Il filosofo della scienza Telmo Pievani ce lo riassume così, in modo molto efficace: «Già ora abitiamo su un magnifico sasso vagante alla periferia della Via Lattea, schiacciati fra il gelido vuoto dello spazio esterno sopra di noi e colossali mantelli di magma incandescente sotto di noi, lì a metà, in bilico sopra zattere continentali in movimento e sotto una sottile striscia di atmosfera. In questa pellicola di gas instabili il 99% delle specie esistite nella storia naturale si sono già estinte e fanno parte dei cataloghi museali di un passato che non tornerà mai più».
È una radicale affermazione di contingenza. Scientificamente (e forse psichicamente) è un concetto molto sensato. Ontologicamente lo è un po’ meno – ma si può dissentire dall’ontologia e ritenerla una millenaria frottola o una gran perdita di tempo. Se però si tiene fermo il punto di vista ontologico, che è peraltro molto prossimo all’autoaffermazione non smentibile in nessun caso, occorre dire che: la contingenza si volge facilmente in necessità, poiché è in ogni caso, e quel che è ha una sua incontrovertibilità ed innegabilità, fosse anche errore, sogno o follia.
Di fatti l’ontoteologo Emanuele Severino, verso la fine del libro-intervista Educare al pensiero, sostiene che «sia la concezione contingentista (quella che afferma la contingenza degli eventi e la libertà delle azioni umane) sia la concezione fatalistica, sia l’eterno ritorno, hanno in comune la stessa anima, cioè la convinzione che gli enti escano dal nulla e vi ritornino […] Nel destino appare e la necessità che ogni essente sia (cioè sia eterno) e la necessità che sopraggiunga così come sopraggiunge – la necessità della destinazione».
E allora: se Pievani afferma che tutto è contingente, gli si può sempre obiettare che questa contingenza è contenuta in una stringente dimensione ontologica, che è però a sua volta oscillante (tra fato e libertà, che condividono la loro fede nel divenire) e che nella mente di Severino non oscilla più, dato che è a sua volta contenuta – essa concezione con la mente di Severino che la contiene – nel cerchio del destino della necessità, che sa e mostra di essere tale ben al di là della contingenza e del fato, del teismo e dell’ateismo, della negazione e dell’autonegazione della negantesi negazione – e di ogni piccolo io empirico che si arrabatta (o che non ci si raccapezza, secondo la celebre formula di Wittgenstein).
Ma tutto questo – l’affermare e il negare, le oscillanti pseudoopposizioni con i loro necessitanti superamenti e sopraggiungenti destinazioni – sta ora nella mia testa, che però è a sua volta contenuta in un essere fermissimo che però senza la mia testa scivolerebbe facilmente nell’insensatezza – e però quell’insensatezza che avvolge ogni cosa è, ed è dunque, daccapo, errore che erra e che nel suo errare è necessario… continuate pure voi, se vi garba…
@MD
Non capisco se hai colto quello che delle tue parole ho colto io , poichè le nostre parole dicono sempre molto di più di quello che il nostro pensiero vuole trasmettere, si portano dietro un carico , o fardello , assai pesante , la storia; direi che le parole servono come relazione fra i pensieri diversi ( in questo caso il mio e il “tuo”) e quindi sono quel qualcosa che trascende e non è di ogni individuo ma bensì di tutti … dalle tue parole è evidente, a me, che “l’essere è” … ma se vuoi possiamo ragionare anche sull’essere che è perchè non può non essere , ma allora già ci allontaniamo dal sentiero della verità… e cioè che l’essere non è il non essere, tanto, pur arrovellandoci e intestardendoci a considerarci periferici e lontanissimi da qualsiasi centro , beh, il centro è li che non si muove.
sempre per @MD
l’oscillare che Platone inaugura con epanfoteritein non è altro che la ragione che nuovamente porta al mondo della doxa , dell’opinione , quel primo verso, quella intuizione (Verstand) di Parmenide che ho scritto e cioè, appunto, che “l’essere è”.
Parmenide:FrammentoVIII, 50-61
“Qui pongo termine al discorso che si accompagna a certezza e al pensiero intorno alla Verità; da questo punto le opinioni mortali devi apprendere, ascoltando l’ordine seducente delle mie parole. Infatti, essi stabilirono di dar nome a due forme l’unità delle quali per loro non è necessaria: in questo essi si sono ingannati. Le giudicarono opposte nelle loro strutture, e stabilirono i segni che le distinguono, separatamente gli uni dagli altri: da un lato posero l’etereo fuoco della fiamma, che è benigno, molto leggero, a sè medesimo da ogni parte identico, e rispetto all’altro, invece non identico; dall’altro lato, posero anche l’altro per se stesso, come opposto, notte oscura, di struttura densa e pesante. Questo ordinamento del mondo, veritiero in tutto, compiutamente ti espongo, così che nessuna convinzione dei mortali possa fuorviarti”
poi una piccola provocazione…
Quel si sono già estinte a cosa allude ? alla loro entrata nel nulla , che non esiste ? Allora consiglio vivamente al filosofo della scienza un buon film … Jiurassic Park, e quegli esseri saranno più vivi di quanto ancora possiamo solo immaginare , se per vivo questo filosofo intende in carne ed ossa.
