Ho letto d’un fiato – forse troppo – il libro-intervista di Emanuele Severino Educare al pensiero. Un po’ come tapparsi il naso, trattenere il respiro ed immergersi senza più risalire per alcuni minuti, con il rischio di soffocare. L’intervistatrice – Sara Bignotti – cerca di fargli dire lungo tutto il colloquio, che il pensiero – in particolare il pensiero del grande maestro – è una forma alta ed eccelsa di educazione, salvo il fatto che “educare” nell’analisi severiniana è uno dei tanti errori generati dalla follia di avere pensato il divenire come un divenir-altro, e dunque di avere distrutto – o essersi illusi di farlo – l’eternità degli enti. L’educazione è una componente essenziale del sottosuolo del pensiero occidentale, ma proprio per questo si rivela come impossibilità e follia: «Educare vuol dire “trar fuori” (educere) […] Educare significa angosciare. Quale angoscia è maggiore di quella che consiste nel prender coscienza di essere di per se stessi nulla? un nulla che diventa essere ed è destinato a ridiventare nulla?» (pp. 83-4).
Dunque, tutti i nostri sforzi nel campo dell’educazione e della formazione, il portar l’uomo alla coscienza e a maturazione, la rivoluzione culturale e delle menti, l’uscita dalla minorità, la responsabilizzazione, il passaggio dall’animalità all’humanitas, insomma l’intero armamentario umanistico con tutte le sue metafore e mitologie sembra alla fine essere uno sforzo vano di fronte al destino della necessità. Anche perché pare proprio che tutti quegli sforzi, essendo volitivi e progressivi (seppur illusori) non fanno altro che “educare alla tecnica“, e dunque alla follia per antonomasia della nostra epoca, vertice dell’errore e dell’errare dell’Occidente.
Ed ecco perché non può non operarsi una rottura radicale tra questo corso (e la sua impossibilità) e la metànoia severiniana: «il luogo più alto è lo stare già da sempre al di là del problema, nel destino. E qui, la parola “educare” suona impropria…» – che par quasi dire, banalizzando, chi c’è c’è e chi non c’è..., proprio perché «alla verità non si arriva: essa è il luogo eterno che guida la progressione» (pp. 140 e 145).
Tuttavia, quel che più imbarazza in tutto il testo – al di là del ribadire ciò che è l’essenza ormai nota del pensiero di Severino (che però non è suo, dato che il latore empirico di esso è abitato dal lògos e dalla Verità), è la china ormai irreversibile, la piegatura, la cifra – oserei dire l’aura teologica e sacrale che ne promana. Quel che un tempo era il discorso di un grande pensatore rischia ormai di diventare un disco rotto che delira a proposito di terre salvifiche e di destino dei popoli, di cerchi e di “figure supreme”. Nulla di nuovo sotto i cieli filosofici: dopo l’heideggerismo – che tanti proseliti ha fatto, anche qui in Italia – c’è ora il severinismo. Speriamo solo faccia meno danni dell’altro, anche perché in genere i deliri dei discepoli, oltre che petulanti e ultraideologici, sono del tutto privi dello stile e dello spessore del maestro. Del resto la parola ortodossia ce lo spiega bene, laddove si riferisce all’adozione acritica – in modo diritto, squadrato e pedissequo – di una teoria, che però non è più conoscenza o pensiero fatti propri, ma sterile, trita e ritrita doxa.
(D’altro canto occorre forse chiedersi se qualcosa come il severinismo esista davvero…)
Un po’ come l’inizio implica già la fine, come la giusta domanda porta già in sé la risposta, non si ha l’impressine che Severino non abbia azzeccato la domanda iniziale? e a seguire, un pasticciaccio per giustificare un inizio che non c’è – o chi c’è c’è e chi c’è non c’è?
Esserci o non esserci all’inizio come alla fin fine vale allo steso modo, indifferentemente niente e tutto privo di senso umano.
Ma, attenzione, non dimentichiamo che c’è qualcosa che accomuna Parmenide alla dimensione mistica delle filosofie apofantiche orientali come il buddhismo, il taoismo e l’induismo.
Però, se anche questa fosse la “via” – e molte sono le vie” – allora le filosofie orientali se la cavano meglio del pasticciaccio brutto di Severino.
Trovo molto bella, ad esempio, la metafora del bue …
http://www.shodo.it/icone-del-bue.html
Il monaco Tai-an chiese al maestro Pai-chang “Vorrei essere istruito nel buddhismo, che cosa è?”, “E’ come se cercassi un bue mentre lo stai cavalcando”.
Insomma, il trucco (il satori) è accorgersi che ciò che vai cercando, in realtà lo stai già da sempre cavalcando, ci sei già da sempre sopra, a cavalcioni.
E che alla fine puoi fare anche a meno persino di cavalcarlo, e che puoi lasciarlo a pascolare, per metterti a camminare con le tue proprie gambe.
Così come il trucco, è arrivare a comprendere che si può vivere benissimo, anzi meglio, senza Severino o qualsiasi altro maestro. Ma, finché non c’arriva, il discepolo continua a cercare ciò che non c’è in un luogo che non c’è – invece che tornare in se stesso, e guardandosi allo specchio dirsi, Ah, eccomi qui. Che bello!
Semplificando: l’unica utilità della teoresi di Severino, per un discepolo intelligente, sta nel riuscire a liberarsene, passare dalla teoria alla prassi.
È un passo importante – purché riesca a farlo. Oplà.
Salta! Oltrepassa Severino!
Oplà! Fatto!
Credo che l’educazione con-duca l’educando alla consapevolezza del limite che ci avvolge da sempre: la certa estinzione dell’ ”io penso” individuale, l’ineluttabile estinzione della nostra specie, in tempi brevi. Severino si è sempre messo “di traverso” per evitare questa consapevole pre-visione, promuovendo l’effetto placebo che il senso dell’essere “eterno” in-genera nei cuori timorosi. Accodarsi sul sagrato delle chiese ultramondane, mi è sempre parso un comportamento affetto da infantilismo allo stato puro.
Il Cartella nell’angolo dedicato al filosofo dice:”L’eterno è una creazione e credere che le cose stiano eternamente e che questa creazione coincida con l’essere delle cose costituisce la radice della violenza.” esponendo una tesi contraria alle mie molte parole ora-mai intorno a questo argomento scritte qui in questo Blog.
Il Cartella dice, e quindi ammette di supporre, l’eterno come una credenza, come fede e non come filosofia, come quel qualcosa che già da sempre appare evidente anche se nella sua forma più estrema , quella del linguaggio del destino, non è la forma dell’eterno Greco e Cristiano, poiché l’eterno è di tutte le cose non solo di Dio o dell’Essere.
La mia affermazione, rivista in contraddittorio con Cartella invece dice “la creazione è una creazione (non-Verità nel momento in cui la si crede venire dal Nulla poiché Verità è eterno e creazione, altro eterno, è parola che il nichilismo, la follia, ha potenziato dal credere che dal Nulla le cose tutte vengano per tornarvici, un Nulla che essendo l’assolutamente nulla interrompe la continuità dell’eterno appunto, quel nulla che è l’assolutamente altro dell’essere, quel nulla che, opponendosi all’essere, non può essere l’essere poiché la negazione dell’opposizione tra nulla e essere è autonegazione, l’identificazione appunto del nulla con l’essere, e la negazione che è sua autonegazione è l’affermazione appunto di questa opposizione) e credere che le cose si creino dal nulla per tornarvici e che questa creazione non coincida con l’eterno apparire dell’essere sé delle cose quindi costituisce la radice della violenza e è credenza”.
Per oltrepassare Severino prima bisogna salirci sopra , altrimenti non è oltrepassare è scansare, cosa che anche lei rozmilla è in grado di fare. Per Orbelli , legga intensamente le mie qui e capirà , anche se sono poche le parole che ho usato, che il suo punto 2 è una bestialità , almeno per ciò che concerne la teoresi di Severino.
@massimo: chi è il Cartella? e chi è Orbelli?
(consiglio: si metta nei panni di chi legge il suo commento entrando qui per la prima volta: secondo lei riuscirebbe a capirci qualcosa?)
@rozmilla: interessante la metafora del bue
@Carlo: apocalittico ma ragionevole e condivisibile
…che ci resta da fare, allora, zitti e a cuccia?
…o zitti e a cuccia già anche troppo al-difuori(ammettendo possible)dall’onnitotumsempiternum, amen? (ammettendo, eccetra, possibile anche solo pensarlo, in quanto pensare l’impensabile)
Il punto è che credo che a Severino importi poco del “che fare” – che, semmai, è stato un grosso problema dell’Occidente, soprattutto nella forma dello “strafare”. Il motivo per cui in tutti questi anni mi sono interessato al suo pensiero sta anche, se non soprattutto, nella prospettiva radicalmente critica che se ne poteva ricavare, a partire dal punto di vista ontologico, a proposito del nostro rapporto con le cose, la natura, gli altri viventi – l’essere appunto.
E di fatti, coerentemente, Severino indica in Giovanni Gentile e nel suo attualismo l’esito finale ed abnorme ma inevitabile di tutta la logica occidentale del fare e dello strafare (sto usando termini generici, e non molto filosofici, anche se in verità sul “fare” ci sarebbe da riempire tomi e tomi di analisi filosofica).
Per Filosofia sapere chi è cosa ha poca importanza, è più un problema di Scienza, comunque Catella è un laureato in Filosofia e Orbelli è Ormelli, ma , di solito, delle persone supponenti non riesco più a distinguere il senso, nemmeno del loro nome. A Proposito, Massimo è Alessandro Vaglia, poichè Alessandro Vaglia è stato annientato amorevolmente e Massimo creato violentemente, che invece di sentire tante cose sul chi è cosa ,come capita quasi sempre fra persone mediocri, sarebbe bello discutere nel cuore dei concetti del cuore dei concetti e dunque del cosa è cosa, altrimenti i discepoli, coloro che mentre mettono la testa sotto la sabbia, come per gli struzzi, e dicono al Leone che li sta per sbranare ” Leone non ci sei e se ci sei sei banale e se sei banale perché crederti e credere che esisti”, vengono incontrovertibilmente sbranati .
@Md
ora stai parlando del cosa è cosa e so che tu lo puoi fare con sapienza, cosa che non sono ancora riuscito a intravedere che in filosofiazzero qui da te.
@carlo:
Già, da un punto di vista sociologico, il “fenomeno Severino” – per quanto filosoficamente parlando potrebbe non esistere nemmeno – è sintomatico di una società in rimbambinimento progressivo.
Del resto è comunque un fenomeno quantitativamente limitato. Voglio dire che, ad esempio, senza conoscere i dati esatti, potrebbe essere che Harry Potter batta Severino almeno 1000:1 …
che dico, almeno 1.000.000.000:1
Ma certo poi i numeri non sono tanto importanti, quanto piuttosto mi preoccupa la fuga dei cervelli, e di quei cervelli che magari, diversamente, potrebbero contribuire a far andar meglio le cose.
@massimo: è evidente che lei è ancora a cavallo del Bue di Severino. Ma di certo lei non può sapere quanto io sia stata a cavallo del medesimo – anche perché, come lei saprà, non potrebbe essere nemmeno il medesimo.
Ognuno cavalca il proprio Bue: questo ovviamente per il principio di non-contraddizione, per cui A non può essere uguale a B.
Ma se vuole in questo Blog sono rimaste le scritture del mio passaggio a cavallo del Bue di Severino. Vedi: Oltrepassare Severino e numerosi altri post taggati con “Severino”.
Del resto è evidente che essendomelo io lasciato alle spalle da tempo, ora lei può solo constatare che io adesso non sono a cavallo del bue di Severino. Ma si fidi sulla parola, una buona volta: autocertifico di non essere più a cavallo del Bue di Severino, anche se ci sono stata. Beninteso, può anche non crederci senza che la cosa cambi di una virgola.
Poi, se vuole continuare ad esercitarsi a cavalcare il Bue di Severino, cerchi perlomeno di mettere le virgole al posto giusto, altrimenti, oltre ad essere materia complessa, diventa altresì oscuro comprendere correttamente gli enunciati. Sa, anche le virgole (e gli accenti) sono molto importanti.
La materia (la tecnica) va padroneggiata ed espressa con enunciati semplici e chiari, evitando l’intromissione di lunghe nonché opinabili corollari tra parentesi.
Ah, forse ho capito che lei vorrebbe trovare qualcuno con cui entrare in modo particolareggiato nel labirinto della teoresi severiniana. Anni fa c’era un bel gruppetto, ma ora …
Ma soprattutto, cerchi di essere educato ed evitare di storpiare i nomi o i cognomi degli ospiti di questo sito.
@Md
Apocalittico? Direi realistico. La provvisorietà è un’attributo incontrovertibile delle varie identità che l’essere assume (divenir altro). Se i miei atomi continueranno ad aggregarsi in altre forme, la cosa non può essere significativa per me che vivo solo “qui ed ora”.
@Rozmilla
Non parlerei di rimbambimento (cioè di un retro-cedere del pensiero adulto), ma di scarse capacità cognitive di nascita.
In fondo siamo solo animali stupidi, senza prospettive escatologiche.
…”possibile” via d’uscita all’imprigionamento nell’essere, o almeno alla coscienza di questo tragico imprigionamento?
“Meglio di ogni cosa è non essere nati, e dopo di ciò morire subito dopo la nascita”.
@Mario Domina.
Ciao Mario, permetteresti un breve intervento?
Sono Roberto Fiaschi, admin del blog “Emanuele Severino: risposta ai suoi critici”. Ho letto le tre obiezioni a Severino, molto interessanti e ben argomentate, sebbene non mi sia riuscito scorgere una qualche obiezione sul piano filosofico, più che altro mi paiono esser argomenti ‘ad hominem’, come spesso accade nei confronti di Severino, ma ci tornerò con più comodo in altro momento e luogo. Avevo deciso di prendermi una pausa per queste discussioni, ma non riesco ad esser fedele ai miei propositi
Facendola breve, vengo alla terza obiezione.
Citi Telmo Pievani, la cui affermazione definisci “una radicale affermazione di contingenza”. Dissento. Al massimo, ciò che Pievani tratteggia può esser considerata una situazione di provvisorietà: non sembri peregrina la distinzione tra “provvisorietà” e “contingenza”. Il primo significato concerne l’impermanenza di ciò che prima o poi è destinato a non occupare più la scena di questo mondo, ossia noi, e tutto quel che è presente nel nostro quotidiano, il nostro mondo appunto; la seconda assume un significato più radicale, ossia dice, di tutto ciò che costituisce questo nostro mondo, la sua nullità originaria e finale. Del resto ti affretti a precisare che “si può dissentire dall’ontologia e ritenerla una millenaria frottola o una gran perdita di tempo”.
Eppure ciò non è possibile. Vi è un’ontologia implicita anche e soprattutto nell’affermazione della “contingenza”: se intendi considerare l’ontologia una frottola, allora sarà una frottola anche un qualunque altro significato che vorrai conferire al termine “contingenza”.
Inoltre, l’affermazione di Pievani non dice nulla di più di ciò che tutti noi comunemente pensiamo circa il mondo, ossia che le “cose” nascono, si formano, si creano, passano, si annullano, si distruggono, finiscono. Ma così siamo punto e accapo. Nel senso che se non si discute ANCHE il presupposto ontologico che sta alla base della frase del Pievani, altro non si fa che riproporre come una verità ciò che invece è soltanto presupposto, cioè ammesso come vero, ma appunto, “ammesso” nel senso di “creduto” vero.
La frase di Pievani non fa emergere il senso di quel che tu chiami “contingenza”, o meglio, lo fa emergere come presupposto indiscutibile, ma che invece Severino discute. Detto ciò, bisognerebbe forse discutere a nostra volta se ciò che dice Severino circa la contingenza sia discutibile o meno, e mostrare il perché, e non dare per scontato una riedizione di ciò che tutti noi già crediamo ed assumiamo come dato di fatto pacifico ed acquisito …
………………
@ Rozmilla:
se posso darti del tu, riguardo alla tua affermazione secondo la quale “da un punto di vista sociologico, il ‘fenomeno Severino’ – per quanto filosoficamente parlando potrebbe non esistere nemmeno – è sintomatico di una società in rimbambinimento progressivo”, direi che è certamente assai probabile che anch’io sia un rimbambito (o rimbambinito ?); tuttavia mi domando se quel rispetto che giustamente pretendi, tu lo riesca a mantenere anche nei confronti dei cosiddetti “severiniani”.
Dello stesso tenore è anche quest’altra tua frase: “l’unica utilità della teoresi di Severino, per un discepolo intelligente, sta nel riuscire a liberarsene, passare dalla teoria alla prassi”. Ora, siccome non me ne sono liberato _ né si vede il motivo per il quale bisognerebbe liberarsene _ ai tuoi occhi apparirò certamente come un discepolo NON intelligente, il che potrà anche essere, sia chiaro; ciò nonostante, volendo discutere di filosofia rimanendo nell’ambito del dileggio non pare faccia fare passi avanti … Comprendo il tuo “oltrepassamento” di Severino, è ovvio; come giustamente dici, “Ognuno cavalca il proprio Bue”. Ma da ciò non segue che “il trucco, è arrivare a comprendere che si può vivere benissimo, anzi meglio, senza Severino o qualsiasi altro maestro. Ma, finché non c’arriva, il discepolo continua a cercare ciò che non c’è in un luogo che non c’è – invece che tornare in se stesso, e guardandosi allo specchio dirsi, Ah, eccomi qui. Che bello!”.
Innanzitutto, quanto dici potrebbe metterti nella stessa condizione di quel ruolo di maestro dal quale vorresti prender le distanze; ed a questo punto non è chiaro perché bisognerebbe dar retta a te piuttosto che ad un altro.
Comunque, se qualcuno, durante la nostra vita, ci insegna che 1+1 fa 2, non per questo egli diverrà un “qualcuno” senza il quale si potrebbe vivere meglio, così come _ rimanendo al tuo esempio _ che “A non può essere uguale a B” significhi “cavalcare il Bue di Severino”.
Potrò altresì contestare, criticare che 1+1 faccia 2 così come che A non sia uguale a B, certamente; ma tutto ciò avverrà all’interno di una discussione, non per mezzo di suggestive parabole quando non di insulti magari nemmeno tanto velati …
Ma ora vedo che anche CARLO parla _ a proposito dei “severiniani”, “di scarse capacità cognitive di nascita”…
Non sono stato breve, non ho mantenuto la promessa, come al solito … Grazie comunque dell’attenzione e della vostra ospitalità, ciao.
Roby
……………………………………
Sono lieta del tuo intervento Roby. Per ora dico soltanto che non credo che Carlo si riferisse ai “severiniani” in particolare, quando parlava delle scarse capacità cognitive; infatti poi proseguiva dicendo che “siamo solo animali stupidi, senza prospettive escatologiche”: quindi era un dire un po’ più generico, ma eventualmente ti risponderà lui. Per il resto cercherò di rispondere questa sera. Ora devo andare a fare la spesa. Eh già, devo andare a fare la spesa …
Un saluto
Vede Rozmilla io faccio l’imprenditore di professione e ho 100 dipendenti alle mie dipendenze, il fatto che mi sfugga qualche virgola, sempre meno di quelle che sfuggono a lei che di tempo ne ha molto più di me, è giustificabilissimo, ciò che non è invece assolutamente giustificabile è la sua supponenza, assolutamente ingiustificabile… Mi dica dove posso trovare chi capisce qualcosa di Severino davvero e lei non mi sentirà più.
