui vi era una connessione diretta con la Terra, il cielo, le stagioni, gli animali. Anche noi venivamo cacciati. Facevamo parte delle cose con cui vivevamo. La sopravvivenza era un’occupazione a tempo pieno. Ora dobbiamo preoccuparci del guasto all’auto, del denaro per pagare le bollette, di non perdere il lavoro. Chi constantemente è afflitto da problemi di salute o lotta per un pasto è preso a livello del primo chakra. Vive una continua sensazione di insicurezza e di panico. Abbiamo il diritto di ESSERE QUI, di occupare di uno spazio, di prenderci cura di noi stessi, di essere in connessione con il corpo, di ascoltarlo e soddisfare le sue necessità. Anche la TERRA si trova in uno stato di SOPRAVVIVENZA (panico dell’olocausto nucleare, squilibrio dell’ecosistema, scarsità di aria e acqua pulita)… serve a svegliarci, ad acuire la nostra CONSAPEVOLEZZA, ad esaminare le NOSTRE BASI: il terreno, il corpo e la Terra. Per comprendere il corpo dobbiamo ESSERE NEL CORPO, sentire i suoi dolori e i suoi piaceri, le paure e le gioie… Prendersi cura di noi stessi: riposo, pasti consumati lentamente, esercizi fisici, massaggi, per GUARIRE la frattura mente/corpo che nasce dalla sopravvalutazione della mente a scapito della materia. Attraverso il corpo possiamo rivolgere il nostro pensiero verso un’ESPERIENZA DELLA MENTE DENTRO LA MATERIA “.