Ed , di provocazione in provocazione…
Se in un futuro, neanche troppo lontano, potremmo “resuscitare” (parola che non conviene a Severino) le specie, perché non lo potremmo fare anche con un individuo? ( concetto che conviene a Severino).
@Alessandro: non vedo come; “resuscitare” è termine mitico, né scientifico e nemmeno filosofico. Può al più soddisfare un bisogno (psicologico e narcisistico) dell’io.
appunto, convengo.
@filosofiazzero
mai nickname fu meno azzeccato, frammento sublime…
…ci sarebbe stati “altri” pensieri se l’occidente avesse preso la strada dell’essere? o solo lo stesso pensiero unico del pensiero che pensa che c’è l’essere e non il non-essere eccetra? non sarebbe stato questo pensiero di Parmenide nel quale ipoteticamente si potrebbe essere rimasti piantati una specie di condizione sacerdotale misterica di adorazione fermi sul posto?
o invece si potrebbe anche essere vissuti (per dire) come siamo vissuti fino a ora, con la storia, il lavoro e quant’altro, ma con la consapevolezza sacerdotale che tutto questo era “come” se fosse, ma non era l’essere vero? come in fondo i cristiani che credono che la via non sia quella che percorromo, ma quell’altra, della vita eterna?
Io , filosofiazero, sono persuaso che se filosofia crea, e siccome filosofia crea, perché é l’unica disciplina che si nutre dell’ente in quanto ente, ad un porsi di Parmenide diverso, poiché é lui che ha posto e apparecchiato la tavola imbandita su cui tutti noi ora mangiamo e non al contrario e contraddittorio noi che lo abbiamo cosí inteso, ora , in occidente e in tutto il mondo , i pensieri sarebbero diversi ma se la storia non si fa con i se é proprio perché filosofia é necessità.
…ovviamente!!!
A Stepàn Trofimovic Verchovenskij, uno dei personaggi del romanzo “I demoni” di Dosyoevskij, a lui mi fa pensare Severino.
Forse perché Severino pensa molto Dostoevskij?
Io continuo a fare i miei complimenti.
E’ un piacere.
grazie F.! (se ho inteso bene a chi sono indirizzati i tuoi complimenti…)
…ancora Parmenide:
“Bisogna che tu tutto apprenda: e il solido cuore della Verità ben rotonda e le opinioni dei mortali, nelle quli non c’è una vera certezza. Eppure anche questo imparerari : come le cose appaiono bisognava che veramente fossero, essendo tutte in ogni senso.”
…e anche:
“E’ necessario il dire che l’essere sia: infatti l’essere è,
il nulla non è: queste cose ti esorto a considerare.
E dunque da questa prima via di ricerca ti tengo lontano, ma, poi, anche da quella su cui i mortali che nulla sanno vanno errando, uomini a due teste: infatti è l’incertezza che nei loro petti guida una dissennata mente.”
si filosofiazzero, si…
questi pensieri , queste parole , sono l’origine di quanto andiamo discutendo ora , anche fra gli amici qui, e qualcuno vorrebbe dire che è una possibilità questa, poteva anche non succedere ? no, questa è necessità e noi stiamo accapigliandoci su contingenza o necessità come Parmenide ci indicava..
@Alessandro: la ragione, quella stessa fermissima ragione parmenidea, con buona pace di tutti i suoi latori (visto che non è roba loro), mi porta a dire – o, se preferisci, a supporre – che sì, poteva benissimo non succedere…
@Socrate traduttor del traduttor di MD
È perché anche per te l’essere non è il non essere, come se esistesse un non essere.
Della “frattura” esistente all’interno del poema di Parmenide tra una prima parte e una seconda (frammento 8) è una questione lungamente dibattuta e irrisolta (irrisolvibile?)
Parmenide 1 è il Parmenide “severiniano” Parmenide 2 quelllo dove trova luogo una cosmogonia tradizionale e la possibilità del movimento. Questo per quanto riguarda Parmenide.
Severino è Severino è non può in nessun caso autoproclamarsi il depositario unico e autorizzato del Parmenide “autentico”.
Quindi suggerirei da ora in poi, di parlare (avendone voglia) solo di Severino lasciando da parte Parmenide con tutti problemi interpretativi relativi.
La mia impressione è che Severino si faccia scudo del SUO Parmenide cercando in esso autorità e forza per il SUO (di Severino)pensiero fantasmagorico.