…come, mettiamo, in metafora, che si fosse tutto e tutti dentro a un grosso scatolone, che è l’essere eterno, di cui noi essenti parte,
infinito, tondo, liscio, perfetto, e per sempre questo, e nient’altro, e questa constatazione dell’essere essere, fosse, diciamo, la filosofia prima, assoluta, inconfutabile, vera, autoreggente, e di seguito, e poi, anche, nello nello stesso scatolone, verminasse una specie di, chiamiamola,vita(sic!), ed insieme a questa vita, presunta, e a questa in uso, un pensiero di second’ordine, errante, che, ipotesi, comprendesse i nostri pensieri umani di tutti i generi, scienze, arti, o quant’altro, sempre fermo (ovviamente)restando che ogni cosa permanesse dentro al grande scatolone ontologico, senza mai uscita…
@ Rozmilla
Per quanto riguarda l’affermazione di Carlo, sì hai ragione, l’ho letta troppo in fretta, chiedo scusa….
Ciao e buona spesa !
Roby
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@roberto fiaschi: avevo discusso a lungo del concetto di contingenza in 3 post qualche tempo fa, a cui ti rimando; questo era il primo della serie:
https://mariodomina.wordpress.com/2011/12/05/filosofia-della-contingenza-1/
mentre le mie obiezioni “sul piano filosofico” ed ontologico a Severino le ho espresse in altri post e nell’infinita discussione con Profeta (alias Marco Pellegrino) alla seguente pagina
https://mariodomina.wordpress.com/2008/02/09/la-pellicola-ontologica-%E2%80%93-oltrepassare-severino-1/
@ Mario
ah sì ricordo, vero … grazie ,
ciao.
Ho letto solo ora le sue sopra Roby e ho da farle delle scuse poichè l’ho tirata in ballo per la sua confutazione alle critiche di Ormelli a Severino, se vuole mi spiegherà perchè ha fatto scivolare, ora capisco intenzionalmente, quel punto 2 di Ormelli che urla vendetta. Capisco ora poiché da queste ultime , le uniche che di lei ho letto oltre quella con l’Ormelli, si vede chiaramente che lei mastica con disinvoltura la materia e ridicolizza la Rozmilla con la delicatezza che io non ho ancora usato.
Per Rozmilla: la quantità è del periodo della tecnica e non del Destino, noi siamo nell’era della tecnica, a lei rimane di leggere Harry Potter, io preferisco Severino, ad ognuno il suo… Ma quello che mi interessa di lei è il momento del salto , lo spieghi , cosa è accaduto per cambiare bue, quale la molla, quali i motivi, c’è ne saranno pure no? O il suo mestiere è quello del salto del bue.
@rozmilla , ce ne saranno due… Maledetto iPod … Che dopo la Rozmilla mi bacchetta sulle mani…
Ma dov’è finita tutta la serietà del Domina…?
mi sembra un campo di calcetto, mal orchestrato
(la pallina è impazzita:-))
classico esempio di evidente bisogno di affermazione.
Buon proseguimento di sparate di Nick!
Sempre per non smentire quanto Severino direbbe ad un suo pari che gli dice … Sia educato… Se per educato si intende il non dar fastidio agli altri e di questo si dice di educato e del suo significato, beh, allora, cara Rozmilla , che sembra parlarmi come si potrebbe fare in camera caritatis con il proprio figlio (maleducato?), provi a concentrarsi un attimo sul significato che le ho appena rivelato, poichè mai si permetterebbe colui che ne è cosciente del significato di maleducato di chiedere a qualcuno pubblicamente di esserlo educato, e capirà, sorprendendosene, se ne sarà onesta, che la maleducata è lei.Lei fa l’insegnante vero?
@roberto: ciò non toglie che tornerò a riflettere sulle questioni che sollevi…
@carla: beh, un po’ di inserzione del nuovo (magari urticante) non guasta, del resto c’è ben di peggio nel mondo dello stile del signor Vaglia, che evidentemente ha qualche problema a relazionarsi (almeno in questo spazio) con le donne. Ma non è mica l’unico.
Sulla “pallina impazzita”: posso fare ben poco se ogni tanto pezzi di discussione che si svolgono su altri blog o in altri ambiti migrano qui. L’alternativa è che mi metta a moderare i commenti, ma piuttosto chiudo il blog seduta stante.
Ribadisco poi che se qualche commento dovesse risultare molesto o incommentabile, dovrebbe risultarlo di suo, e dunque “autobannarsi”.
@ Roby: certo che possiamo darci del tu. Avevi dei dubbi? Mi presento: piacere, io sono Milena. rozmilla è solo il nick che poi è il mix di nome e cognome.
Poi, vediamo: il “rimbambinimento” (attenzione, non “rimbambimento”) è una tesi del sociologo B. R. Barber, il quale sostiene che la nostra società è soggetta a tale regresso collettivo. Quindi non mi sembra il caso di prenderla come una incriminazione personale. Tra l’altro non so chi sei, non so nemmeno se sei severiniano. Ti consideri severiniano? Bene. Ne sei soddisfatto? Tanto meglio.
Questo non toglie che io possa avere la mia opinione su un fenomeno che a mio avviso ha dello spropositato. Infatti ti ricordo che finora, e sempre, da parte mia non faccio che esprimere delle mie opinioni personali, senza pretendere mai e poi mai che esse abbiano valore assoluto. Ma le ho e le sostengo finché e perché le ritengo fondate sulla mia personale esperienza.
Quindi non vedo in che modo possano offendere le tue opinioni e la tua esperienza. Possiamo scambiarci opinioni ed esperienze, se vuoi.
Infatti anche quando scrivo, “l’unica utilità della teoresi di Severino, per un discepolo intelligente, sta nel riuscire a liberarsene, passare dalla teoria alla prassi”, lo scrivo nello stesso senso.
Ovviamente cosa sia l’intelligenza, e quale o quanta essa debba essere per riuscire a liberarsi di Severino, non lo dico. Per esempio, io non sono troppo intelligente, ma nemmeno troppo poco, e neanche completamente stupida; ma non saprei descriverti quale tipo di intelligenza bisognerebbe avere per riuscire a liberarsi di Severino, per il semplice fatto che la qualità in questo caso è inesprimibile. È come il profumo di un fiore? Sapresti descriverlo?
Però – e ripeto, questa è la mia esperienza – da un certo punto in poi ho capito che mi dovevo sganciare. Per crescere. Per essere me stessa.
Ognuno ha il suo metodo, oppure col tempo sviluppa un metodo. Ad esempio, sono sempre stata una persona devota. Devotissima, ad esempio, fin dall’inizio alla mia maestra delle elementari, che mi ha insegnato che 1+1=2. Ma, dopo averlo ben compreso, e compreso molte altre cose, non sono rimasta attaccata col cordone ombelicale alla mia maestra, ferma lì nell’aula della quinta B. No, ho proseguito. Idem con tutti gli altri insegnanti e maestri che ho incontrato nel mio percorso di vita.
Severino: sono infinitamente grata a Severino, ma non solo a lui. Solo che ad un certo punto – non so in che modo – ho avuto la prontezza di spirito di lasciarlo andare. Forse è soltanto fortuna.
Ma certamente tu sei liberissimo – o forse necessitato – a non liberartene. Forse non sei così fortunato, o non ancora. Ce ne faremo una ragione.
Poi, non sono nemmeno così stupida da non capire che c’è modo e modo di cavalcare il Bue di Severino. E sono anche dell’opinione, ma forse è solo un’impressione, che io, nel mio piccolo, non sono mai stata brava a cavalcarlo come lo cavalchi tu. Però forse (e ripeto, forse) questa cosa è qualcosa che te lo rende ancor più caro, che ti lega molto, intendo dire. Ma certamente una cosa è cavalcare il Bue di Severino, altra cosa è cavalcare il proprio Bue, altra cosa ancora è non cavalcarne nessuno in particolare, o cavalcare semplicemente l’onda.
Il ruolo di maestro? No, grazie. Sono solo una compagna, o una sorella, se vuoi. Ma se mi vuoi vedere come una nemica, vedi tu …
Un’altra cosa. Non ti nego che il “fenomeno Severino”, come tutti i fenomeni a mio avviso eccessivi o spropositati, mi lascia perplessa, non tanto sui contenuti teoretici (che fino ad un certo punto, ma non oltre, potrei persino condividere) quanto appunto sull’entità del fenomeno di massa.
D’altra parte non nego neppure di aver maturato una mia personale idiosincrasia verso tutto ciò che acquista più potere del dovuto. Soprattutto quando i contenuti aspirano ad essere simil-esoterici, o del tutto astrusi dalla realtà (tipo cose come l‘avvento della “terra che salva”, o “il sopraggiungere degli eterni” eccetera). Per spiegare questo fenomeno, l’ipotesi che al momento ritengo più valida, è che l’incomprensibilità di certi contenuti ed enunciati, stuzzicano l’avventore a provarsi nel risolvere l’enigma, a svelarlo. Perché tutto è così avvolto un un’aura di mistero, e il mistero è sempre una bella sfida, per le nostre menti mortali e finite. E forse – e ripeto, forse – non sarà che un discepolo devoto, ancor più se molto intelligente, s’impegna e cerca con tutte le sue forze di dimostrare la veridicità di ogni contenuto misterioso proferito dal maestro?
Ma anche questa è solo un’ipotesi, ovviamente.
C’è altro? Ah, sì, quando scrivevo “filosoficamente parlando potrebbe non esistere nemmeno”, riprendevo in modo ironico la chiosa dello stesso post di Md..
Spero di essere riuscita a soddisfare le tue domande, oltre a spiegarmi in modo sufficientemente comprensibile; e ti auguro una buona serata.
Milena.
Mi sono ricordata un’altra cosa, che però ho sempre pensato, e che non sono l’unica a pensare. E cioè che un buon maestro deve darti anche gli strumenti per liberarti di lui. Se non te li dà, non è un buon maestro.
ciao
@Carlo: sì certo, ma quel che mi interessa capire è che significa quel “me”, e come mai non posso non chiedermelo. E quel “me” così transeunte – così come lo sono tutte le monadi, gli aggregati, le identità, o come ci piace chiamarli – una volta comparso nella sfera dell’essere (o della sostanza, o come ci piace chiamarla) non scompare, non può più farlo, è eternamente incagliato in quel suo essere in quel modo e non in un altro. Si può pensare che tutto ciò sia piuttosto insensato e casuale – che è quel che io in fondo penso – ma ciò non toglie che ogni cosa rimane maledettamente inchiodata alla sua condizione di comparsa sulla scena dell’essere, le piaccia o no.
Sono solo “io” che penso tutto ciò? E’ la mia mente che ontologizza – o dis-ontologizza? (ma dis-ontologizzare è comunque un essere). Sì, certo – ma è questo il gioco della filosofia, che Severino gioca fino in fondo.
@Md
per la mia difesa con Carla, dovuta, dopo la b(d)annazione che ho subito, sono comunque a ringraziarla perché vedo che in lei c’è vero spirito critico, anche del (me) e questo denota stile oltre che personalità e forse anche un poco di impotenza, d’altronde siamo nell’era della tecnica e ad ognuno il suo mezzo e procedura per raggiungere lo scopo ( lei può fare tutti gli sforzi possibili per annullarmi, ma io esisto). Per ciò che concerne la pallina impazzita, se invece di guardare alla pagliuzza, come è per le donne in generale, si togliessero il trave che impedisce loro di guardare, tra quelle righe vi è risposta a sue obiezioni.
C’è anche il marxismo che ha fatto molti proseliti e assai più danni del severinismo ( molto più scritto quello di questo su ogni manuale e documento scritto da uomo), quello che non c’è, cara Rozmilla, è quello che lei vorrebbe, quello si che non esiste, è al di fuori dalla realtà , è al di fuori dal limite della realtà, quel voler a tutti i costi l’essere libera dall’essere sé del (suo) essente.
Anche le sue parole, che al più sprovveduto sembrerebbero pecore “libere” al pascolo di un grande campo, in realtà hanno il loro pastore che le guida, come è per me e è per Roby o MD, con tutti gli sforzi che lei può fare per distinguersi.
Il Pastore lo può chiamare: Dei,Dio,Ragione,Cose,Spirito,Io,Marx,Severino,Nulla,ecc.. Lo pensi come vuole ma c’è come ci sono io (ecco perché Severino racconta della tecnica, perché esiste).Se se ne rende conto, trova la pace, quelle terre che a lei sembrano esoteriche e a MD sacrali, terre che non ha inventato Severino (con l’essere sé dell’essente) o Einstein (con il tempo proprio) o prima ancora Parmenide (con l’essere è), poiché non si inventano quelle terre, si inventa che non ci siano (quello che scioccamente cercate di fare qui). Ma il mio discorso non vuole essere una Volontà , il mio discorso è Verità.Severino può sembrare esoterico o sacrale a chi non lo comprende e soprattutto non comprende le basi della sua teoresi ; è un problema di Severino o di chi non lo comprende ? D’altronde noi viviamo il tempo della non-verità, opposto alla Verità, quella negazione di questa, ma quella, in quanto negazione è auto-negazione.
@ Milena.
Un saluto a TUTTI:
cara Milena, grazie per la tua bella risposta, che accetto e rispetto in pieno. Magari aggiungo soltanto qualche punto.
Quando affermi che “Devotissima, ad esempio, fin dall’inizio alla mia maestra delle elementari, che mi ha insegnato che 1+1=2. Ma, dopo averlo ben compreso, e compreso molte altre cose, non sono rimasta attaccata col cordone ombelicale alla mia maestra, ferma lì nell’aula della quinta B”, parli di un attaccamento che non si verifica (o almeno no dovrebbe) in relazione a Severino.
Mi spiego. Severino non è il mio maestro, non è la mia guida, il mio oracolo o quant’altro. Se prendo per buona la Teoria della relatività, non per questo Einstein assurgerà a mio maestro: prendo atto di tale teoria e faccio altro, cioè continuo la mia vita. Lo stesso vale per Severino. Prendo atto dell’incontraddittorietà dell’essente come condizione ineludibile affinché qualcosa vi sia; prendo cioè atto dell’impossibilità che l’impossibile esista.
Prendo atto delle conseguenze che tutto ciò implica.
Ma tutto questo NON significa innalzare Severino al ruolo di maestro a cui stare attaccato.
Così come ritenere (e quindi prender per buono) che 1+1 faccia 2, non significa “cavalcare il bue” di qualcun altro, stargli agganciato sempiternamente, giacché che 1+1 faccia 2, non è un “bue” altrui piuttosto che un MIO “bue” personale , è bensì un dato che mi/ci precede, esattamente come l’identità con sé dell’ente. Qui siamo oltre (sebbene all’interno) dell’esser “mio” o “tuo”.
Il tuo discorso è perfetto, ossia non fa una grinza QUALORA tu lo riferisca, chessò, ad un preteso maestro di vita, ad un “dio” in terra, ad un santo taumaturgo, ad un gruppo ideologico o religioso, ad una setta che totalitarizza la propria vita: ma che io accetti l’evoluzionismo darwiniano o la relatività einsteniana, non mi mette nella condizione di esser un seguace di qualcuno, incapace poi di distogliersene. Non mi impedisce di esser me stesso.
La filosofia non richiede fede, né tantomeno fede cieca, bensì argomenti, ragionamenti, confutazioni, discussioni, risultati…
Mi spiego ?
La teoresi severiniana non mi limita né mi inchioda in chissà quale gabbia, né più né meno di qualsiasi altra teoria scientifica.
………………………
Invece, circa la tua affermazione “cosa sia l’intelligenza, e quale o quanta essa debba essere per riuscire a liberarsi di Severino, non lo dico”, non mi risulta accettabile, giacché dire che “l’unica utilità della teoresi di Severino, per un discepolo intelligente, sta nel riuscire a liberarsene, passare dalla teoria alla prassi”, presuppone il sapere cosa sia l’intelligenza, altrimenti il tuo discorso parlerebbe di qualcosa di sconosciuto.
Ossia, allorché hai detto ciò, avrai senz’altro inteso porre una differenza tra un discepolo intelligente ed uno non. Questa differenza implica che tu sappia di cosa stia parlando, altrimenti quella differenza che hai evidenziato in cosa consisterebbe ?
Comunque non mi ero offeso, era solo per chiarire …
Grazie mille, ciao.
Roby
“Che cosa significa nihilismo? Significa che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo, Manca la rispostaal.perché?
Il “nichilismo radicale” è la convinzione di un’assolutà insostenibilità dell’esistenza, quando si tratta dei valori supremi che si riconoscono, compresa l’opinione secondo cui noi non abbiamo il minimo diritto di porre un “aldilà” o un “in-sè delle cose, che sarebbe divino, che sarebbe la morale in carne ed ossa. Questa idea è una conseguenza della “veridicità” matura, quindi anche conseguenza della fede nella morale.”
….che poi la critica a Severino non verte sulla contraddicibilità
(nemmeno pensabile) della incontraddicibilità, ma sul fatto del suo (di Severino)”chieder conto” al pensiero occidentale, e poi ora globale (scusate la brutta parola) di aver preso la strada “sbagliata”.
@filosofiazzero
per quanto sbagliata, meglio detto “opposta”, la strada la si può continuamente percorrere e la critica è obiezione quando si mostri , con fondamento, che la strada sbagliata o opposta non esistesse. Questo “valore” sì è sbagliato nel senso che è errore.
come sempre succede in questo blog, e dappertutto, quando qualcuno si presenta dicendo “Io sono la via, la verità, la vita”, (per di più con le maiuscole) si generano almeno due effetti (che possono anche convivere): un imbarazzo tra gli astanti, preoccupati per l’incapacità del latore di cogliere il lato ridicolo ed inane dei suoi sforzi; oppure un dantesco e lapidario “non ragioniam di lor ma guarda e passa”…
@Md
anche questo è il percorrere la strada opposta.
Vede MD, per tutti gli sforzi che lei può fare, per la velocità e lo slancio che ci può mettere a giustificare ciò che non è, lei rimbalzerà sempre su di me.
e poi chi le ha detto che voglio ragionare, io posso ragionare con chi ha ragione, filosofiazzero ha ragione, Roby ha ragione, lei è a corrente alternata… mettiamo un velo pietoso per quegli altri 2 che per ora hanno adoperato lo stomaco della ragione, con gran rutti per tutti, a quelli rispondo con rutti… contro prepotenza si risponde con potenza (banalità questa della prepotenza e potenza ma anche questa opposizione è molto ben spiegata nelle pieghe del discorso severiniano).
@Alessandro Vaglia: guardi che lei occupa una parte infinitesima dei miei pensieri; ne occuperà un po’ di più solo quando porterà qualche altro argomento che non sia la rimasticatura peraltro maldigerita di Severino.
@roberto
Ribadisco il mio modesto pensiero: l’unica specie attualmente esistente dell’Homo sapiens ha capacità cognitive troppo scarse “di nascita” per potersi arrogare il diritto di con-prendere “Omnia Res”, ad esclusione, ovviamente, dei Severiniani” (è solo una battuta).
@Md
“Una volta comparso nella sfera dell’essere (o della sostanza, o come ci piace chiamarla) non scompare, non può più farlo, è eternamente incagliato in quel suo essere in quel modo e non in un altro. Si può pensare che tutto ciò sia piuttosto insensato e casuale – che è quel che io in fondo penso – ma ciò non toglie che ogni cosa rimane maledettamente inchiodata alla sua condizione di comparsa sulla scena dell’essere, le piaccia o no.”
Che l’ente si conservi con la sua identità appare solo un desiderio “utopico” se l’altrove, dove dovrebbe risiedere, non è localizzabile (u-topia).
La permanenza di ogni ente è banalmente una questione di “memoria”. L’ente che è (con la sua identità morfologica, psicologica e quant’altro, in sintesi, con la sua unicità) quando scompare dall’orizzonte locale perché si trasforma in “altro”, cioè in una novità per l’eventuale osservatore “contingente”, può sopravvivere (eternità dell’essere) solo se di lui resta una traccia rin-tracciabile (che, comunque, non può essere “eterna”). Altrimenti, in-conosciuto e in-conoscibile, può essere catalogato solo come “anello mancante”, una scatola vuota, priva del suo contenuto, una targhetta sulla porta dell’essere con la scritta: “sconosciuto”.
