Fortunatamente non rientro nella categoria analizzata da Edoardo Camurri – e cioè I filosofi che si autopubblicano – in un articolo comparso qualche settimana fa su La lettura, inserto domenicale del Corriere della sera, prima di tutto perché faccio fatica ad autodefinirmi “filosofo”, e poi perché vi si parla di self-publishing on-line, ovvero di e-book, e dunque di libri in formato digitale. Insomma, per ora l’ho scampata bella. Certo che se un giorno sul mio blog dovessi scrivere frasi come la seguente: “Essere sublime che ci incontra e si eventui, si getta nell’Essere così come nell’Esserci, per abitarvi con la transplendenza del sublime o dell’Essere sublatione sublime, o per abitare poeticamente le insenature sublimi di Kalipso“; o se dovessi solo accennare a cose come la “macrofilia”, le capre parmenidee e i culi planetari – vi prego fin d’ora di smettere di leggermi, di avvertirmi, di lanciarmi almeno un pietoso segnale.
Camurri conclude con elegante ironia, ricordandoci come l’incomprensibilità di un testo filosofico – pubblicato anche seguendo i canoni tradizionali – non sia mai stato un problema per il suo eventuale successo, visto che Heidegger diventò celebre scrivendo cose come “il mondo mondeggia”. Ciò non toglie – aggiungo io – che tali sublimi forme di scrittura o linguaggi starebbero più a loro agio nel limbo della gettità…
ahhha la gettità!
ma adesso devi dirci chi è il sublime autore di quella prosa!
intanto che qualcuno chiama il 113.
eppure queste cose rendono…
@bortocal: trattasi del signor Giacinto Plescia, che avrebbe pubblicato un’Ontologia del sublime in 17.000 pagine (cioè, mi pare, oltre 5 volte la Recherche!) – almeno secondo quanto scrive l’autore del Corriere sull’articolo che ho citato.
Quello che, casomai, ci sarebbe, credo, da dire, è che non fa più differenza (se mai c’è stata)fra pubblicarsi e essere pubblicato. Mi viene in mente il racconto “Il tolemaico” di Benn, dove, dice, a un certo punto, più o meno:
“giro un disco e sono girato, sono un tolemaico”
La rivoluzione copernicana editoriale(sic!)?
17.000 pagine tutte così…
ma questo è peggio di Severino… (!)
Già il numero 17.000 suonerebbe sinistro anche se si trattasse di cannoli alla crema, laddove la quantità soverchia di gran lunga ogni proposta qualitativa. Quanto al contenuto, in base alla esemplificazione fornitaci da m.d., rispolvererei per l’occasione un vecchio detto sulla pena di morte: “sono contrario, ma quando ci vuole ci vuole”, tanto per pareggiare i conti.
nel limbo della “gettità”…
minchia, un genio sei!
ahah Enrico, esagerato!
…grazie per il 5proust…cmq… il titolo non è quello…esiste uno scritto con quel titolo ma è senza editore e di sole 400pagg…l’altro è un e-book di quasi 18mila pagg. ma con un costo di zero dollari…anzi solo pochi cents…invece ci sono lì libri da cento dollari con cento pagg.cartacee a loro la scelta…il record cmq è di 58mila…ma solo perchè le citazioni sono più documentate…di altri…ah esistono solo tre paradigmi stilistici platone-kant-hegel…ora ne appare un altro…ai post-ery…
Reblogged this on transontology-transontologia-transontosofia and commented:
http://www.lulu.com/giacint8
allora: un e-book di 18.000 pagine a pochi cents (!) e un record completo di citazioni di 58.000 pagine (!!!)
Ora: se già per leggere tutte queste pagine (per fortuna solo virtuali) ci vuole tempo (e non entro nel merito del qualitativo, sto sul mero quantitativo), mi chiedo quanto sia occorso all’autore a scriverle.
(Io poi che per stilare un post decente di una paginetta ci metto minimo mezza giornata…)
perché non citare Giacinto Plescia che è l’autore dei vari passi riportati nel testo e nel titolo del suo commento?
Perché ho citato chi lo ha citato, molto semplice