….Tutto bellissimo e, contemporaneamente, noiosissimo. Le acrobazie filosofiche fanno impallidire, e di molto, quelle circensi. Ma se al circo un sadico inconscio trattiene il fiato nell’attesa della fatidica e disastrosa caduta, ai filosofi va un po’ meglio: possono sempre riprovarci. Per fortuna o, anche, purtroppo…
…hai proprio ragione!!!
@savier
Sbagliato, una filosofia e il suo filosofo sono come l’acrobata , la differenza è che filosofia non cade, almeno fino ad oggi.
@ Alessandro
….Purtroppo, aggiungo io. E sopprattutto per chi ne fa una professione, assai più redditizia e meno rischiosa di quella di un acrobata, i cui minimi errori si pagano a caro prezzo.
@xavier
Non confondere chi fa opinione da chi fa filosofia , sarebbe come dire che l’ubriaco della bettola , lá in fondo al vicolo, è quello che fa il vino… Severino è uno dei più grandi vignaioli e produttor di vino mai esistiti , te lo dice un ubriacone.
Gli ubriaconi in genere di vino non capiscono nulla, gli basta buttarne giù in quantità, e col tempo non distinguono altro che l’alcool. Diffido, sempre e comunque, di chi fa unicamente il “pensatore di professione”, si chiami Tizio, Caio o Sempronio, così come di chi fa il critico, il saggista etc.etc., in una parola l’intellettuale a tempo pieno, e campa di quello quasi sempre benissimo, o almeno senza faticare troppo. E poichè é mia opinione che gli uomini sono certamente ciò che pensano, ma sopprattutto,vien da sé, sono ciò che fanno o che non fanno, ecco la ragione della mia diffidenza e della mia distanza con gli “acrobati della ragione”, quelli cioé sempre pronti a spiegare a tutti come va il mondo,e a interpretarne le ragioni del suo percorso, salvo poi guardarsene bene dal volerlo cambiare: e perchè mai, visto che loro dentro ci stanno benissimo.
Ora mi pare che Alessandro si sia dato la risposta da solo. Infatti è evidente che il suo approccio verso Severino (e il suo vino) sia un problema di misura: vale a dire che non gli nocerebbe restare un po’ più sobrio. È una questione di atteggiamento, insomma, che essere sottoposti in modo esclusivo ad un tal monopolio, come Alessandro sembra dar mostra, non mi sembra un atteggiamento molto filosofico, e nemmeno che convenga a nessun aspirante filosofo.
Comunque, resta da dire che anche i filosofi non possono non sottostare alla legge di gravità.
Mi pare fosse stato Kant a descrivere il pensato di un filosofo come una mongolfiera, ossia un pallone ben gonfio d’aria. E forse può essere divertente, per un filosofo o un aspirante filosofo, starsene sospeso in quel modo per aria. Ma, ma … a un certo punto bisogna tornare sulla terra, coi piedi per terra. Perché anche un sistema filosofico, per quanto “sublime” possa apparire, deve essere messo alla prova dei fatti e nella realtà delle cose, verificando anche l’utilità del sistema; vale a dire: cosa provoca, quali sono le conseguenze – in questo caso del “pensiero severiniano”.
È facile per gli sciocchi restare lì con la bocca spalancata, e dire “oh .. che bello”… ma purtroppo non è tutto oro quello che luccica …
C’è però una cosa di cui sono d’accordo con Severino: i mortali sono dei credenti, ma forse persino dei creduloni. E qualsiasi cosa va bene, in certi casi, qualsiasi cosa a cui attaccarsi … (anche la bottiglia)
P.s. tanto per restare in metafora: vignaioli affermati e dal nome altisonante spesso sono soltanto dei non sempre abili enotecnici di cantina, manipolatori disonesti che conoscono bene l’arte di raggirare i loro polli, specie se consumatori…di quantità.
Tutte considerazioni pertinenti.
Sono Xavier, e ho appena mandato il P..S. di cui sopra. Siccome so poco di questi aggeggi, qualcuno sa dirmi com’é che invece del mio nome è comparso questo “altro che l’alcool. dice” che non mi sono mai sognato di usare come pseudonimo?
Misteri…forse risolti.
@ Xavier:
ahahah … misteri della tecnica 😉
– ma io avevo capito lo stesso che eri tu: stile inconfondibile …
🙂
ah, ma qui si parla di spirito e affini e non mi si invita???
@xavier: però era un proprio bel nickname! (terribile questo termine, lo so, ma è quel che s’usa in rete…)
Grazie per la vostra comprensione! Non so cosa diavolo sia successo, ma senza volerlo ho sostituito involontariamente il cosiddetto nickname originale (grazie, m.d., adesso potrò pavoneggiarmi usando questo termine tecnico a destra e a manca) con quel “altro che l’alcol”, frammento di un pezzo di discorso che non so neppure da dove sia saltato fuori Forse neanch’io ero sobrio del tutto quando mi sono messo al computer.