L’idea dell’essere (ontologizzare – dis-ontologizzare) è un prodotto della mente umana. Quest’ultima non può essere “misura di tutte le cose”, ma solo un’insieme di sinapsi contingenti …
Sono seduto sul nudo pavimento e non ho cattedre da occupare!
@Carlo
la chiami come vuole, memoria se vuole, non è il nome che conta, che conta è che nell’atto di dire in-conosciuto e sconosciuto, l’ha già di per se conosciuto come in-conosciuto e il vuoto appare come pieno e il nulla appare come essere, nell’atto stesso , ma ciò non toglie che lei, come ogni pensiero nichilista, ci si affoghi nella sintesi degli opposti.Se pensasse questa sintesi per quello che è , e cioè negazione della negazione, quindi autonegazione, allora comprenderebbe anche che l’autentico è già da sempre e per sempre l’esser se dell’essente, se non lo comprende o per volontà o per altro, allora rimarrebbe eccentrico al fondativo e questo rimanere eccentrico, come per MD che mi rimbalza contro, non è un peccato da cui espiare, è comunque periferia sempre di quell’essere che è e che non può , per questo motivo, non essere.
@Carlo: sì, quello che tu hai espresso è il punto di vista scientifico sulla questione, che dunque ha la sua legittimità; ma filosoficamente (e, dunque, ontologicamente – e questa identità è una vecchia diatriba che ogni tanto ritorna), la questione appare sotto una luce radicalmente diversa: le argomentazioni severiniane sul divenir-altro sono, da questo punto di vista, ineccepibili. Ma anche Spinoza parla degli enti-individui esattamente in quei termini: la mia amica morta non lascia solo tracce nella mia memoria o negli atomi nei quali si è trasformata, essa è eternamente quella struttura che è stata, e una volta comparsa sulla scena dell’essere non ne può più recedere, diviene eterna (che non significa immortale), o meglio è eterna. Indipendentemente dal fatto che venga ricordata.
Domanda: è solo la nostra mente che può concepire (o fingere) che gli enti siano da un punto di vista eterno (e non meramente percettivo-temporale)? Sì, ma evidentemente è perché lo può fare. Le nostre sono menti anche ontologiche.
Quali le conseguenze dell’una o dell’altra visione, questo apre altri vasti capitoli del discorso…
@ m.d.
….Caro amico, credo che tu li attragga come il miele per le api i vari “signor verità” che ronzano inesorabilmente attorno all’arnia di Diogene, ora con un nick, ora con un altro, sempre lesti a metterti in mano il loro biglietto da visita, che come ben sai é quello del sapiente, anzi, nella circostanza, del sapiente di gomma, contro cui i tuoi sforzi dialettici possono soltanto rimbalzare. Hai voluto Severino? E allora beccati anche questa, così impari a evocare i fantasmi dei vari Sigg. Russo di infausta memoria, e dei loro sodali dai nomi che cambiano, ma le cui sagome si sovrappongono in perfetta simmetria con l’originale.
@ XAVIER
Caro Xavier, mi perdoni, ma non so chi o cosa intenda quando parla “dei loro sodali dai nomi che cambiano, ma le cui sagome si sovrappongono in perfetta simmetria con l’originale”.
Mi presento: il mio nome è Roberto ed il cognome è Fiaschi: curo un blog intitolato: “Emanuele Severino, risposte ai suoi critici”, e mi mostro sempre col mio nome e cognome, come mi pare normale che sia.
Tantomeno amo sfoggiare il titolo di “signor verità” (Ma chi lo ha mai fatto ?), dal momento che se di verità s’ha da parlare, essa non concerne certamente “qualcuno”.
Né vorrei approfondire a chi intenda riferirsi quando parla del “sapiente di gomma”: qualora fosse Severino o chi per lui, bene, è una sua legittima opinione.
Ma badi bene: è soltanto un’opinione, oppure pretende d’esser qualcosa di più, magari una verità ? In quest’ultimo caso, allora benvenuto anche a lei nel club dei “signori verità”.
Invece, qualora il suo giudizio fosse soltanto un’opinione, mi sentirei autorizzato a non darle (= all’opinione) alcun peso definitivo …
Grazie, saluti …
Roby
………………………………………………………….
@ CARLO
Scusa Carlo, ma dove sta scritto ( o in che modo è implicito) che la filosofia di Severino intenda esser un “con-prendere ‘Omnia Res’ ”?
Grazie.
Invece, riguardo alla tua affermazione secondo la quale “L’idea dell’essere (ontologizzare – dis-ontologizzare) è un prodotto della mente umana. Quest’ultima non può essere “misura di tutte le cose”, ma solo un’insieme di sinapsi contingenti”, ebbene, se le cose stanno così, allora inevitabilmente anche questa tua affermazione sarà un “prodotto della mente umana”, ed in quanto tale nemmeno essa potrà esprimere con veridicità il reale stato della nostra situazione, poiché anch’essa è appunto frutto di “sinapsi contingenti”.
A meno che le tue considerazioni siano meno “contingenti” e meno “prodotti umani” rispetto a quelle di Severino ….
Roby
@Md
la visione e la conseguente previsione è una, non c’è e anche un’altra visione e un’altra previsione nel medesimo istante per il medesimo riguardo, altrimenti cadrebbe tutto l’impianto ontologico e ne sarei felicissimo , ne sarei felicissimo, ma prima della felicità che mi invadesse bisognerebbe fondare questa fine e la scienza , non è in grado di farlo , anche solo per statuto, fonda le sue teorie e le sue tesi sulla loro controvertibilità: malgrado tutti gli sforzi con cui Galileo opponeva le sue di tesi alla loro ipoteticità, questo limite, il limite della scienza è certificato da un limite ben più grande in cui questo limite si inscrive, il limite di filosofia.
@xavier
caro nemico, credo che tu sia a corto di obiezioni e quanto scrivi lo testimonia, poiché lei , che ha significativamente qualche cosa da scontare con le parole Sapienza, Verità e altro , per i motivi più svariati, non agisce nel volerne avere ragione che indifferentemente da come agisco io, o per caso sono capitato nell’Olimpo e lei è Zeus. Invece di adulare il moderatore e di denigrare il sottoscritto continuamente, cosa normalissima fra i deboli di una comunità che voglia o debba includere invece che escludere un elemento altro, nuovo, venuto da chissà dove, perché non cercare di dire la propria per ciò che concerne l’argomento invece di divagare con continui ed inutili rutti?
@ontologi vari (me compreso):
ogni cosa che noi diciamo/pensiamo sull’essere viene dalla nostra mente. L’obiezione che anche la mente “é”, e dunque è ricompresa in quell’essere che vorrebbe indicare, è un’obiezione vuota e piuttosto inutile, direi tautologica – oltre al fatto che, oltre che “essere” a sua volta viene comunque dalla medesima mente che ontologizza/disontologizza. Che non vuol dire che noi “creiamo” la realtà perché la pensiamo,ma, appunto, semplicemente la pensiamo, ne abbiamo “visione”, sia percettiva che mentale.
E in ciò non possiamo che essere “monadi”.
La “verità” con la v maiuscola ci è preclusa, e la crepa nell’essere di Parmenide non si è mai più richiusa – con buona pace di Severino e compagnia cantante ed ontologizzante. Del futuro (e della “terra che salva” non ho pre-visione e nemmeno Severino ce l’ha, e se sostiene di averla mente spudoratamente, o gli si è fritto il cervello).
Ciò detto, prendo del discorso di Severino (come di tutti i filosofi della storia del pensiero, che è parecchio vasto e ricco ed interessante) quel che mi serve per pensare le cose, l’essere e la loro eventuale trasformazione dal mio – monadicissimo – punto di vista.
E con questo ho aperto la mia nuova stagione leibniziana!
@ MARIO
Caro Mario, dissento totalmente.
Infatti, l’obiezione alla tua affermazione “ogni cosa che noi diciamo/pensiamo sull’essere viene dalla nostra mente”, NON è costituita dal fatto “che anche la mente “è” “.
No; se e poiché affermi che il pensiero sull’essere (ed il concetto stesso di essere) viene dalla nostra mente _ e questa considerazione dovrebbe quindi sottintendere che tale concetto sia un artificio o qualcosa di simile _, allora replico che anche quella tua convinzione testé esposta “viene dalla nostra mente”, ed in quanto tale non può pretendere di avere più verità del concetto o del significato di essere, giacché se “essere” è un significato artificiale, a fortiori sarà artificiale ANCHE la tua opinione su di esso, in quanto anch’essa è _ ripeto _ prodotta dalla nostra mente…
Anche quando dici “La “verità” con la v maiuscola ci è preclusa, e la crepa nell’essere di Parmenide non si è mai più richiusa – con buona pace di Severino e compagnia cantante ed ontologizzante”, mi dispiace ma sono testardo: debbo chiederti se tale tua affermazione è una verità definitiva o se è soltanto una verità con la “v” minuscola, cioè un’opinione più o meno plausibile …
@MD
… è quel … ci è preclusa… che ha dell’ontologico, o presuntuosamente teologico , lo fondi allora per favore. Non chiedo molto. Altrimenti altro che Zeus o nuovo neopositivista o popperiano, qui siamo ben oltre Parmenide e la strada che conduce alla notte.
@roberto fiaschi: esatto, né quella di Severino né la mia, né quella di chiunque altro a meno che non si chiami “Dio”, sono Verità, ma solo punti di vista monadici. Molte volte su questo blog ho dichiarato (e argomentato) che possiamo benissimo liberarci una volta per tutte di questo fastidiosissimo concetto.
@MD se ne liberi , ma non come farebbe con un sacchetto dello sporco, perché le ricadrebbe in casa tutto sparpagliato sul tappeto, poiché non c’è libertà in questo, come il fatto che lei, con tutta la buona volontà nel distinguersi da me , mi rimbalza continuamente contro per necessità.
(ad ogni modo, poiché ora ho da lavorare e più tardi mi occuperò d’altro, mi congedo dalla discussione per lo meno fino a domattina – sempre che poi non decida che sarà meglio farmi una lunga passeggiata
buona continuazione a chi vorrà continuare…)
@ MARIO
Comprendo quanto dici, sembrerebbe plausibile, tuttavia perdonami: devi esser consequenziale fino in fondo. Ossia, se affermi che sono “solo punti di vista monadici”, allora non puoi conferire nemmeno a quest’ultima tua affermazione un valore definitivo, anzi, non puoi attribuirle alcun valore. Perché no ? Perché anch’essa è un punto di vista monadico, e come tale non dice nulla se non su se stessa. Mi spiego ?
Questa concezione, Mario, involve nell’autocontraddittorietà.
Finché si pensa (= si crede) che il pensiero sia un prodotto biologico secreto da un cervello, questi sono i risultati.
Poi, parlando di “monadi”, si pone un altro problema. Se ciò fossimo _ cioè delle monadi_ , non potremmo neppure supporre di esser tali, cioè appunto delle monadi. In sostanza, anche la monade è un concetto contraddittorio.
Per poterlo porre, ha bisogno che sia posta al contempo anche ciò a cui la monade si contrappone, cioè il mondo altro ed oltre essa. Ma così presupposto, quel mondo posto come altro da essa è, appunto, posto. In quanto tale, la monade per poter essere tale, necessita di ciò che nega, ossia necessita della non-monade, il mondo appunto …
Roby
… sola cosa ammissibile è pensare (e dire?) che è,
e non che non-è.
Ogni altro discorso è illusione degli uomini doppie teste,sordi, ciechi e dementi.
O altrimenti stare zitti, senza anche pensiero, come cadaveri.
(ammettendo esistenti, i cadaveri)
Si decida, caro Alessandro Russo Voglia: o mi dà del tu, o del lei, perchè altrimenti restiamo in un limbo di vicinanza-distanza che potrebbe non farmi dormire la notte. In quanto a me, é verissimo: non ho alcuna dimestichezza, né con la sapienza nè con la verità, maiuscole o minuscole che siano, poichè in genere sono concetti presi in appalto permanente dagli stronzi, quelli cioè che discutono solo per avere ragione, e che in attesa che la storia permetta loro di puntare anche qualcos’altro, all’inizio si limitano a puntare il dito. Beh, caro Russo Voglia, io continuerò per forza di cose a ruttare: digerire le sue sicurezze lo esige, lei nel frattempo quel suo ditino puntato se lo può elegantemente ficcare dove entrambi stiamo pensando?
@ Roberto Fiaschi
Ma no, gentile Roberto, come può aver notato dalle mie parole precedenti, non mi riferivo affatto a lei.
@xavier
sempre disposto a servirla e se del caso a indicarle tavola più consona …ma per il dito , mi ci lasci pensare, non sono così preparato.
@Roby
“Scusa Carlo, ma dove sta scritto ( o in che modo è implicito) che la filosofia di Severino intenda esser un “con-prendere ‘Omnia Res’ ”?
Non mi riferivo alla filosofia di Severino ma, in generale, alla presunzione dell’”io penso”“ di poter cogliere l’essenza delle cose, di tutte le cose, con spudorata tracotanza.
“questa tua affermazione sarà un “prodotto della mente umana”.
E ci mancherebbe che non lo fosse!
@Md
“la mia amica morta non lascia solo tracce nella mia memoria o negli atomi nei quali si è trasformata, essa è eternamente quella struttura che è stata, e una volta comparsa sulla scena dell’essere non ne può più recedere … o meglio è eterna.”
Questa tua affermazione, mutuata dal pensiero di Severino, può essere accolta come un assioma, cioè come un principio che viene assunto come vero perché ritenuto evidente da chi lo formula. A me quell’evidenza purtroppo sfugge.
Aggiungo: “la nostra mente … può concepire (o fingere) che gli enti siano … “qualsiasi cosa”. E’ un punto di vista, ontologico finchè si vuole, ma pur sempre solo un punto di vista.
Il mio approccio ai tema è diverso. Il dubbio sistematico mi tiene sempre per mano. Cartesio fu scienziato e filosofo. Solo l'”Ontologo” può ritenersi detentore di Verità sovra-dimensionate?
La categoria dell'”eterno” sinceramente mi preoccupa …
Buona Giornata.
Questa mattina avrei voluto proseguire rispondendo all’ultimo commento di Roberto a me, e mentre ero occupata nelle mie faccende ci stavo riflettendo. Ora però leggo tutti i commenti che sono seguiti e provo una spiacevole sensazione.
Ma utilizzo ancora quella mia frase che Roberto mi ha riproposto, chiedendomene conto:
“l’unica utilità della teoresi di Severino, per un discepolo intelligente, sta nel riuscire a liberarsene, passare dalla teoria alla prassi”.
Sappiamo tutti o quasi tutti, che fra le altre cose Severino indica l’occidente come il luogo dove il nichilismo ha potuto dispiegarsi alla massima potenza, manifestandosi con indicibile violenza. Inoltre Severino stesso ammette di essere lui stesso l’ultimo canto del cigno di un occidente in via di estinzione, e che il suo pensiero è esso stesso compreso appieno nel nichilismo. Vale a dire che non fa un passo al di là del nichilismo. C’è dentro in pieno. E i motivi, se non ricordo male, si rifanno alla volontà di potenza.
In questo senso, quando parlo di passare dalla teoria alla prassi, intendo dire che sarebbe giunta l’ora di evitare di provocare altra violenza, e di riuscire ad allontanarsi dal nichilismo, percorrendo altre strade, altri modi.
Che l’essere sia, credo che non sia in discussione.
Però, se è certo che a cose fatte non si può dimostrare che le cose avrebbero potuto andare diversamente, ugualmente, è impossibile dimostrare che non potevano essere altrimenti.
Ma siamo noi uomini che creiamo il mondo “come” è. Che “poi” ciò che è non possa più non essere stato, è un fatto indiscutibile. Un fatto che, per quanto potremmo dare interpretazioni più o meno diverse, è evidente che un pugno in faccia non è una carezza per nessuno.
Per quanto mi riguarda la discussione dovrebbe quindi vertere sui “modi” del fare, delle azioni umane, appunto.
Prendiamo ad esempio il semplice fatto di poter esprimere un’opinione, scrivendola, e premendo il tasto invio. È chiaro che solo “dopo” che l’azione è stata fatta, essa è, e non può più non essere stata. (che possa essere eterna o meno, a me non interessa gran che, ma forse condivido con Carlo un certo qual brivido per tal categoria. Insomma, ne faccio tranquillamente a meno).
Ma “prima” di scriverla – nei modi in cui ognuno di noi “vuole”, o “può” scriverla ed esprimerla e renderla pubblica – quella scrittura ancora non era. Per questo è evidente che ognuno di noi è responsabile di ciò che scrive, esprime, e di come lo fa.
Allora, fra il poter essere di una cosa, un fatto, e la sua realizzazione effettiva, c’è di mezzo la responsabilità personale di averla fatta, appunto. Che è anche, per piccola che sia, la libertà di farla. O di astenersi, o di farla nei modi più gentili o civili, o più prepotenti o violenti.
Quindi, qualsiasi siano le interpretazioni dei fatti che vengono alla luce – sui quali potremmo avere delle opinioni diverse, ma che dovremmo tendere a condividere in massima parte per il bene comune – non si può scansare la responsabilità di averli fatti essere nei modi in cui sono stati compiuti, da chi li ha compiuti.
Passare dalla teoria alla prassi, allora, significa essere consapevoli della responsabilità di ognuno di noi di far essere le cose, gli eventi, le azioni, in un modo (ad esempio nichilista e violento) anziché in un altro modo (meno nichilista e violento).
La “terra che salva”, come direbbe Severino, o in ogni caso la “salvezza” del genere umano e del pianeta dal nichilsmo e dalla violenza, di sicuro non verrà da sé, ma eventualmente solo con l’impegno in tal senso di ogni essere umano, o per lo meno della maggior parte.
Che difatti è proprio questo che non mi piace del discorso di Severino: che non metta in campo la responsabilità umana, anche individuale. Lui si ferma lì. Siamo noi che “dobbiamo” proseguire. Oppure, se vogliamo, possiamo proseguire sbranandoci a vicenda. Ma sinceramente non vedo quali vantaggi ne potremo ricavare.
“Avrei dovuto”, “avrei potuto” fare altrimenti? Mi sono comportato nel modo migliore possibile? O le mie azioni non hanno fatto che ricalcare il solito nichilismo prepotente e violento?
Queste sono le domande da porsi, ognuno di noi, e in solitudine, prima di agire. Questo prima ancora di muovere un dito o un sopracciglio, o anche solo prima di premere invio …
(e prima ancora di mettersi a studiare l’ontologia di Severino)
buona serata
A me, per esempio, mi sembra più umana (scusate la parola!) la filosofia di Epicuro. Dal fatto che noi siamo un insieme di atomi che poi si dissolveranno nel tutto e quindi da questa volatilità, ma insieme concretezza, della vita, lui trae la morale della pace dell’anima dell’amicizia e della non paura della morte.
Non poco per un’epoca terribile come quella in cui visse.
@rozmilla
Alcune boutade, e se dessimo troppa importanza a ciò che viene prima dell’azione? L’ignoto futuro? a questa volontà appunto di creazione e di trasformazione del nostro futuro? Poichè sembrerebbe a questo punto essere d’accordo per metà con Severino , lo sarebbe quando ormai l’azione è fatta , per il passato , ora non è più per un segmento con inizio e fine, dove prima c’è il nulla dominato dalla contingenza e poi c’è il nulla dominato anch’esso dalla contingenza ora sembrerebbe più tifare per una semiretta ove solo poi c’è, per le cose a venire, il dubbio che vengano o meno che dal nulla appaiano.Allora vediamo, se potessimo viaggiare alla velocità della luce il tempo si fermerebbe e non solo il tempo ma anche le nostre azioni cesserebbero , in quanto saremmo fermi, praticamente immobili e di massa/energia infinita. Più alcuna azione, forse che le azioni sono pura illusione?forse che giá viaggiamo alla velocità della luce? Beh rispetto alla luce di sicuro, voglio dire che se un uomo si potesse sedere su di un raggio di luce per farsi trasportare è proprio quello che ho prospettato prima che lui osserverebbe di noi.
