Un fiume in piena di sensazioni e di progettualità – questa è la forza della musica e dell’arte, che dalla vita partono e che alla vita ritornano, potenziandola; dandole più gusto e più sapore; più bellezza. La vita è bella? Sì, ma lo sarebbe meno senza l’arte.
A tal proposito, l’ascolto (dal vivo, tempo fa) di alcuni brani tratti da Il naso di Shostakovich, mi ha sollecitato un’intera gamma di possibili applicazioni estetico-pedagogiche. Che vorrei condividere con gli amici insegnanti (ma non solo) in ascolto. Nessun programma o consiglio didattico – per carità! Solo qualche anarchica suggestione creativa.
Ecco di che si tratta, brevemente.
Già il racconto di Gogol si presta ad una molteplicità interpretativa straordinaria. Può anche piacere ai bambini, dato che si viene a creare una situazione buffa. Agli adolescenti per l’elemento onirico e assurdo. Agli adulti per le implicazioni psicoanalitiche, sessuali e quant’altro. Insomma, una lettura quantomai multistratica. Ma l’interpretazione musicale che ne dà Shostakovich apre ulteriori prospettive: l’interludio per soli strumenti a percussione (nove in totale), ad esempio, è una sarabanda ritmica di grande effetto (pare sia la resa sonora della notte burrascosa del maggiore Kovalëv, prima di risvegliarsi senza naso). Per non parlare del Galop, con quell’accelerazione parossistica evocativa del cinema muto: movimenti del corpo, ritmi sincopati, tamburi battenti, corse a rotta di collo ed inseguimenti – come nelle comiche in bianco e nero di un tempo!
Purtroppo è passato qualche mese dalla mia imaginatio sonora – ma ricordo bene che in quella decina di minuti della Suite (un assaggio dell’opera), oltre a divertirmi fino a saltellare sulla poltrona, mi sono proiettato un intero film mentale. E ho ben visto che cosa si potrebbe combinare in una scuola, ben al di là dell’inconcludente noia didattica, dei Pof e dei Patapuf ministeriali. Insomma, da un piccolo racconto può nascere un laboratorio estetico-pedagogico della durata di un anno almeno: lavorando sul testo, sulle situazioni grottesche, sul corpo, sulla musica e sul ritmo, sui sogni, a livello di rappresentazione cinematografica o teatrale… Arte, vita, movimento, forme, ritmo…
Ora, io faccio un appello al corpo docente: guardatevi il naso allo specchio, e non abbiate paura di trovarlo brutto o storto come succede al Vitangelo Moscarda pirandelliano. State pur sicuri che da una forma o da una linea strana, finirà per nascere un mondo di suggestioni e di inaspettate implicazioni antropologiche. Con le quali, volendo, si potrà anche menare per il naso il mondo intero.
E il medesimo naso, insieme al mondo che si trova innanzi, lo si potrà volgere all’insù, arricciare, storcere, mettere fuori casa; ci si potrà sbattere, guardare al di là, lasciarlo con un palmo, bagnarlo e fargliela sotto; e poi e poi… allenarsi ad annusare le ingiustizie prima ancora che compaiano; e cogliere con nasche ben divaricate i più sopraffini profumi della terra.
Insomma: ficcare il naso in ogni dove. Ma anche – perché no? – ficcarsi le dita nel naso. Due modi diversi – e molto puerili – di disobbedire. Del resto, come scrive Ramòn Gòmez de la Serna in una sua greguerìa, “i bambini cercano di tirarsi fuori le idee dal naso”. E la rivoluzione può sempre cominciare con un convulso ed allucinato Galop!
sono pienamente d’accordo Mario, la musica e l’arte danno un sapore prezioso alla vita, però indipendentemente dal fiuto.
se poi questo è sviluppato, l’ascolto si farà percezione scatenando ingranaggi sconosciuti, portando alla creazione di nuove prospettive….dove anche l’immaginario diventa possibile.
la sfida dell’uomo che vuole stupire…
ti mando un caro saluto, vado in vacanza 🙂
un saluto a te Carla, e buone vacanze!
concordo in pieno! yeah
che bel post….
concordo.
e poi, la musica è alla base di tutti gli aspetti dell’uomo, questione di armonia…interna, esterna…ma è un discorso molto lungo.
non per presunzione dico ciò, ma per lo studio accurato e per il significato che gli attribuisco.
Bene