L’interruzione del tempo, alla velocità della luce (come dice Superman) è la dilatazione all’infinito dell’istante che appunto è (così) eterno, ma questa non è ontologia, questa e fisica relativistica, fisica che ha riscontro in laboratorio e non solo come teoresi, almeno per come si comporta la materia a velocità altissime, poichè ci vorrebbe energia infinita per raggiungere la velocità della luce, ma a noi questo poco importa in quanto per inferenza, visto il comportamento dei materiali a altissime velocità, appunto cavalcando la luce giungeremmo a dimostrare ciò che Severino fonda senza bisogno di dimostrazioni.Ma la fisica e la filosofia un tempo erano la stessa cosa (almeno questo è ciò che dice Cacciari).
…io butto la spugna!!!
Forse riesco a comprendere quello che scrivi, ma solo fino ad un certo punto.
Mi pare che poni la questione se “le cose vengono dal nulla, e tornano nel nulla”; tema molto caro a E.S.
Certo prima dovremmo intenderci cosa intendiamo per “cosa”. Se per esempio per “cosa” ti riferisci ad esempio alla sostanza spinoziana, ossia alla materia di cui è composto l’universo, essa “è” nel suo complesso divenire, senza cessare di essere e senza aver avuto alcun inizio. Quindi potremmo dire che essa è un ininterrotto essere senza inizio né fine. Ma anche questa affermazione potrebbe essere soltanto una congettura. Prova a pensare alle recenti scoperte della fisica, come ad esempio i buchi neri – che sarebbero degli enormi buchi, appunto, che fagocitano e risucchiano la materia, e di cui non sappiamo nulla. Per questo anche il concetto di “sempre” e di eternità, è solo un concetto rapportato alle nostre menti umane, relative, che misurano il tempo sulle dita dei piedi e delle mani o poco più.
Diversamente, ognuno di noi umani “mortali” (e anche E.S. lo dice chiaro) ossia ogni essere umano con storia personale, ha avuto un inizio e avrà una fine. Però mi sembra evidente che nascita e morte, ossia il lasso di tempo di una vita, siano consequenziali in una catena di cause ed effetti che da una parte li hanno preceduti, e dall’altra avranno degli strascichi e lasciti a venire. Noi siamo nati dai nostri genitori, che erano nati dai loro, e avremo dei figli che continueranno a vivere (forse) qual qualche tempo.
Ma anche le cose che facciamo, come essenti (essenti che non sono dei ni-enti assoluti, ma dei quasi-ni-enti), ossia tutto ciò che produciamo in termini di lavoro, affetti, “cose” che facciamo, ovviamente hanno e avranno ripercussioni sulla realtà delle cose effettive e rimarranno per un certo lasso di tempo, a seconda dell’entità della cosa stessa.
Notare, le piramidi sono ancora là nel deserto dove gli antichi egizi le avevano edificate. E noi ora ci andiamo a visitarle in veste di turisti. Negli anni ‘50 (mi pare) è stato inventato l’amianto, e ancora adesso c’è gente che ci muore, e altra continuerà a morire solo per quella causa. Ergo: la storia è consequenziale, soggetta alla catena di causa ed effetto.
D’altra parte non possiamo nemmeno evitare di produrre qualcosa per vivere, per nutrirci, per vestirci e altro ancora, dato che abbiamo dei bisogni. Quindi il credere di poter fare a meno di tutte le nostre “tecniche” credo proprio sia un’illusione.
L’unica cosa che possiamo fare, è cambiare le tecniche da invadenti e violente, in tecniche deboli, rispettose e meno invadenti.
Questa prospettiva “deve” (può) valere sia per ognuno di noi, come individui, e quindi i nostri modi di essere, che per l’umanità nel suo insieme.
Poco fa ho letto un post di Michela Marzano.
Leggetelo, è facile e molto interessante:
http://marzanomichela.wordpress.com/2012/11/08/la-realta-e-sempre-complessa/
In chiusura Michela scrive che “la realtà è complessa e a volte contraddittoria. Le migliori definizioni sono quelle che non riducono le persone e le cose ad una serie di caratteristiche immutabili, ma di permettere che la sofferenza che è presente nel mondo non aumenti, come diceva Albert Camus, ma diminuisca”.
errata corrige:
“la realtà è complessa e a volte contraddittoria. Le migliori definizioni sono quelle che non riducono le persone e le cose ad una serie di caratteristiche immutabili, ma QUELLE CHE PERMETTONO che la sofferenza che è presente nel mondo non aumenti, come diceva Albert Camus, ma diminuisca”.
Io proverei a dire che il complesso è rispetto la realtà un suo contraddittorio non capirei invece una realtà che è contraddittoria e come si configuri. Se fosse anche solo alcune volte contraddittoria , significherebbe che una cosa, un ente (la realatà qui)è e nello stesso momento non è , non capisco come possa accadere per lo stesso riguardo senza essere appunto contraddittori cioè detto in soldoni senza alcun senso.
siamo noi che diamo un valore agli enti, non il loro essere, quando parliamo di conseguenze buone o cattive dovremmo dire che le conseguenze, gli effetti di cause prime non sono né buone né cattive secondo l’essere, lo sono secondo l’esser uomo.
La discussione si è di molto arricchita e complicata – anche se mi pare che alcuni temi, obiezioni e controobiezioni siano ricorrenti (anche su questo blog).
Noto che severiniani e antiseveriniani (giusto per etichettare e semplificare) muovono obiezioni alle mie obiezioni – e del resto anch’io muovo obiezioni a ciascuna di queste posizioni, sia agli ontologi fondamentalisti sia ai detrattori dell’ontologia – il dubbio metodico appartiene anche al mio modo di ragionare.
Per quanto concerne alcune osservazioni di Roberto Fiaschi sull’autocontraddittorietà di ogni dire che non sia quello veritativo assoluto, è proprio di questo modo, che finisce però per autodirsi e autoriferirsi in maniera del tutto tautologica, poiché al di fuori della sfera dell’essere non c’è nessun dire e nessun indicare: l’essere è è è è è ed è l’eco di se stesso, nient’altro. Tanto è vero che il dire di Severino è il disco rotto che finisce per parlare un linguaggio mistico ed autoreferenziale.
In ogni caso ogni dire viene pur sempre da una monade, da un cogito, che riflette qualcosa del mondo “là fuori” – che rimane noumeno, indicibile, e Kant torna ad avere ragione.
Tra l’altro non vedo niente di scandaloso nel pensare che il “pensiero sia un prodotto biologico secreto da un cervello” – anche perché è, comunque, una teoria che ha un certo interesse.
Ovvio che la monade pone sempre un mondo, ed ogni monade può supporre di essere posta da un mondo, di non esserlo, né di esserlo né di non esserlo, ecc.ecc. – rimane il fatto che si tratti di una monade, perché comunque quelle sono le pareti invalicabili della pensabilità.
Che poi questa monade sia in grado di pensare ciò che la nega e la contraddice – l’essere – fa proprio parte del giochetto logico nel quale si è autointrappolata e pare crogiolarsi così bene.
Ma vorrei dire anche a Carlo che invece a me l’eterno non fa nessuna paura – semmai è l’immortalità a farmene. E che non è Severino che ha ispirato quei miei pensieri, ma una interessante lettura di Spinoza fatta da Deleuze a proposito del concetto di individualità – di nuovo “monadi”. Se però è la parola ad incutere paura – forse per quel riferimento a qualcosa come la dannazione eterna – bé, chiamiamola pure in un altro modo. Diciamo che, visto che con Severino concordo almeno su quella faccenda piuttosto scabrosa del nulla (anche se magari non in modo così ortodosso e fondamentalista), penso che ogni cosa non sia altro che una configurazione provvisoria e contingente (e lascio per ora perdere la differenza tra i due concetti) – ma ciò non ne fa un nulla, ma qualcosa, che dunque “è” sullo sfondo di un essere-sostanza che regge quel qualcosa. Un’increspatura, una piega dell’essere. L’eterno non ha cioè qui nessun significato temporale.
Ma visto che ho sproloquiato a sufficienza – soprattutto data l’ora tarda – per ora mi fermo qui. Sarà magari il caso che, prima o poi, rimetta un po’ ordine tra questi concetti e scriva qualcosa di un po’ più sensato ed ordinato. Ma per ora (come del resto sempre) tutto è maledettamente diveniente – il vero è il divenire di se stesso, come diceva Hegel, tanto per citare un altro filosofastro piuttosto ingombrante… – che però è un altro distruttore (inconsapevole?) della Verità con la maiuscola.
Dimenticavo: il riferimento a Cartesio mi fa venire in mente che non esiste solo un dualismo di tipo metafisico (che poi si riverbera nella concezione che abbiamo di noi stessi), ma anche se non soprattutto gnoseologico: una spaccatura che è interna al pensiero filosofico, che fino a Cartesio cerca di mantenere insieme due modalità di conoscere (Cartesio è appunto insieme ontologo e scienziato), ma che poi si divarica fino a non avere più nessun punto di contatto. Come succede anche in queste discussioni: e così tra “sinapsi” e “verità” c’è uno iato incolmabile. Ma, daccapo, queste concezioni possono benissimo convivere nella medesima mente, non ci vedo nulla di scandaloso: personalmente vivo la situazione umorale di sentirmi un giorno scienziato e contingentista e, il giorno dopo, metafisico e spiritualista.
Ondeggio – e non posso che chiamare “verità” questo ondeggiare.
Ed infine, sulla prassi: ribadisco – e su questo non ho ondeggiamenti da molto tempo – che l’ontologia, il modo in cui concepiamo l’essere, ha una valenza essenzialmente etica e politica – su questo Severino ha ragione, senonché non fa discendere da questa ragione nulla che ci possa “servire” o essere utile (del resto il suo discorso mette in discussione proprio ciò che è “utile” e ciò che è “volontà”, radice della violenza).
Ecco perché qualche tempo fa ho trovato interessante ripartire piuttosto da Spinoza, un pensatore la cui opera più “ontologica” si intitola, guarda caso, Etica…
Adesso una precisazione per Rozmilla sull’onda delle parole scritte da Roberto Fiaschi che ho sottovalutato e a cui nuovamente chiedo scusa… Quando incontrai Severino, e parlo di 3 anni fa, lo incontrai che avevo 39 anni e quindi penso abbastanza maturo, prima per me era un perfetto sconosciuto, la mia è una cultura scientifica con una passione particolare per la filosofia e la concettualizzazione.
Severino mi colpi tremendamente prima con una tesi di Cardone, che lessi d’un fiato e poi con i suoi scritti, perché: semplicemente perché Severino era un vagliano ( da Vaglia il mio cognome). Cioè tutto quello che sentivo, tutto quello che già prima di conoscerlo esprimevo , con rigore Severino lo sentiva e lo esprimeva nei suoi scritti e nei suoi convegni, semplicemente mi ci sono rispecchiato, ad ogni frase, ad ogni concetto, ridevo e quasi piangevo… ma non deve pensare che questo dipenda da qualche forma di malattia , come ad esempio la sindrome di Stendhal ( altro autore che amo per le letture leggere), poiché, terra-terra, quando Severino parla delle cose che non possono venire dal nulla e tornarvici se non contraddicendosi , semplicemente io lo dicevo da 10 anni prima di leggerlo sui suoi libri, quando Severino esprime il concetto che possiamo fare tutti gli sforzi possibili ed immaginabili per essere eccentrici all’assoluto ma l’assoluto è lì e siamo noi quel centro ( che siamo re), semplicemente io lo dicevo da 10 anni prima di leggerlo sui suoi libri. E così per moltissimi dei suoi concetti centrali la sua teoresi.
Le posso dire che spesso mi trovavo , o credevo di esserlo, in compagnia con lui sulla stessa sponda, ma voltando pagina, o rileggendola, poiché Severino , almeno per me e i miei limiti, bisogna leggerlo e rileggerlo almeno 5/10 volte altrimenti del suo pensiero non si capisce nulla e sfugge il centro, riguardandolo insomma d’un tratto me lo vedevo sull’altra sponda. Non so come spiegarglielo Rozmilla, ma, ormai, sapevo che le cose centrali della sua teoresi erano intimamente d’accordo con la mia di teoresi, quella che avevo formato nei miei primi 39 anni.Questa la chiami intimità , ma la smetta di chiamarla servitù o schiavitù, si , Severino è un mio intimo poiché Severino pensa quello che penso io delle cose del mondo,non tutte per carità, non tutte, ma quelle fondamentali, quelle centrali si.
…anche del concetto di Etica, che qui MD ripesca trasferendo la palla a Spinoza, è in Severino , ciò che ho sempre pensato io dell’Etica.
Severino la analizza l’Etica come farebbe per qualsiasi oggetto, da scienziato in filosofia, la esamina con un distacco par suo non ci si fa contro e non ci si invischia, Severino gli si allontana molto, come farebbe una poiana sul lago e, individuato il pesce, l’Etica, lo esamina in tutti i suoi diversi aspetti, anche quelli eccentrici appunto , anche quelli storici, per poi fiondarsi come l’animale, sulla preda, “davvero” da filosofo, cosciente del compito che lui assume nel farlo, lo stesso che l’animale ha per natura.
Severino è un animale filosofico e questa sua natura,questo fatto, gli deriva da questo concetto antropologico della filosofia che nasce da Thauma, trauma- ciò che viene colpito e perché è colpito deve reagire al colpo o subire il colpo, come per tutti gli animali che debbono nutrirsi o si lasciano morire. In definitiva in lui c’è una forza sovr-umana (animale) dettata dal bisogno, da necessità.
…di differente Severino ha, dagli altri filosofi, e molti in voga di questo nostro periodo storico, che non si lascia morire…
@Alessandro:
mi puoi dire quali libri esattamente hai letto di Severino?
non molti:Struttura Originaria, Essenza del Nichilismo , , Thecne l’origine della violenza, Oltrepassare, Oltre il linguaggio, la storia della filosofia sfogliata qua e là.a si l’intima mano. COn i titoli non sono forte potrei aver dimenticato qualche articolo ma i libri sono questi…
naturalmente la Struttura Originaria non l’ho letta per primo come libro e oggi ancora stento a pormi sulla stessa riva di Severino , pur capendo intimamente quello che “vuole” comunicare.
ma oltre a Severino, hai letto dei libri di altri filosofi?
Poi ho seguito con maniacale intensità e con profondo interesse i corsi on-line quelli di diotimaquatroduetre per ciò che concerne l’esoterico e Luca Moretto per ciò che concerne l’essoterico.Direi che molti dei contatti sono miei e ripetuti… ma questo non è solo per Severino.
la mia casa è ricoperta di volumi di filosofia…ma nessuno mi coinvolge come Severino , nemmeno l’artigiano Aristotele, nemmeno l’oscuro Parmenide, nemmeno il matematico Platone, nemmeno l’invadente Socrate, nemmeno il dialettico Eraclito, nemmeno il trascendentale Kant o lo spirituale Hegel o il moderno Montaigne ecc…
…lei deve dirmi rozmilla , quale è il suo lavoro… io qualche cosa di me le ho detto , sia gentile ora lei con me…
Ti capisco …
Un tempo avevo trovato molto interessati le lezioni veneziane, in particolar modo “L’identità della follia”, che è una trascrizione di una serie di lezioni universitarie. Non so se consigliartelo, ma potrebbe essere una lettura interessante anche per te, dato che, come me, immagino tu non abbia frequentato corsi universitari. Potrei quasi assicurarre che è una lettura più “umana”.
Il mio lavoro? Niente di preciso, faccio la mamma e cerco di tenere insieme casa e famiglia, senza riuscirci molto, ultimamente
…buon lavoro con la famiglia allora, non è un lavoro facile, ma è un lavoro necessario e per me (come credo per gli altri che lo fanno) ricco di soddisfazioni…Leggerò anche L’identità della follia, anche questo è necessario 🙂
Sì, leggilo. Ma, se posso permettermi un suggerimento, dopo tre anni di studio appassionato di Severino forse potresti provare a tenerlo in considerazione, sì, ma con un maggiore distacco. Passo passo, vedrai che il distacco è l’atteggiamento più appropriato per un aspirante filosofo, come per chiunque, del resto. E anche questo forse è necessario 🙂
Ok, ora vado: ho molte di cose da fare. Ciao
@ MARIO
Ti ringrazio per avermi definito “ontologo fondamentalista”, ma vedi, una disciplina la si sviscera fino in fondo oppure niente. Se posso accontentarmi che 1 + 1 faccia 2, dovrò altresì prendere in considerazione anche che 10’000 + 10’000 faccia 20’000 …
Comunque, circa “l’autocontraddittorietà di ogni dire che non sia quello veritativo assoluto”, è proprio delle teorie come quella espressa a proposito della monade. Ci devi fare i conti, non ti puoi limitare ad accettarla sol perché ti piace.
La contraddizione non è un sovrappiù inessenziale, ma ciò grazie al quale una tesi sta o cade.
Pertanto, quando dici _ riguardo al dire veritativo _ che esso “finisce però per autodirsi e autoriferirsi in maniera del tutto tautologica, poiché al di fuori della sfera dell’essere non c’è nessun dire e nessun indicare: l’essere è è è è è ed è l’eco di se stesso, nient’altro. Tanto è vero che il dire di Severino è il disco rotto che finisce per parlare un linguaggio mistico ed autoreferenziale”, affermi _ implicitamente ma ineludibilmente _ che l’unico dire possibile sia quello non-veritativo, giacché hai appena sostenuto che quello veritativo è autoreferenziale, ossia sarebbe _ a tuo parere _ un “autodirsi”.
Tra l’altro ti faccio notare _ ‘en passant’ _ la paradossalità della tua definizione di “autoreferenzialità” circa l’essere, proprio tu, che ti rifai alla monade, la quale altro non è che l’apoteosi dell’autoreferenzialità assoluta, col risultato paradossale appunto, che tu criticando l’essere in quanto autoreferenziale, critichi al contempo ANCHE ed a maggior ragione, la tua predilezione per il concetto di monade, ma come t’ho accennato ieri, queste son alcune tra le molte contraddizioni che scaturiscono allorché si crede di metter fuori gioco il linguaggio “veritativo” in favore di uno soltanto plausibile …
Procediamo con ordine.
Dici: “In ogni caso ogni dire viene pur sempre da una monade, da un cogito, che riflette qualcosa del mondo “là fuori” – che rimane noumeno, indicibile, e Kant torna ad avere ragione”.
No, Kant aveva torto; scusa la perentorietà, ma Hegel non ha parlato invano. Il “noumeno indicibile” è un presupposto, per di più _ nuovamente _ contraddittorio, cioè IMPOSSIBILE.
Perché ?
Perché 1): in quanto presupposto, non è più “indicibile”, bensì detto, e detto in quanto è conosciuto COME noumeno.
2) In quanto così CONOSCIUTO, esso non è più la”COSA IN Sé” inconoscibile, ed è pertanto esso stesso un qualcosa che APPARE, e se appare, non è la cosa in sé.
Potrei continuare …
3) Questo riferimento a Kant, in relazione al discorso severiniano, è del tutto fuori luogo, poiché il discorso sull’ente non prevede né implica assolutamente una qualche “cosa in sé”, nascosta ed inaccessibile, essendo l’ente, ciò che appare per come appare nel modo in cui appare.
Punto successivo.
Dici: “rimane il fatto che si tratti di una monade, perché comunque quelle sono le pareti invalicabili della pensabilità”.
Quel che qui affermi è una fede, un qualcosa cioè, assunto come valido perché ti pare plausibile. Se la faccenda stesse come affermi tu, allora ANCHE la tua convinzione secondo la quale: “Che poi questa monade sia in grado di pensare ciò che la nega e la contraddice – l’essere – fa proprio parte del giochetto logico nel quale si è autointrappolata e pare crogiolarsi così bene” , è convinzione che toglie se stessa, cioè si auto-nega, perché è un’affermazione autoreferenziale e pertanto senza possibilità di avere una presa sulla realtà delle cose, quindi senza presa veridica nemmeno sulla convinzione di essere una monade costituita da pareti che ne impedirebbero il pensare la verità.
Insoma, la tua convinzione si auto-nega, si toglie col suo stesso esser posta, perché appunto è autocontraddittoria.
Nel momento in cui affermi che tali pareti rendono impossibile la pensabilità veridica di ciò che vi sarebbe all’esterno, affermi l’esterno come ambito CONOSCIUTO, ossia presupponi ciò che intendi negare col ricorso appunto alla monade. In tal modo, la monade non può più esser quella pretesa monade che tu vorresti fosse, bensì sarà una finestra aperta.
Stando quindi alle tue premesse, queste stesse tue premesse _ espresse, ripeto, nella frase “che poi questa monade sia in grado di pensare ciò che la nega e la contraddice – l’essere – fa proprio parte del giochetto logico nel quale si è autointrappolata e pare crogiolarsi così bene” _ sono esse stesse quel “giochetto logico” del quale parli, e come tale la tua è convinzione che non convince, appunto perché si nega da sé, è impossibile, ha un contenuto semantico uguale a ZERO. Mi spiego ?
Se e poiché _ immagino _ intendi affermare qualcosa dotato di senso e che abbia presa su una certa parte di realtà, allora enunciare una contraddizione significa non enunciare alcunché di significante, e come tale non potresti oppormela come contro tesi alla “mia” …
Questo è quanto, per ora Mario, grazie e scusa della lunghezza …
In seguito, se vorrai, bisognerà chiarire il significato di “essere”, o meglio di “essente”, perché da quanto dici mi sembra che siamo su due piani diversi.
Roby
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@Md
Solo tre postille.
Spinoza ha uno suo fascino irresistibile. Conserva il dualismo di Cartesio, sostenendo che “le cose e le idee sono rispettivamente i modi di essere dell’attributo estensione e i modi di essere dell’attributo pensiero”, quindi due “stati” (determinazione scientifica) della Sostanza (la Materia). In sintesi: il cervello e il pensiero dal esso prodotto, sono figli della materia-sostanza, che sola può essere definita “eterna”. Mentre i suoi attributi sono necessariamente “contingenti” e “datati”. Così come tutte le verità prodotte dall’uomo.
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A proposito di “eterno”, sul dizionario Treccani leggo: eterno,”ciò che si estende infinitamente nel tempo, che non ha principio né fine, detto spec. di Dio e dei suoi attributi ..
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Tu dici: “e così tra “sinapsi” e “verità” c’è uno iato incolmabile”.
Questo iato, se “incolmabile”, renderebbe vano il tuo “ondeggiare” perché una sponda (sinapsi) non può essere collegata all’altra (Verità) da un ponte logico, che dovrebbe essere, visto il tuo assunto, infinito. In realtà il ponte è la madre-sostanza, che attualizza il collegamento logico fra i due attributi, ri-conducendoli ad unità (un giorno scienziato e contingentista e, il giorno dopo, metafisico e spiritualista). Con una precisazione, che prescinde dall’umoralità: i due stati sono in ognuno di noi ineluttabilmente sovrapposti (schizofrenia, dal greco σχίζω (schizo, divido) e φρενός (phrenos, cervello).
Buona Giornata
interrogarci sull’essere? a che scopo? quando solo nella crepa dell’essere, cioè nel non-essere, vale a dire in ciò che ancora non è, esiste la possibilità che ancora qualcosa sia?
Interrogarci sull’essere è interrogarci sul passato. Interrogarci sul non-essere è interrogarci sul futuro. Quello che può essere: il possibile.
@profeta d’ora in poi P e io A
P: Cioè, se tutto è eterno (e questo non l’ho mai messo in discussione), come potranno esserci sempre nuovi eterni nell’apparire? Nell’apparire, gli esseri, come possono essere, insieme, eterni e infiniti (cioè non numerabili)? Questo il problema non risolto né accennato da Severino…e per me è il più grosso e complesso problema della sua filosofia.
A:il tutto che è eterno non sono gli eterni che sopraggiungono nel tutto, infatti ogni essere è determinato anche l’esser tutto, anche gli eterni che appaiono: questo dilemma che pone come illusorio è risolto da Severino all’interno della contraddizione C, contraddizione che si toglie amplificando all’infinito il suo significare e non negandolo come è per le contraddizioni cosiddette normali.
Dopo questo, il seguito che dice Profeta è incomprensibile e comunque su strade diverse da quelle percorse da Severino.
P:Beh, allora, a mio avviso (avendo letto ben 24 suoi libri), bisogna salvare, nel discorso di Severino, solo la parte dedicata all’impossibilità di divenire altro, cioè bisogna salvare la tesi (e le relative motivazioni) “Tutto è eterno”. Il resto è, per me, da rivoluzionare, da cambiare radicalmente. poiché la verità dice che tutto è eterno, è inevitabile dire che il movimento non solo non è un uscire e un rientrare nel nulla, da parte degli enti, ma non è nemmeno un apparire e uno scomparire degli enti eterni. E quindi : poiché tutto è fermo, il movimento è, soltanto, la materia di una interpretazione, di una credenza che si illude di vedere il movimento delle cose.
A: a parte che è comprensibile da queste parole che Profeta non è severiniano, lo dice lui stesso, altrimenti abolirebbe dal suo linguaggio il termine “salvare” e “rivoluzionare”, termini più convenienti a “volontà” che a “necessità”, a parte questo, che riguarda un linguaggio inscritto nel perimetro di non-verità, se parliamo in quello di verità , se la verità è ciò che sta in luce e ciò che sta in luce è ciò che è illuminato, come per la luna la parte che vediamo ma esiste anche quella che non vediamo (non-appare come il contraddittorio di ciò che appare e quindi il negativo che si completa con il sopraggiungere dell’apparire dei sopraggiungenti, negandoli) e che vedremo o che già abbiamo visto ( il quasi-tutto della luna appunto) , allora l’apparire non significa il venire dal nulla come l’essere non significa il venire dal nulla anche per ciò che è il determinato dell’apparire che appare appunto nel suo essere quasi-tutto di quel tutto che non compiendosi per i motivi che lo rendono incompiuto, la contraddizione C, si completa all’infinito.
La contraddizione C:
La tematica all’interno della quale ci stiamo muovendo può essere delimitata storicamente dall’asserzione husserliana tra l’apodittico e il concreto, Husserl la indica con varie terminologie, ma ciò che conta è che Husserl ha chiaramente in vista che un’affermazione può essere chiaramente incontrovertibile e tuttavia può non riguardare la totalità dell’essente. E è una distinzione che viene spesso perduta di vista.
Mi viene in mente una discussione che ebbi a suo tempo con Gadamer dove Gadamer sulla civiltà delle macchine rifiutava sostanzialmente l’incontrovertibile perché l’incontrovertibile non è un sapere onnisciente, qui è chiara la fusione (esigenza) tra l’incontrovertibile e l’esaustivo: l’incontrovertibile è un sapere soltanto intorno il tutto. Questa esigenza del contemporaneo ha una ragione profondamente storica.
Il vero è l’intero, e l’intero è la totalità dell’essente che non lascia fuori di se alcunché.
Allora il cortocircuito che si crea, allora non ci può essere alcuna affermazione incontrovertibile che riguardi il contenuto parziale, se un’affermazione riguarda la parte essa non può essere incontrovertibile.
Se il tutto non è d’innanzi.
Se Il significare come totalità non sta dinnanzi circondando gli essenti che si manifestano, allora l’insieme effettuale di essenti che si manifestano è certamente aperto all’irruzione che può travolgere e stravolgere la legislazione secondo la quale si costituisce la parte.
Appaiono gli essenti ma all’interno dell’omniavvolgente (che non lascia al di fuori alcunché) che costituisce il tutto appunto, l’essente.
D’altra parte, gli essenti si fanno continuamente innanzi, appaiono, scompaiono, e questo significa che la totalità degli essenti determinatamente manifesti non è la totalità concreta esaustiva degli essenti.
Se prendiamo la totalità ad esempio determinata dalla configurazione attuale degli essenti, e cioè degli eterni, basta che alzi il braccio perché questa configurazione si manifesti come parte, perché quella configurazione non includeva il mio braccio alzato.
Basta il minimo dei sopraggiungenti, perche ciò su cui essi sopraggiungono si manifesti come parte, e allora , se da un lato gli essenti si manifestano nell’orizzonte della totalità, e se d’altra parte ogni configurazione che via via va manifestandosi degli essenti, si manifesta come ciò su cui altri essenti, altri eterni sopraggiungono e allora questo significa appunto che le configurazioni via via manifestandosi degli essenti non costituiscono la totalità concreta degli essenti, intendendo per totalità concreta ciò che includendo assolutamente ogni determinazione non tollera il sopraggiungere di altre determinazioni.
La situazione a questo punto dovrebbe presentarsi come “aporetica” .
Da un lato le determinazioni appaiono nel tutto e il manifestarsi come parte si costituisce nel manifestarsi del tutto.
Da un lato le determinazioni appaiono nel tutto, quel tutto che sta dinnanzi quando diciamo che questa è parte, è parte di che, di una più ampia, si, di una parte ancora più ampia .
Si, ma il manifestarsi come parte si costituisce come il manifestarsi del tutto, gli essenti si manifestano nella totalità degli essenti, e d’altra parte il contenuto concreto, quello che prima ho chiamato le configurazioni degli essenti, che via via sono raggiunte e oltrepassate da sopraggiungenti, proprio perché sono raggiunte e oltrepassate tali configurazioni non possono essere il tutto concreto, c’è altro c’è appunto il sopraggiungente .
Se questa è la situazione, se da un lato ciò che appare, appare nella totalità e dall’altro lato ciò che appare, le diverse configurazioni, non è la totalità, e allora questo apparire della totalità di cui il contenuto non è la totalità è una contraddizione anzi è una forma emergente della contraddizione, appare la totalità ma il significato della totalità promette più di ciò che può mantenere.
Dice: “io sono la totalità” e tuttavia non mantiene questa promessa perché il contenuto determinato che ha dinnanzi è quella configurazione che si fa raggiungere e oltrepassare da altre determinazioni.
La contraddizione comunemente intesa è appunto l’affermazione che nega ciò che essa afferma: x è e non è y, la sala è la sala e il parco, oppure e veniamo alla contraddizione massima l’essente è il niente che è come dire l’essente è il proprio altro.
Allora quello che abbiamo chiamato la contraddizione normale è la contraddizione che compariva in quella sequenza quando dicevamo il destino è l’apparir sé dell’essente e cioè del suo non l’essere altro, l’esser altro è l’esser niente è la contraddizione dominante rispetto alla quale tutte le altre sono specificazione, questo tavolo non è questo tavolo è una specificazione della contraddizione dominante questo essente non è l’essente ed è a questa contraddizione che si riferisce Aristotele nel libro quarto della Metafisica quando formula il principio fermissimo che nei suoi analitici chiama antifrasi: il contraddire, ma il contraddirsi.
Nell’esposizione del principium firmissimum Aristotele dice: è impossibile che la stessa cosa convenga e non convenga alla stessa cosa.
Ora questa che è la contraddizione che abbiamo chiamato normale è ciò che è proibita dall’episteme, se usciamo dal nichilismo dell’episteme che è tale perché non riesce a mantenere le proprie promesse, non riesce a mantenere il non esser altro da parte dell’essente, ciò finisce col pensare anzi, fin dall’inizio pensa che l’essente è niente, se usciamo dal nichilismo allora la negazione del destino è la negazione dell’esser sé dell’essente:
La contraddizione è tolta se la contraddizione è negata quanto al suo contenuto.
La contraddizione normale è tolta solo se se ne toglie il contenuto.
Se l’affermazione contraddittoria è: il rosso è non il rosso, il suo togli mento è negare questo contenuto.
Negare la contraddizione significa dire che il rosso è rosso oppure significa dire che il rosso non è non rosso.
Questo è il modo in cui la contraddizione è tolta da Aristotele, in tutto il pensiero greco, in tutto il pensiero moderno, in Kant, da Hegel.
La dialettica dice Hegel è Tautologhein, “il dir lo stesso” .
Questo dice lo stesso autore nell’introduzione della grande logica.
Il che vuol dire che la negazione del metodo dialettico è una contraddizione, il che vuol dire che la negazione del metodo dialettico è quella contraddizione che è tolta quindi togliendo il suo contenuto e cioè affermando il metodo dialettico.
La dialettica dice Hegel è Tautologhein, “il dir lo stesso” .
Negare il dir lo stesso è il contraddirsi che viene tolto, sto ripetendo, togliendo il contenuto del contraddirsi e cioè la negazione della medesimezza di ciò che è detto.
Ecco questo è il toglimento della contraddizione normale.
La contraddizione è intesa in questa sua forma normale dove l’oltrepassamento della contraddizione è la negazione del suo contenuto.
La “contraddizione C” è l’apparire della totalità dell’essente dove la totalità non mantiene ciò che essa promette, perché il significare totalità è un esigere che ciò che appare in totalità non tolleri il sopraggiungere di alcunché, e tuttavia, il sopraggiungente si manifesta si che ciò che appare in totalità appare in qualcosa che non è ciò che essa significa, il significare totalità sta d’innanzi e tuttavia il disporsi di questo contenuto è raggiunto e oltrepassato per questo farsi innanzi di altri essenti e cioè di altri eterni.
Questa è la contraddizione che appartiene all’essenza del destino della verità, della necessità, questa è la contraddizione dell’incontrovertibile, l’incontrovertibile è contraddizione originaria, originaria vuol dire non è che il destino viene prima della contraddizione e poi sopraggiunga la contraddizione, no, proprio perché l’apparire della totalità è d’altra parte aperta al sopraggiungere di altri essenti allora stiamo dicendo “la totalità appare come totalità e non come totalità”, essa è in debito perché non esibisce non restituisce nel proprio contenuto ciò che la totalità merita si manifesti là dove qualcosa come totalità si manifesta.
Questa contraddizione non è tolta come quella che prima abbiamo chiamato contraddizione normale, le due contraddizioni hanno uno statuto diverso l’uno dall’altra.
In questo caso il togli mento di questa contraddizione è dato dal togli mento del contenuto di questa contraddizione e che cosa produce questa contraddizione?
L’assenza del contenuto totale, totale e totalmente esausitivo, è questa assenza che consente il sopraggiungere degli essenti che depotenziano a parte il già manifesto.
Ciò che produce la contraddizione è l’assenza della concretezza esaustiva delle determinazioni, esaustiva vuol dire che non ci può essere ombra che ecceda la totalità degli essenti.
Ma allora:
Se ciò che produce la contraddizione, che appartiene all’essenza del destino, è l’assenza della totalità delle determinazioni, allora ciò che toglie questa forma di contraddizione C non può essere la negazione del suo contenuto, ma l’intensificazione estrema dell’affermazione del suo contenuto, cioè l’affermazione concreta del suo contenuto, … il toglimento di questa forma di contraddizione sarebbe dato dall’apparire di quel tutto che non lascia fuori alcunché dal suo contenuto, questo sarebbe il suo toglimento, ma questo vuol dire anche che il progressivo sopraggiungere degli essenti nel cerchio dell’apparire appartiene al processo del toglimento della contraddizione C che appartiene all’essenza del destino, qualsiasi cosa appaia è il riempimento di una lacuna, gli spettacoli buoni o cattivi, orrendi o felici, tutti concorrono ad immettere nel contenuto parziale qualcosa che gli mancava, qualsiasi cosa appaia concorre ad immettere nel contenuto parziale qualcosa che gli mancava.
Questa affermazione la possiamo ancora circumnavigare in questo modo, questo microfono che tengo in mano è se stesso, però questo microfono in quanto appartiene alla totalità degli eterni è in relazione a ognuno degli eterni e se un qualsiasi degli eterni non appare, questo microfono stesso appare privo di qualcosa che necessariamente gli compete, quindi nella logica moderna o aristotelica analitica ma direi anche nella logica dialettica o lo stesso Husserl che prima sopra ho nominato si crede si di poter affermare l’apoditticità della proposizione di “questo microfono è questo microfono”, però l’esser sé di questo microfono così isolato dalla totalità che costituisce il contesto in cui questo microfono è, questo esser sé del microfono è un contraddittorio, o meglio è un contraddicente dell’esser sé del microfono, la contraddizione comincia a ridursi quando l’esser sé del microfono esiste nella sua relazione con il tavolo, con la sala, con tutti noi, con il cielo, con il passato, con il futuro e allora questo esser sé in relazione alla totalità va concretandosi e questo è il processo in cui la “contraddizione C” va riducendosi.
naturalmente chi parla qui sopra è Severino e lo fa in una sua lezione.
«Trastulli di bimbi le opinioni umane.»
(Eraclito, frammento 70)
ma Eraclito appunto, contrapponeva i trastulli di bimbi, le opinioni, con verità , la filosofia.
(…ovviamente ognuno che pretendesse di sapere interpretare il pensiero di un altro non sarebbe che l’interprete del pensiero di un altro e non altro, paradossalmente anche l’altro stesso nel momento di cercare di spiegare il proprio pensiero non sarebbe che l’inteprete del proprio pensiero)
Quello che io ho capito del pensiero di Severino: che l’essere è e non che non-è, che il pensiero occidentale a un certo punto(a partire da Melisso di Samo?) ha svoltato sulla via del non-essere.
Che Severino chiede continuamente conto al pensiero occidentale(ma ormai planetario) di questa svolta ab-errante.
Quello non ho capito: come può essere avvenuta questa svolta aberrante dal momento che l’essere è e non il non-essere.
Che cosa può volere dire “chiedere conto”.
impossibile leggervi tutti, soprattutto con l’attenzione che merita ciascuna vostra riflessione od obiezione; non dovrei occuparmi d’altro…
(d’altra parte molte delle obiezioni trovano risposta, poco importa se insoddisfatta, in quel che qui sono andato scrivendo e discutendo in oltre 5 anni – ma non posso certo chiedervi di andare a rileggervi post e commenti che ormai occupano, solo per la questione ontologica, un volume di svariate centinaia di pagine – ovvio che nessuna di queste raggiunge l’altezza di Severino, ma, appunto, io sono md, non Severino, monadi diverse – tra l’altro @Roberto Fiaschi – 1) non ho mica chiarito in che senso intendo “monade” e “2) la filosofia leibniziana è un laboratorio apertissimo, che si offre ad interpretazioni diverse, che è quel che mi interessa di più dei filosofi, altrimenti li assumo fideisticamente e mi metto mente e cuore in pace – smettendo anche di filosofare; 3) ma ci tornerò, non è qui il caso di aprire nuovi scenari del discorso.
Dunque mi limito a schizzare quel che penso sulla “questione ontologica”, ripromettendomi di scriverne con più agio e calma, prima o poi, magari in uno scritto un po’ più circostanziato.
Il problema di questi concetti è che sono “eccedenti” e soprattutto assiomatici e preliminari rispetto ad ogni discorso – lo costituiscono. Se io dico “essere” (così come “verità”), dico ogni cosa compreso il mio stesso dire – ed è del resto la dannazione originaria della totalità (che è concetto fondativo della filosofia e dell’ontologia, la “scienza” generalissima che ha come oggetto l’oggetto stesso, l’ente – e dunque anche se stessa e la sua ragion d’essere – con il rischio che ciò comporta in termini di petitio principii, circolo vizioso, surrettizietà, ecc.) – situazione che ho più volte indicato con l’immagine molto efficace del barone di Munchaausen che vorrebbe sollevarsi per il codino. Il pensiero, cioè, si incaglia in se stesso e gira a vuoto là dove fa coincidere se stesso con ogni cosa (essere, verità) – ecco perché ha ragione Platone, per poter filosofare occorre uccidere Parmenide, tagliare il codino del barone, e precipitare a terra (anche se poi lui non è così conseguente, lo sarà di più Aristotele). Lasciare agli dèi il cielo, occuparci delle cose terrene.
Kant – che invece ha moltissime ragioni, come molti altri filosofi – ci ha del resto avvertito dell’oceano di stoltezze, paralogismi, continue ondate di dialettica inconcludente che affliggono la ragione che si pone su quel territorio liminare – uso eccedente alle proprie facoltà che – ha ragione Carlo su questo – sono finite, limitate, biologicamente determinate.
Anche se poi lo stesso Kant è costretto ad ammettere che quello metafisico rimane un impulso ineliminabile della mente umana. Ecco perché, nonostante l’oceano di stoltezze e l’inconcludenza (cui anche Severino andrà infine incontro, nonostante tutta la sua ieratica sicumera), il pensiero ontologico e le sue domande estreme e radicali continueranno a sorgere.
Ma io continuerò a farmi domande – non elemosinerò né fedi né facili risposte. Soprattutto non accetterò mai che qualcuno me le consegni in forma di “verità”. Se le può tranquillamente tenere.
@Alessandro
Ah, io non la vedo questa contrapposizione, sai Alessandro?
La filosofia, o meglio, diciamo “i filosofi”, sono forse non-umani?
Forse c’è stato qualche filosofo dis-umano, o qualche altro filosofo che ha creduto di poter essere super-umano, ma in definitiva a guardarli bene ognuno di essi non è che un essere umano. Non ti pare?
E allora, come può un essere umano riuscire ad avere o conoscere opinioni non-umane?
O c’è “altro” che non sia opinione umana?
O c’è forse qualcuno tra noi che ha pranzato alla tavola degli dei?
O non è invece più verosimile che siamo tutti qui, soli e soggetti alla forza di gravità, su questo pianeta sospeso nel cosmo?
@rozmilla
no, assolutamente, i filosofi sono umani, il fatto è che sono più umani degli umani per l’uomo, questo dice Severino, Parmenide ed Eraclito, poichè gli umani si occupano di opinioni, dell’apparenza quindi , i filosofi si occupano della verità , dell’apparire dunque. Se la Luna la guardassimo con gli occhi degli umani e non l’avessimo già vista con quelli del filosofo, in questo caso per primo Parmenide, saremmo a dire, per opinione, che essa riluce di luce propria e senza dubbio sono tante quanti i giorni del tempo, ma, grazie proprio a Severino, anche questa opinione o apparenza che è apparsa come ente è inscritto nella verità, solo che lo sforzo dei filosofi è di mostrare la verità.
In fondo Severino è il più umano dei filosofi , lui ama definirsi un razionalista addolcito, ma non per piaggeria , ma perchè incorona ogni esser uomo re, lo incorona re poichè le opinioni come le supposte verità scientifiche sono vere allo stesso modo.
@Filosofiazzeo
chiedere conto significa risolvere appunto la contraddizione riducendola invece che amplificandola, se seguiamo la strada della notte non capita nulla di aberrante, solo che invece di giungere al destino ce ne allontaniamo, detto con parole meno sacrali (almeno così può apparire per chi non mastica i termini per quello che sono poiché in Severino destino è de-stino, lo stare) aumentiamo il contraddittorio , intensifichiamo la lunghezza che ci separa dalla verità, lo possiamo fare ancora per molto, con volontà, un poco come per lo stato di entropia , possiamo opporvi il senso della sua direzione solo con violenza, sulla parte e non sul tutto, solo con potenza, per ricadere subito dopo nello stato di entropia.
@ Alessandro Vaglia:
Per quanto mi concerne vorrei sotterrare l’ascia di guerra. Ho avuto modo di ammirare le immagini montane sul suo profilo fb. Non posso essere ostile verso chi ama e vive la montagna.
@Alessandro:
“In fondo Severino è il più umano dei filosofi (…) perchè incorona ogni esser uomo re, lo incorona re poiché le opinioni come le supposte verità scientifiche sono vere allo stesso modo.”
Ah sì, conosco questa cosa che dice Severino, che “l’uomo è già da sempre più in alto di Dio”; e che quindi ogni uomo sarebbe, non solo un Dio, ma più in alto di Dio. O Re, se vuoi.
Però: in che ruolo, o posizione si mette Severino in tutto questo? In questo decidere, affermare che ogni uomo è Dio, o Re?
Severino si pone al di sopra di tutti e tutto. Non ti pare?
Mi chiedo, e ti chiedo: perché lui? Chi mai gli ha conferito questo potere? E come fa lui a sapere queste cose con assoluta certezza?
a meno che … sia soltanto una sua opinione 😉
@Md
“quello metafisico rimane un impulso ineliminabile della mente umana”.
Mi chiedo e ti chiedo: può un filosofo, nell’atto del filosofare, essere “impulsivo”? Deve seguire il sentiero stretto, molto stretto, del “vero/falso” (livello cognitivo) oppure cavalcare le praterie sconfinate del biologico “buono/cattivo” ?
@ MARIO
Certo Mario, hai scritto cose molto sensate, come mi aspettavo.
Permettimi però due cose, iniziando dall’ultima che hai scritto :
“io continuerò a farmi domande – non elemosinerò né fedi né facili risposte. Soprattutto non accetterò mai che qualcuno me le consegni in forma di “verità”. Se le può tranquillamente tenere”.
Concordo; una “risposta” che chieda di esser accolta per “fede”, non può che tornare al mittente.
Tu però conosci il punto centrale della tematica ontologica prima, severiniana dopo: l’esser sé dell’ente, cioè il suo esser identico a sé e diverso dal proprio altro.
Domando: è questo un punto fermo, inoltrepassabile ?
Tutto qui. Ma come vedi, è un “tutto” di notevole ampiezza.
La tematica dell’identità dell’ente non è un qualcosa che rientri nell’affermazione “Lasciare agli dèi il cielo, occuparci delle cose terrene” , giacché l’identità con sé non è una questione di “cielo” né tantomeno di “dèi”, bensì concerne la possibilità dell’esser di una qualsiasi “cosa” (o situazione, accadimento, pensiero, sentimento, significato, etc.); non stiamo parlando del “divino” o del “totalmente altro”, al contrario: con “essente”, parliamo dell’immediatamente presente, di quanto di più vicino si possa pensare: l’esserci degli essenti. Punto.
Discende che quel che designi come “petitio principii, circolo vizioso, surrettizietà”, non può attenere a ciò che innegabilmente è in vista, si mostra, appare.
Quel che appare non rimanda ad un al di là ontologico da raggiungere, ad una sorta di “noumeno”, ma è già qui, è proprio il “qui ed ora”, e quindi non abbisogna nemmeno di “uscire” da una presunta monade, perché anche ammettendo che questa non raggiunga veridicamente il mondo esterno, o anche _ più radicalmente _ ammettendo che esista solo più tale monade, il discorso della verità dell’ente _ brutto termine “verità”, concordo con voi _ non per questo verrebbe inficiato, poiché si parla dell’ente in quanto tale (e la monade è un ente, non è un nulla), e come tale laddove essa appare (quand’anche soltanto a se stessi), appare la “verità” dell’ente, mi spiego ?
Ecco Mario, per non turbare le tue giornate (scherzo eh?), mi fermo qui …
Ciao,
Roby
@Carlo: non lo so. Ma so che un filosofo è sempre emotivamente situato – almeno su questa cosa Heidegger aveva ragione (anche se parlava dell’umano in genere, ma credo sia evidente che è proprio dell’umano farsi domande metafisiche, a qualsiasi latitudine, poco importa se se le faccia con sistematicità).
Quando il filosofo-umano si chiede: “che senso ha tutto questo”? “poteva anche non esserci l’essere?” “perché qualcosa e non il nulla?” non sono certo che segua il sentiero cognitivo e nemmeno quello etico. Una cosa però è sicura, che rischia di smarrirsi.
…allontanarsi dal destino? Come il cavaliere di Samarcanda?
E poi, se dall’essere non si può mai essere fuori, come è stato possibile allontanarsene? Forse che in verità (alétheia) non ce ne siamo mai allontanati?
@Roberto: il tuo discorso non fa una piega, e lo segue benissimo, e in parte condivido. Rimane però in fondo al ragionamento una domanda che anche un bambino (che di per sé è parecchio addentro nelle questioni filosofiche anche senza saperlo) potrebbe porre: e dunque? me ne cale qualcosa di questo algido essere-ente-essente che sta lì tutto d’un pezzo vero, luminoso (come la luna, per usare la metafora severiniana, che evidentemente la preferisce al sole platonico)? e io col ditino che indico, che faccio?
@Alessandro:
A parte che dire che “le opinioni come le supposte verità scientifiche sono vere allo stesso modo”, è fare di tutt’erba un fascio e non dire nulla di circostanziato, e quindi serve a ben poco, a livello pratico, quindi è un’affermazione … come dire … Md. la definirebbe “tautologica” che ancora una volta gira a vuoto.
Il sapere, che credo tutti possiamo condividere, sul fatto che per esempio la terra gira attorno al sole, e non viceversa, è una conoscenza cui si è giunti osservando la realtà e sconfiggendo il pregiudizio fondato sull’apparenza e sulla tradizione ortodossa dei testi sacri come la Bibbia. Saprai quanto Galileo sia stato ostacolato dalla chiesa e quanto abbia patito e combattuto per fare in modo che noi oggi non abbiamo più dubbi sul fatto che è la terra a girare attorno al sole, e non viceversa ?
Per questo sono convinta che il principale compito di un filosofo, come di uno scienziato, sia quello di sconfiggere i pregiudizi, e non quello di fondarne di nuovi.
Ma certo, mentre lo si sta facendo, può capitare talvolta di incagliarsi in un qualche pregiudizio …
@luca Ormelli
Ci mancherebbe, a volte sono impulsivo, ascia sotterrata.
@roby
Non sono d’accordo con lei su di un punto: Verità non è né brutta né bella parola, ma è parola da difendere e significa semplicemente come stanno le cose, e come stanno? In verità appunto. E come non stanno? In non-verità appunto.
@rozmilla
No, dire che le verità come le opinioni sono vere allo stesso modo , sempre riferendosi alla determinazione di verità per come l’ho esposta a Roby, cioè del come stanno le cose, significa semplicemente dire che in questo mondo ci sono le cose vere e ci sono le cose opinioni, o sbaglio.
Anche i pregiudizi stanno in questo mondo e Bellarmino aveva avvisato Galileo che secondo il pregiudizio allora anche il suo poteva essere un pregiudizio, ma Galileo in questo era meno scientifico e moderno di Bellarmino, colui che lo interrogava in nome della chiesa.
@ Alessandro Vaglia:
impulsivo lo sono stato anche io con lei. Dopodiché mi ricordo d’essere – anche – padre e mi riprometto di non esserlo troppo….
sulle Dolomiti di Brenta le suggerisco di leggere “A convegno sul Brenta” di Dario Wolf. Ma meglio ancora, come lei ben dimostra di sapere, di lasciarci correre lo sguardo.
@luca
Il Brenta è un paradiso, lo conosci, ma ci sono tantissime montagne che meritano e noi che viviamo questo angolo di paradiso siamo davvero fortunati.
…le cose non possono non-stare.
tutto E’ verità.
(come se uno dicesse che esiste la storia e la non- storia, ma la non-storia non esiste, tutto è storia)
“Quel che appare non rimanda ad un al di là ontologico da raggiungere, ad una sorta di “noumeno”, ma è già qui, è proprio il “qui ed ora”, e quindi non abbisogna nemmeno di “uscire” da una presunta monade, perché anche ammettendo che questa non raggiunga veridicamente il mondo esterno, o anche _ più radicalmente _ ammettendo che esista solo più tale monade, il discorso della verità dell’ente _ brutto termine “verità”, concordo con voi _ non per questo verrebbe inficiato, poiché si parla dell’ente in quanto tale (e la monade è un ente, non è un nulla), e come tale laddove essa appare (quand’anche soltanto a se stessi), appare la “verità” dell’ente, mi spiego ?”
No, non ti spieghi.
No è come dire che esiste la storia e la non-storia che è il suo contraddittorio , ad esempio l’orologio è non-storia e tutto ciò che si inscrive nel suo contraddittorio , queste parole ad esempio, tranne l’ assolutamente nulla, che “purtroppo” esiste come contraddittorio solo nel suo significare positivo.d’altronde esistono le opinioni o non esistono? È se non esistessero, come il determinarle?
Questo non significa affatto che tutto è storia, anzi…
…tutto, dicevo, è storia, vorrei precisare, per quello, intendevo, che riguarda la storia del mondo, cosiddetto, degli uomini, dove non può essere che sia ma esistitto nulla di non-storico, o che ci siano stai periodi fuori della storia o contro la storia (all’interno di questo mondo)
@ Alessandro:
purtroppo per me il Brenta e’ alquanto lontano da dove vivo ma ho i Lessini, specialmente il Carega a circa 1h di strada….
…quello che dicevo per considerare che in Parmenide (lasciando da parte il ranuncolo Severino) tutta l’enfasi del discorso è messa sul’ESSERE(il mondo della doxa non essendo mai considerato come non-essere, ma esso stesso nell’essere) un a-priori di essere per tutto quello che esiste.
È qui sta secondo me la forza di Severino, nel dare pari dignità ad ogni essente, ” la storia” e tutto ciò che esiste al di fuori della storia, tutti eterni, eterni che significano lo stare incontrovertibilmente.Lei filosofiazzero da invece troppo valore all’eterno “storia” trasformandolo, volendolo in qualche cosa d’altro,con quel tutto è storia,la estrema follia, no tutto è tutto e non storia.
Da noi esiste il Poggio di Testalepre, 412m.!
Non so se mi spiego…..
“Anche i pregiudizi stanno in questo mondo e Bellarmino aveva avvisato Galileo che secondo il pregiudizio allora anche il suo poteva essere un pregiudizio, ma Galileo in questo era meno scientifico e moderno di Bellarmino, colui che lo interrogava in nome della chiesa.”
Non ci sono solo i pregiudizi, in questo mondo, ci sono violenze e torture, perpetuate dalla chiesa cattolica in nome dei suoi pregiudizi “necessari”. Conosco questa storia, di Bellarmino, l’inquisitore della chiesa cattolica eccetera.
Ma , allora, mi piacerebbe conoscere il tuo giudizio storico su questo fatto. O devo ritenere che il tuo giudizio sia quello che hai espresso nella frase qui sopra? Ossia che “Galileo era meno moderno e scientifico di Bellarmino”, l’inquisitore e torturatore?
Ho perlustrato il Pasubbio lá, zona piacevolissima con le sue strade dolci e le case tutte in ordine, l’autunno dovrebbe restituire immagini Infuocate con quei boschi di faggi centenari.
chissà, forse è il fuoco dell’inferno …
@rozmilla
Per quanto concerne il pregiudizio mi sembra di aver risposto correttamente e cioè che se Galileo avesse dato retta a Bellarmino, avremmo oggi detto che Galileo è stato un precursore della scienza che ha come statuto l’ipoteticià dei suoi assunti, quella invece inaugurata con i Planck, Heisemberg,Bohr,ecc… Insomma quegli scienziati che, dopo Einstein e con la benedizione di Popper inaugurano la stagione del l’indeterminismo e della Falsificabilità, mentre Galileo si colloca nel periodo precedente poichè diceva: io scopro alcune delle tante leggi conosciute da Dio , rimane all’umanità il compito di scoprire le altre, Per Galileo, quindi, le sue non erano leggi controvertibili, fondate sulla ipoteticità o la probabilità, ma sulla loro incontraddittorietà, ripeto , meno moderno di Bellarmino in questo, poi , per ciò che concerne gli altri eterni da lei esposti, “violenze” e ” torture” , beh questo è un altro libro, se vuole lo leggiamo…
finalmente ci si è tutti quanti rilassati…
purché non si rilassi il pensiero, quello lo preferisco acuminato ed infuocato; anche se è vero che talvolta deve raffreddarsi, sedimentare, sostare – rimanere immobile e lasciarsi attraversare da… già, da che cosa?
Potevo anche dire natura. Impossibile stare fuori della natura.
Impossibile, sempre, stare fori a ogni cosa, siamo tutti presi dentro, non si scappa né dall’essere, né dalla storia, (pur nello sforzo di cambiarla ,dentro ci stiamo) né dalle molecole e dai succhi del corpo e del cervello, né dal, cosiddetto, ambiente esterno, buono o cattivo, né da nulla. Quanto agli “eterni” …che andessero a fare in culo!!!
Giusto, impossibile ( contraddittorio)stare fuori dall’essere che è la determinazione più grande che contiene tutte le altre anche la determinazione “… a fare in culo”. Naturalmente ognuno può avere la propria opinione, l’importante è che si distingua tra opinione e verità , tra apparenza e apparire. Questo dice Severino.
Anzi questo è la verità che Severino testimonia…
@Alessandro:
No no, non ci siamo. La risposta che mi hai dato non è un giudizio storico sulla chiesa e l’inquisizione. Ricordo che sostenevi che il periodo storico attuale non sarebbe ancora giudicabile, perché è trascorso ancora troppo poco tempo. Ma dal periodo storico dell’inquisizione, sono passati secoli. Quindi mi aspetto nonché pretendo una risposta!
@Alessandro:
ti consiglio magari di studiarci un po’ su, magari.
A meno che tu debba chiedere a Severino…
Sulla chiesa Severino è concorde che al pari del comunismo, già tramontato, siamo al suo tramonto, altra grande ideologia o se si vuole altro grande giudizio(filosofia) inscritto nel periodo dell’episteme, periodo destinato al tramonto, poichè ogni struttura che si opponga al divenire in epoca di volontà è struttura contraddittoria e per la sua soluzione, soluzione del divenire, è struttura obbligata al tramonto, gli dei creano noi non creiamo , ma noi creiamo, dunque Dio è morto, questa più o meno la costruzione del divenire, volontà di creare, e la conseguente distruzione dell’essere, volontà di morte.Ora sul punto , se la chiesa e l’inquisizione per la società sia stato un bene o un male è argomento inscritto all’Etica e Etica, sempre per Severino è il luogo dove l’uomo convive con la massima potenza, luogo di riparo, luogo che gli assicura,alleandosi con la massima potenza, le soluzioni per il riparo dai traumi: un tempo la massima potenza era Dio il demiurgo, il primo tecnico, adesso è la tecnica il nuovo dio, in termini temporali l’ultimo Dio.Non so se ho risposto ma ho dato alcuni spunti credo.
@ Alessandro:
concordo con te. Il Pasubio, a partire da Pian delle Fugazze, e’ magnifico. Un grande-piccolo comprensorio che passando per Monte Falcone congiunge il Carega. Certo le Dolomiti sono inarrivabili ma anche le Piccole hanno il loro fascino intramontabile. Se non ho visto male arrampichi o sbaglio?
Si, però amo il misto.
@ Alessandro:
se ami il misto sei un arrampamoicatore esperto. In Slovenia hanno avuto un filosofo-alpinista: http://en.wikipedia.org/wiki/Klement_Jug
Noi abbiamo avuto Rudatis:
http://www.angeloelli.it/alpinisti/file/Rudatis%20Domenico%20(1898-%201994).html
e Evola. E Anacleto Verrecchia, di cui sto leggendo il “Diario del Gran Paradiso”.
arrampicatore ovviamente…
…e per quale regione mai, stando tutto nell’essere, si avesse bisogno di distinguere tra opinione e verità, sendo “tutto compreso nella determinazione più grande che contiene tutte le altre”?
Non è tutto verità, dicevo, allora, cioè essere? (lasciando, ovviamente, perdere, le capriole di Severino)
La verità è un altro sguardo verso le cose, ma uno solo, un colpo d’occhio: che tutto è essere, e basta,
@Alessandro:
No, forse non mi sono spiegata bene. Non ti ho chiesto qual è l’opinione di Emanuele Severino, o cosa dice Lui.
Io ti ho chiesto qual è la Tua opinione. “Tua”: ovvero l’opinione di Alessandro Vaglia – sulla chiesa e l’inquisizione.
E guarda che non è necessaria una risposta eccezionale, bastano poche parole tue, come tra amici.
E magari pensaci e dormici su. Ci sentiamo domani.
Buona serata
@luca & alessandro: ma scambiarvi una mail o mettervi a chattare su facebook o da qualche altra parte?
(scherzo, naturalmente… continuate pure… però ieri l’altro vi tiravate sediate in testa e ora invece… le interazioni umane sono davvero piene di sorprese…)
@ ALESSANDRO
Sì, hai ragione in pieno.
Il mio giudizio deriva dal fatto che troppo spesso il termine “verità” è stato ab-usato per designare qualcosa che verità non era, anzi, in nome di tali pseudo-verità ci han rimesso la pelle in molti …
Roby
………………………
@ FILOSOFIAZZERO
Avevo scritto:
“Quel che appare non rimanda ad un al di là ontologico da raggiungere, ad una sorta di “noumeno”, ma è già qui, è proprio il “qui ed ora”, e quindi non abbisogna nemmeno di “uscire” da una presunta monade, perché anche ammettendo che questa non raggiunga veridicamente il mondo esterno, o anche _ più radicalmente _ ammettendo che esista solo più tale monade, il discorso della verità dell’ente _ brutto termine “verità”, concordo con voi _ non per questo verrebbe inficiato, poiché si parla dell’ente in quanto tale (e la monade è un ente, non è un nulla), e come tale laddove essa appare (quand’anche soltanto a se stessi), appare la “verità” dell’ente, mi spiego ?”
FILOSOFIAZZERO ha risposto giustamente:
“No, non ti spieghi”.
……….
E’ vero, mi son spiegato male.
In breve, parlavo dell’essente, dell’ente, delle “cose”, come di ciò che ora, attualmente, costituisce tutta la nostra vita, il nostro mondo, qualsiasi “cosa” ed evento, noi stessi inclusi, e non chissà quale remoto ambito da raggiungere con chissà quali ardite speculazioni …
Dunque, quand’anche esistesse un solo ente (nell’esempio mi riferivo alla monade), lì si dovrebbe fornire la stessa risposta alla domanda: “Che cos’è l’ente in quanto tale o considerato di per sé ?”, giacché considerare l’ente COME ente, significa prescindere da ogni specificità (= cioè dal fatto di esser un atomo, piuttosto che una montagna, una stella, un uomo, etc.), per considerare invece soltanto la condizione minima ma ineludibile che costituisce la radicale differenza tra l’esser un qualcosa anziché non esser del tutto.
Non so se ora va meglio …
Roby
………………………………………………………………
@ FILOSOFIAZZERO
“…e per quale regione mai, stando tutto nell’essere, si avesse bisogno di distinguere tra opinione e verità, sendo “tutto compreso nella determinazione più grande che contiene tutte le altre”? Non è tutto verità, dicevo, allora, cioè essere? (lasciando, ovviamente, perdere, le capriole di Severino) La verità è un altro sguardo verso le cose, ma uno solo, un colpo d’occhio: che tutto è essere, e basta,”
……….
Sì, certo, tutto è essere, ente, ma non tutto è verità, pur appartenendo, l’errore, alla verità.
Cosa significa ciò che ho detto ?
Significa che l’errore (= nel nostro caso il nichilismo, ossia la persuasione che l’ente provenga e torni ad essere nulla, quindi che l’ente sia IDENTICO al nulla), è quell’ente che non scorge la sua propria “natura” o verità, ossia cela a se stesso il suo esser un essente non soggetto all’identità col nulla: l’errore è persuasione di sé, cioè di esser verità.
Sorgerà subito la domanda: ma allora, CHI O COSA stabilisce che l’errore è tale e che la verità è anch’essa tale ?
La verità è negazione della propria negazione, ossia la negazione della verità è negazione di sé, dell’errore. Se qualcosa non si lascia negare in nessun modo, tale qualcosa è l’innegabile. L’errore, poiché si lascia negare, è negabile, dunque è errore …
D’altra parte, senza l’errore, come potrebbe darsi verità ?
Sono entrambi co-originari ed essenziali …
Roby
………………………………………
@ MARIO
Mario chiede: “e io col ditino che indico, che faccio?”
Fai quel che la tua vita di ogni giorno ti condurrà a fare; ma intanto, c’è una bella differenza tra sapere qualcosa ed ignorarlo …
Comunque, la metafora severiniana è in realtà buddhista …
Ciao,
Roby
……………………………………….
@filosofiazzero
Severino in questo caso , nuovamente, fa una considerazione intelligente e cioè specifica che anche lui nell’indicare quale sia la strada del giorno erra in coerenza con volontà, erra proprio in riferimento a ragione che nel nostro tempo è alienata dal vero senso delle cose.
Non avevo visto la risposta di Roby più tecnica della mia, diciamo più vicina ai primi scritti che agli ultimi.più in Essenza del Nichilismo.
…il nihilismo non si riferisce all’ontologia.
…che senza errore non potrebbe darsi verità è una affermazione che non credo, si trovi, per es. in Parmenide. In Severino si trova o sono vs, aggiustature esegetiche?
Non capisco come puoi dire che il nichilismo non si riferisca all’ontologia. Se intendi che il nichilismo è errore allora posso essere d’accordo, in questo senso si, il nichilismo è fuori dal discorso che l’essere è, non gli appartiene, ma da quando si è detto che l’essere non è il non essere quando non è allora il nichilista ha preso per la giacca l’essere e l’ha tirato nel suo mondo fatto di essenti che divengono nienti.
….il termine nihilismo in senso, direi, ormai, classico, non ha il significato di “essenti che divengono nienti”, ma “che i valori supremi si svalutano. Manca lo scopo. Manca la risposta al perché?”
Se lo riferissi all’ontologia potrei fare, magari, forse, del neoplatonismo?
@Alessandro:
Dal momento che non ti sei degnato di fornire sufficienti spiegazioni di quella tua frase:
“Galileo in questo era meno scientifico e moderno di Bellarmino, colui che lo interrogava in nome della chiesa.”
né mi sai dare una tua opinione o giudizio critico su chiesa e l’inquisizione, allora è necessario che te qualcuno te lo spieghi.
Il significato di una frase come quella è analogo a dire – ti faccio alcuni esempi chiar -:
“I nazisti erano più scientifici e moderni degli ebrei”; o al posto degli ebrei può metterci anche gli zingari o gli omosessuali, a piacimento.
Oppure è come dire “Lo stato d’Israele è più moderno e scientifico del popolo palestinese.”
Oppure: “La santa inquisizione era più scientifica e moderna di Giordano Bruno”.
E questo, non so se te ne rendi conto, significa deoggettivare la realtà storica! Significa falsificare la verità storica. Significa dire “MENZOGNE”
Perciò io, e non solo io, non la posso accettare. Dietro una frase come questa c’è tutta un’ideologia ben precisa, che passo passo conduce al negazionismo, passando per la de-oggettivazione della realtà storica. È una cosa gravissima, a parer mio, e non solo mio, ma di tutta la società civile.
Ma forse tu non te ne rendi nemmeno conto, visto che non fai che ripetere a pappagallo quello che dice Severino. E non riesce ad avere un pensiero tuo, nemmeno uno straccio d’opinione, senza fare il copia-incolla di Severino.
Tra l’altro ti informo che con questo genere di giochetti sporchi Benedetto XVII ha affermato che Galileo non aveva ragione, in ultima istanza, per le stesse sragioni insite in quella tua frase; sostenendo inoltre che tutto il sapere umano sfocia in antinomie (come appunto quella che oppone Galileo a Bellarmino) che possono trovare conciliazione solo in una forma di razionalità superiore. Dopodichè, è passato all’attacco rilanciando una Weltanschauung, giustificata due volte, tanto come visione del mondo lecita come qualunque altra e dunque non discriminabile, ma soprattutto come visione del mondo più vera, perché fondata «dalla sua iscrizione in una ragionevolezza più grande», e dunque discriminante rispetto alle visioni del mondo relativistiche.
Del resto anche il tuo Severino è sulla stessa lunghezza d’onda.
segue …
@Rozmilla
La mia opinione sulla chiesa.
Se giudichiamo dal punto di vista delle persone che per colpa della chiesa hanno sofferto sono d’accordo con te che la chiesa ha le sue belle responsabilità, ma questo giudizio è controverso poiché pretenderemmo da essa qualche cosa che essa non è o almeno non quello che è stata nel tempo. Con l’occhio rivolto alla sua filosofia, quella di Cristo, chi non condannerebbe la chiesa di oggi che facesse e si comportasse come faceva e si comportava nella storia passata? Ma nella storia passata la chiesa doveva sopravvivere e c’è, malgrado tutto, anche riuscita, ha avuto la sua ragione su chi la voleva soccombente. Preso per vero che lo scopo della chiesa è il bene comune, questo è evidente dalle parole di Cristo, e considerato che dalla filosofia scolastica si è giunti ha dar ragione alla fede, per quel tanto che si poteva fare, direi che tutto sommato sto istituzione non ne esce poi così malandata, pensa che ciò che pretendiamo dai nostri filosofi e dai nostri scienziati, i significati delle cose, la chiesa li raccontava e diceva al popolo, molto comunista in questo.Quello che è riuscita un tempo a fare, combattendo contro i suoi nemici,oggi diventa sempre più difficile in quanto ieri conveniva a Episteme ( verità che sta ferma-leggi eterne) convenienza che era di tutti, oggi filosofia dice che l’Episteme, quella che si oppone, guidandolo, al divenire delle cose (è discorso contraddittorio e , dato che in evidenza c’è il divenire, discorso che fa tramontare Episteme, discorso inscritto in non-verità, Dio è morto.
Per Severino la chiesa, almeno quella di Cristo e dei padri, è destinata al tramonto e quindi non pensare che vi sia un intento revisionista di alcunché, anzi non vi è più spietato nemico della chiesa di Severino.
Ma un nemico leale, un nemico che non guarda alle sciocchezze umane, ma al discorso di verità e per questo ben più pericoloso per la chiesa.
Per Severino la creazione di Dio è volontà di morte, pensa te.
Scusa non per Severino, ma sempre per Verità.
Riporto, a chiarimento, quel che Severino dice a proposito della nota metafora zen sul dito e sulla luna:
Severino:”Il dito indica la luna e può aiutare a spingere verso il tramonto il dito che indica la terra isolata. Il carattere problematico della capacità del dito di indicare la luna non investe lo splendore della luna”
Intervistatrice: “La fragilità della parola non tocca l’eternità della verità, come il dito non tocca la luna…”
Severino: La luna appare nel suo splendore. Ma il proverbio cinese lascia inespresso qualcosa di decisivo… Che il dito può indicare la luna solo se è illuminato dalla luna”.
Pieno, come sempre in ogni sua considerazione.
@Alessandro:
Ci sono poche “verità” che su questa terra che gli uomini possono condividere, e solo in questi casi è appropriato e opportuno parlare di “verità”.
Una di queste, una fra le più elementari, è che la terra gira attorno al sole, e non viceversa. E questo è vero in ogni tempo e luogo, perché era vero anche prima che noi lo sapessimo, ed era vero anche quando la chiesa aveva interesse a non far conoscere questa verità, per poter continuare a sostenere la “sua” non-verità.
Poi, c’è ciò che è vero e resta vero ma solo entro un certo sistema di riferimento, al di fuori del quale non è più vero. Le cornici. Hai presente le cornici di Popper?
E poi ovviamente ci sono le menzogne spudorate che gli uomini hanno il dovere di dichiarare false.
E ad esempio, Nietzsche, a tal proposito dice che,
Vi sono dunque due “verità senza verità”:
– la verità che è errore, menzogna, illusione: la verità che non è vera;
– la verità affrancata da questa verità-menzogna: la verità veridica, la verità che non è più rapportabile con l’essere.
Dunque, non sarà proprio per questo che scienziati e i filosofi – generalmente – non sbandierano le verità sotto il naso degli imbecilli, anche se sono comunque sempre in cerca della verità? Tra le quali, una delle verità che viene largamente condivisa dalla comunità filosofica, è che è meglio non parlare a vanvera di verità.
E non sarà proprio questo che molti preferiscono di parlare di “verosimile” oppure di “falso”?
La Verità, l’enunciazione della Verità porta con sé un carico di violenza e di distruttività, proprio perché è volontà di potenza che si vuole affermare su tutte le altre.
Riporto per intero il brano di Focault, che trovo molto esplicativo in tal senso, e sul quale bisognerebbe riflettere:
“In Nietzsche, la conoscenza costituisce un effetto illusorio dell’affermazione fraudolenta della verità;
la volontà che porta l’una e l’altra ha questo doppio carattere:
(1) di essere non del tutto volontà di conoscere, ma volontà di potenza;
…
(2) di fondare tra conoscenza e verità un rapporto di crudeltà reciproca e di distruzione.
La volontà è un’affermazione duplice e sovrapposta: voglio a tal punto la verità che non voglio conoscere e voglio conoscere fino a tal punto e fino ad un limite tale, che voglio che non ci sia più verità.
La volontà di potenza è il punto di esplosione in cui verità e conoscenza si snodano e si distruggono l’un l’altra.
Ma che cos’è questa volontà di potenza messa così allo scoperto? Una realtà che si è affrancata dall’essere (immutabile, eterno, vero): è il divenire. E la conoscenza che lo svela, non svela l’essere, ma una verità senza verità.
Vi sono dunque due “verità senza verità”:
– la verità che è errore, menzogna, illusione: la verità che non è vera;
– la verità affrancata da questa verità-menzogna: la verità veridica, la verità che non è più rapportabile con l’essere.
Michel Foucault, Lecons sur La volonté de savoir, pp. 209-210.
Tutto quello che hai scritto è inscritto in non- verità e in epanfoterithein, cioè nel l’oscillare dell’ente tra l’essere e il niente, sei proprio nella direzione del niente.
Per ciò che concerne il sole e la terra ad esempio sei molto contraddittoria rispetto poi al seguito del tuo discutere. Sei fondamentalista nel dire del sole e della terra ma poi sei relativista nel discutere di verità e essere, dovresti decidenti tu prima di convincere gli altri.Se dovessimo dar retta a Popper come potremmo dire che la terra gira intorno al sole incontrovertibilmente?
Mentre quello che dici tu, e Severino, ovviamente è la Verità!
Ora ti dico la mia piccola misera verità, non rapportabile all’essere, ma alla realtà del divenire e dei fatti che si sono verificati in questo spazio:
1) o rivedi le tue posizioni e “credenze”, come quelle offese sessiste da stronzo maschilista, che ovviamente non ho dimenticato, e rispetto alle quali sto ancora aspettando le tue scuse – che esigo! – comprese le successive nel corso della settimana, a una a una, e rivedi anche e soprattutto questa tua ultima opinione su Galileo e Bellarmino;
oppure,
2) se tornerai ancora qui ti coprirò incontrovertibilmente d’insulti da qui all’eternità e ritorno.
Chiaro?
@Rozmilla
Le offese sessiste possono essere considerate tali se sono verità poiché solo uno stupido si offende di sentirselo dare, imagginati quanto Einstein rideva del fatto che i fisici gli davano dell’incompetente, quando sarai sicura che le mie sono considerazioni inesistenti, allora e solo allora non ti sentirai offesa.
Per ciò che concerne Focault, in queste parole come non dargli ragione, infatti c’è solo una verità con verità, l’essere che è.
Chiedo invece a Roberto Fiaschi, dove frequentare Severino con intensità? In quali luoghi lo trova lui in internet ? Se può darmi qualche dritta gli sarei grato…
@ Vaglia:
Lei confonde i piani. Le offese da lei scritte sono delle menzogne che certamente mettono in ridicolo per primo chi le pronuncia, che nel caso in questione è lei.
Ma, non per questo esse non sono dei fatti reali accaduti, esattamente come è accaduto l’olocausto e come Giordano Bruno è stato messo al rogo. Questa si chiama realtà dei fatti.
La sua misera scusa da imbecille qual è, è un perfetto esempio, in piccolo, del pensiero e metodo negazionista. Negare la verità dei fatti!
La realtà dei fatti è che lei ha scritto quelle cose, non io, quindi è un fatto di cui lei è responsabile, non io. Ed è un fatto al quale lei deve porre rimedio, e non ripetere più.
Nel caso contrario, bando alle chiacchiere, devi solo dirmi quando devo cominciare a coprirti d’insulti. In modo che anche tu possa provare quanto anche le mie possano essere “vere”.
rozmilla hai tutta la mia solidarietà! ontologica, reale, fattuale, empirica, metafisica, ideale o etica che sia
e comunque il re è nudo! – una delle “favole” più filosofiche che ci siano!
Ma quello che ho scritto è verità.
Dopo 155 risposte al post di m.d., seguo il dibattito ormai distrattamente, un po’ per evitare sovrappeso e, sopprattutto, essendo più interessato alle “sciocchezze umane” che al tentativo di sentirmi una specie di protesi divina in terra, o un ansioso ricercatore di sapienza e verità. A ognuno le sue “sciocchezze”, ed al suo modo di enunciarle, nella scienza, nella religione, nell’arte, e senza dubbio in filosofia, luogo più di altri aperto continuamente alla contraddizione dialettica. Tuttavia rimango, fino ad ora, nella convinzione che un essere umano sia prima di tutto ciò che pensa, ma poi, inesorabilmente, ciò che fa e, sopprattutto come lo fa. A meno che non si persegua come fine l’accademia per sé stessa, lasciando agli altri le “sciocchezze” in cui l’umanità annaspa da sempre, con o senza i filosofi.
Le donne in questo mondo , che è degli uomini, non hanno creato quasi nulla, provi Rozmilla a smentirmi. So che verità non è stessa determinazione di solidarietà.
Se vuole, se lei rimane offesa dalla verità, quello che posso fare è di consolarla o di più , di dirle delle falsità per consolarla.Ma lei dovrebbe essermi grata del fatto che non la inganni con sciocchezze umane.
MD a provato intanto ad accatastare i libri ? Io non provoco, io faccio sul serio, ma non perché parole mie, perché verità. Perché, scusate, dovrei tacerla? Anzi, proprio perché verità, e proprio perché la dico, perché invece di tentare di smentirla, cosa che non è possibile se non con falsità, non cerchiamo di capire la verità e di vederla nella sua essenza?
Se per verità è come stanno le cose , scusate perchè le cose per come stanno nel nostro mondo, stanno a causa delle donne? Stanno a causa delle donne e degli uomini o stanno a causa degli uomini ?
@Alessandro: io i libri non li accatasto, li leggo; ed ecco perché temo molto il concetto di verità, quando significa ostentare simili sciocchezze
@Md
Lei teme molto il concetto di verità giustamente perchè legge i libri e i libri, quelli scritti dagli “occidentali”, parlano il linguaggio di nichilismo unendo verità a falsità e così facendo depotenziando infinitamente la veridicità di verità. Un poco come sta facendo ora lei con Rozmilla, ma questa che è consolazione è veramente consolatoria ? Ci rifletta davvero se cerca filosofia, altrimenti tutte le sue letture non fanno niente.
no Alessandro, io non temo il concetto di verità, ma quelli come lei che lo utilizzano a sproposito;
sto provando a discutere con lei, ma direi che con tutta la buona volontà è inutile, e quindi lascio perdere; scriva, commenti, discuta con gli altri se le va, ma non si aspetti da me che d’ora in poi consideri seriamente le sue idee. Direi che le ho dedicato fin troppo tempo.
Il blog va avanti, diritto per la sua strada, con o senza di lei, con o senza le Verità discese in terra, con o senza Severino e i suoi epigoni, veri o presunti.
Quanto si vede che lei non ha mai dovuto prendere sul serio thauma, la verità a lei è preclusa, non capisco a cosa quindi deve le sue letture, solo per volontà? Solo per autocompiacimento? Che è una emanazione impoverita della volontà di vivere? Anche io ho capito che lei non fa al caso mio, troppo superficiale, lei narra la filosofia, ma nessuna sua parola parla di verità, è un buon narratore, continui così, è comunque un buon modo di vivere, però non creda di far filosofia…
mio dio quante sciocchezze… e ora mi taccio, anche perché essendo l’ospite che ospita, non intendo mai avere l’ultima parola…
(tra l’altro, se io sarei così superficiale, povero di spirito, autocompiaciuto, lontano dalla verità, ecc.ecc mi spiega cosa diavolo è venuto a fare da queste parti? non vorrà mica contaminarsi con la lurida doxa…)
evidentemente no, ancora non voglio tacermi…
Perchè lei è onesto con quello che crede e le sue “storie” mi piacciono.
Cioè con lei non credo di approfondire verità, ma la storia si.
Persino Domina scivola sull’impulso e le viscere: “se io sarei”….
Ripensavo a come possa una combinazione alfanumerica sul monitor scatenare tali e tante repulsioni. E a come, in passato, fossi io il bersaglio del “polemos” di Rozmilla e Xavier. Sic transit….
D’altronde, quando ci provo, ad approfondire, lei rimane in superficie e respinge l’argomento con banalissime scuse lontane dal Logos.
Invece di dirmi che le mie sono sciocchezze, quelle che dico sulle donne, mi dica dove sbaglio per lei , obietti e vedrò di capire se sono obiezioni intelligenti o se sono sempre in luogo di falsità e così ,anche i suoi interlocutori, possiamo capire davvero e non fare storia.
@luca: è giusto quel “se io sarei”, perché regge un’interrogativa…
Insomma, non faccia come lo struzzo, lo continua a fare su ogni argomento di verità, lo noto e siccome sono sicuro, per istinto, per come mette le parole consequenzialmente corrette e per le parole che adopera, che è solo per la relazione fra le stesse dove lei è carente, ma lo è non per verità, lo è per volontà, per verità, lei può capire, ne sono convinto.
non posso che sorridere, signor Vaglia, lei è davvero spassoso (forse persino più del macchiettistico signor Russo e famiglia, eleatico-pitagorico del nuovo millennio);
ora però vado a cantarmi qualche canzone e a prepararmi per il concerto di stasera, dove avrò, appunto, delle “storie” da raccontare…
e fino a domani sera starò lontano dalla diabolica “combinazione alfanumerica”…
Sono sempre felice se qualcuno ride, segno che ha qualche ” cosa” per cui ridere, non tutti sono così fortunati. Buona musica allora.
È la smetta però di etichettare le persone , segno di debolezza, lei non è un debole, anche questo l’ho intuito dalle sue parole…
@ Mario;
l’interrogativa ammette ANCHE il condizionale. MA: il “se” della proposizione in oggetto equivale a “qualora”, “nel caso in cui”,”atteso che”, “posto che”. Chiamasi periodo ipotetico di secondo grado o della possibilità.
@Luca:
Oserei dire che non si è trattato della stessa cosa – quello tra noi a mio parere è stato un work in progress che poteva avere delle prospettive ragionevoli – a meno che anche tu voglia negare i fatti. O a meno che tu voglia semplicemente stendere un velo pietoso sull’accaduto, o tenerti una serpe in seno soltanto perché ti fa pena. O dire, ma sì, non è niente, tanto va sempre bene tutto, come nel regime delle indulgenze.
C’è qualcosa che invece mi dice che non si può accettare ogni cosa. Del resto la condizione mentale del sig. Vaglia è tale che quello che fa e dice è la diretta conseguenza del suo modo di sragionare. Ma non può ottenere rispetto se non ha rispetto degli altri. E se non ha rispetto, e se non si scusa e rivede certe sue affermazioni, perde il diritto di stare con gli altri. E questa è una cosa che se non riesce a capire, sarà costretto a capire.
D’altra parte a questo punto, se le cose non cambiano, sarò costretta ad insultarlo ogni momento che vedo il suo nome. E questo non sta bene nemmeno a me, ovviamente.
Quindi è inutile che faccia tanto il “piacione” e che si metta a cazzeggiare prendere la cosa sottogamba dall’alto della sua dappocaggine e scherzare del più e del meno, se non ha ancora rivisto le cose importanti di cui gli ho chiesto conto.
Se però non è in grado, ha sempre la scelta di ritirarsi.
@Rozmilla
Non mi ritiro, ma non posso nemmeno procedere, poichè dal centro dell’argomento si tenta continuamente di sfuggire, e non sono io quello, poi, mi faccia un piacere, provi a rileggere bene quello che scrive, le sembrano parole pacifiche le sue? Se per riprendere il mondo in mano le donne debbono far fuori i Vaglia Alessandro, bene .Vi saranno al mondo donne come AlessandroVaglia, cosa poi sarebbe cambiato? A si, che invece di per come stanno le cose degli uomini, staranno le cose per le donne, ma la verità quella non muterebbe è cioè che il dominio degli uomini o il dominio delle donne che avranno fatto fuori gli uomini, si fonda su “creazione” e il suo senso assurdo , ma per quanto assurdo reale e per quanto reale non evidente nel suo vero contenuto.
Non voglio affatto essere pacifica. E perché mai dovrei essere pacifica con un maschilista come lei?
Se vuole approfondire la storia, cominci con l’approfondire la sua storia personale.
Persino la chiesa ad un certo punto si è decisa ad ammettere i suoi crimini e nefandezze.
Mentre lei, sgorbio del pensiero di Severino, fa fatica persino ad ammettere i suoi miserabili errori di tracotanza maschilista e dappocaggine. Lei vuole solo difendere il suo orgoglio maschile del ca§§o! altro che verità!
D’altra parte non siamo noi, qui, né io né Md. né altri, a doverci assumere la responsabilità dell’educazione di base che non ha mai ricevuto.
Ma mi piacerebbe sapere che madre ha avuto, se ha perfino rimosso il fatto di essere stato partorito da una donna, e continua a ripetere la litania che “dico la verità”, quando parla di uomini e donne, e non fa che esprimere menzogne una dopo l’altra come cacca di pecora.
Sa cos’è, è che la verità fa male. Fa male ammettere di essere un omuncolo dappoco, oltre che maschilista irrimediabilmente perso.
Come vede ho cominciato appena con gli insulti. Ma vedrà che riuscirò a far di meglio.
Dica: “Giuro di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”
Alessandro Vaglia: cosa intendi dire con “le donne non hanno creato quasi nulla”?
Prima cosa cosa intendi dire con “creato”?.
Secondo la donna non è una creatura astratta catalogabile solo secondo il sesso, e quindi non è le donne in astratto che sarebbero in causa nella presunta assolutezza (o quasi) della non-creazione.
Sarebbe come se uno dicesse agli aborigeni dell’Australia e della Nuova Zelanda che loro non hanno creato quasi nulla (rispetto per esempio ai Greci e agli Egiziani)
Quindi sì, detto così, da un punto di vista puramente formale potrebbe “anche” sembrare vero che le donne non hanno eccetra, ma considerando la nuda reltà delle cifre viene a essere una semplificazione non rilevante e non significativa.
Sarebbe come:
1) dividere l’umanità tra uomini e donne
2) dire che di questa umanità il 99% non ha creato quasi nulla.
3) che il 48 % (circa)dei creatori (cosiddetti) di quasi nulla, erano uomini.
Certo é che se per fato, o combinazione, o altro ancora, la parola “verità” fosse espunta da ogni vocabolario, al signorsotutto di cui sopra non resterebbe granchè per sostenere le sue granitiche certezze: la estrae ogni quattro righe, come Buffalo Bill le sue colt, e la sventola in faccia a ognuno come se ne avesse il diritto d’autore in esclusiva. Più che un cattivo epigono di Severino, sembra il mago Othelma.
E’ che molti non capiscono che la verità esiste solo nel mondo simbolico del linguaggio, è da lì che le cose precipitano, non capire che il mondo del linguaggio è solo simbolico, niente a che fare con la realtà: che gente confusa!
@ Rozmilla:
ritengo siano stati appianati gli attriti originari [con Xavier,mi pare, non abbiamo ancora scatenato alcuna “guerra termonucleare globale” ma questa mia minaccia era una citazione di “Wargames” in cui il supercomputer, autentico protagonista del film e chiaro epigono di HAL, veniva sollecitato a giocare piuttosto che una canonica partita a scacchi o a dama, proprio una “guerra termonucleare globale”… si era tutti ancora negli anni ’80]. Anzi, pur non condividendo sovente quanto affermi, sono ben lieto che tu lo faccia. E lo fai, te lo riconosco, con collaudata ironia.
@filosofiazzero
Intendo proprio quello che scrivo
Se per creativo o creatore è colu che dal nulla crea,invena,produce e infine utilizza la propria produzione, allora direi che la donna è praticamente a 1 contro 100000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000000001 sarebbe molto di più di questo numero per gli uomini ma non c’è vero spazio per scriverlo. Quella degli aborigeni è sulla strada giusta per ciò che intendo.
Per quanto mi riguarda io ho paura di stare dentro quel numero
neanche pensabile di persone che non hanno mai creato inventato
prodotto nulla. L’unica cosa, se può valere, i pomodori, eccetra dell’orto, perchè io ci ho la fortuna (cosiddetta)di averci attaccato a casa un pezzettino di terra utilizzabile come orto o quant’altro.
Piantatore, quindi, e utilizzatore di pomodori e basilico!
@ tutti
Lasciate perdere gli insulti personali, siamo in un sito che pretende di fare filosofia o quanto meno di trattarne, seguite quindi il consiglio di Aristotele , che dice che per ciò che concerne filosofia si tratta del discorso intorno agli universali, per i particolari ci pensa la storia meno importante questa di quella , perché questa appunto non ha alcuna possibilità di previsione, quella si.
Lei filosofiazzero deve sapere che ancora oggi Severino quando parla di allievi intelligenti e preparati o di persone di buon livello, fa alcuni nomi. Sono tutti maschi, come mai ? Eppure fra le donne che provano a fare filosofia ce ne sono. Poi, quando escono quelle belle enciclopedie sugli economisti, sugli scienziati, sui filosofi, quante donne conta lei in quei forniti gruppi di persone che creano il pensiero nel mondo? È non sono pomodori o verdura greca sono il marxismo, il capitalismo, il cristianesimo ecc… Sono sempre le cose che ci stanno sotto il naso che, data la estrema fatica con cui capiamo l’evidenza e la problematizziamo ( questo è il compito di filosofia) che hai più ( al senso comune) sfuggono e ai filosofi no.
Alessandro, che pretende di dominare la logica, possibile che non sia ancora arrivato a capire che la virgola richiede uno spazio dopo e nessuno prima, e si ostina a fare il contrario o altro? Quando si dice non apprendere nulla dall’esperienza 😀
…se i filosofi uomini sono quelli che si vede essere in giro, allora molto meglio le (cosiddette)non filosofe donne (allieve di Severino o anche meno)!
In verità non esiste né il meglio né il peggio.
@ Alessandro Vaglia
Splendida questa ardita chiosa finale! Forse sarebbe stato più consono introdurla con un “in verità, in verità, vi dico”, ma anche così fa la sua bella figura. Però siamo ancora agli inizi, tra un po’ mi aspetto qualcosa di più forte, qualcosa tipo “io sono la verità e la luce!”, certo ancora lontano dall’apocalittico “dopo di me il diluvio”, ma basta aspettare, siamo solo al duecentesimo intervento! Magistrale, poi, e argomentata con grande finezza, l’analisi sulla ipotetica capacità di pensare delle donne. Era ora, finalmente! Ecco qualcuno che é tornato a parlar chiaro, come al bar tanti anni fa! Però, attenzione tutti: “lasciate perdere” gli insulti personali (???????), e seguite il consiglio di Aristotele, etc etc.: per il bene del blog e, in primis, della filosofia, naturalmente. Ciò detto, che si deve rispondere: “Obbedisco”?, o mandarla cordialmente a quel paese, dove mi pare per altro ci stia benissimo?
In verità non è apocalittica ma è apodittica.
@luca ormelli: ho provato a sostituire quel che proponi nella frase incriminata, e comunque non mi torna, non ci sta, non mi suona – chiederò a qualche mio amico/a esperto di cose grammaticali…
(tra l’altro la cosa ha la sua importanza, dato che non è la prima volta che – soprassedendo alla corrente netiquette di rete – fai osservazioni di questo genere sulla correttezza lessicale o grammaticale dei commenti, e la cosa mi incuriosisce… – se ad esempio io avessi adottato questo stile nei confronti degli ormai 10000 commenti del blog, sarei ancora qui con la matita rossa in mano…)
…e , anche se pensavo superfluo il dirlo, verità non sono io, ma la verità è in sintesi con me come con tutti, questa sintesi possiamo negarla fin che vogliamo , ma la negazione della verità è auto negazione…
….e quindi anch’essa verità?
si, come negazione però della verità.
…e come negazione della negazione?
Se dico che il verde è rosso dico una non- verità, ma la dico, esiste quindi, esiste come negazione della verità.È una verità come sintesi e badate bene che fin che non si differenziano le due determinazioni , fino a quando cioè il verde è verde e non- rosso e il rosso è rosso e è non-verde, il verde è rosso oltre a dirlo e a essere verità è lei ad essere verità e il verde non è il rosso ad essere negazione della verità.
Allora, è negazione della negazione in quanto negando la verità e ponendosi lei come verità una non- verità verità è che si contraddice per il principium firmissimum, cioè nega se stessa. Ad esempio, io non so nulla, ma qualcosa so, so ad esempio che non so nulla , quindi questo sapere, questa positività cozza contro la proposizione detta , ecc…
Una- non verità verità si contraddice non …è che si contraddice, L’ipad fa brutti scherzi…
…il rosso è rosso, il verde è verde, eccetra, per me va benone!!!
@ MD:
deformazione professionale di un passato da editor. Non certo questione personale Mario. Ti propongo di rendere interrogativo e subordinato il celebre primo verso dell’Angiolieri: “Domadomi: s’i sarei foco, ardere’ il mondo?”
Nella mia proposta di equivalenza [se = posto che, atteso che] va da sé che il modo verbale corretto è il congiuntivo. Quello che mi induce a riflettere ulteriormente, al netto delle quaestiones sintattiche, sono invece i sintomi linguistici: se [alla tedesca: wenn. quando/se] tu parli di “frase incriminata” tradisci una insicurezza che trapela nella scelta linguistica [“siamo parlati dal linguaggio”]adottata: ti senti giudicato colpevole di lesa italianità?
@Luca: gli attriti iniziali sono state scintille benaugurali, a parer mio.
Senza ironia, mi piacerebbe sapere quali sono le affermazioni che condividi, ma pur non sapendolo le considero le più preziose.
[Per il resto, non devi pensare che io condivida tutte le mie affermazioni (in particolar modo gli artifizi, o quelle strumentali). M’ingannerei se le credessi tutte “vere” – o utili, o condivisibili – e non credo sia possibile. Passo passo si procede, speriamo bene.]
Buona domenica a te, e agli altri …(attori? :-))
@ Vincenzo Cuicinotta
Lei dice che la verità è di un mondo, quello del linguaggio, separato dal mondo reale e chi mette in sintesi questi due mondi è confuso. Glie lo concedo, come chi dice ad esempio che il rosso è verde è confuso… Ma questa confusione, quella del verde che è rosso è definita come confusione proprio poiché sono dati i valori(determinazioni) di rosso e verde… Quindi, se lei vuole davvero fondare l’opposizione tra linguaggio e realtà deve prima di tutto fondarne le determinazioni, fare quindi verità, altrimenti il confuso è lei.
“Dopo di me il diluvio”, nel caso specifico non é per niente apodittica (evidente di per sé), ma proprio apocalittica (catastrofica e funesta), in quanto riferita alle virtù divinatrici del Vaglia (o Russo che dirsivoglia) di distribuire patenti di verità, debolezza, buoni e cattivi, tendenti al trascendente o al rutto,etc.etc.etc. Io una proposta ce l’avrei: mettere per un giorno il signore in questione fermo ad un incrocio semaforico a spiegare il senso del rosso e del verde: forse ce lo leveremmo dai piedi per un po’. S’intende che poi tornerebbe con un altro pseudonimo, non vorrei pensasse che lo si voglia eliminare del tutto: anche il mal di denti é necessario, ti fa capire quanto é bello non avercelo.
@ ALESSANDRO
Per quanto riguarda la frequentazione di Severino, io mi avvalgo unicamente dei suoi libri, soprattutto i maggiori, come “La struttura originaria”, “Essenza…”, “Destino della necessità”, “Tautotes”, “Oltre il linguaggio”, “La gloria”, “Oltrepassare”…
Su internet sinceramente non saprei, non vi cerco quasi mai nulla …
@Roberto
grazie, confido che dove non riuscissi a capire alcuni passaggi dei testi di Severino , possa io confrontarmi con lei nel suo blog…
“…la filosofia e l’esistenza manifestano in Heidegger(!!!) il proprio essere NULLA, il proprio esser costituite sul NULLA, a partire dal nulla, e in vista del NULLA. Affrontare con risolutezza questo NULLA, questa scarnificazione dell’esistenza e della teoria, questa fine dell’universale, è l’unico compito filosofico che Heidegger(!!!)
si pone….il volere positivamente il NULLA come proprio destino”
Ma è “NULLA” tutto questo? Basta dire NULLA perché sia NULLA o è solo un nome? Un nome dato a che? A un modo di più autentico(cosiddetto) di guardare il mondo(cosiddetto)?
@filosofiazzero:
Ho ascoltato di recente un video di Paolo Virno, a tal proposito (L’animale umano e la logica del cambiamento) dove sostiene che la negazione esiste solo nel linguaggio.
Un esempio. Se noi diciamo che “Paolo e Giovanni tutti i giovedì alle due del pomeriggio giocano a tennis”, nella nostra mente possiamo creare l’immagine di Paolo e Giovanni che giocano a tennis. Mentre, se diciamo che “Paolo e Giovanni lo scorso giovedì pomeriggio NON hanno giocato a tennis”, nella nostra mente non possiamo creare l’immagine di Paolo e Giovanni che NON giocano a tennis, o che NON stanno giocando a tennis. In alternativa, possiamo creare l’immagine di Paolo e Giovanni che invece di essere andati a giocare a tennis, sono andati, chessò, al bar o al cinema, ossia solo immagini alternative, ma comunque solo affermative, e mai negative.
Forse può interessare?
Alessandro, dalla risposta, deduco che non hai capito cosa dicevo, pazienza, me ne farò una ragione 😀
@ Vincenzo
Se non ti capisco mi piacerebbe il farlo, se mi aiuti te ne sarei grato.
“C’è qualcuno in quella stanza? – No, non c’è NESSUNO!”
“C’è qualcosa in quella stanza? – No, non c’è NULLA!”
@ FILOSOFIAZZERO
Dici: “C’è qualcuno in quella stanza? – No, non c’è NESSUNO!” “C’è qualcosa in quella stanza? – No, non c’è NULLA!”
Affermare il nulla di ciò che è nulla non significa rendere il nulla ESISTENTE (se è questo che volevi dire).
Se in una stanza non c’è nulla, non significa che dentro la stanza ci sia il nulla, perché il vuoto della stanza è un essente, cioè è la capacità di ricevere, di accogliere, e ciò non è il nulla.
Se in essa non si trova nessun altro “oggetto” (= ente), dire che “C’è qualcosa in quella stanza? – No, non c’è NULLA!”, significa dire che la stanza è sola con se stessa, diciamo così; essa è tutto ciò che c’è (nell’ambito considerato), o anche, significa affermare l’esser nulla del nulla, ma in questo, com’è chiaro, non sussiste alcuna contraddizione, giacché questa scaturisce affermando la nullità DI ciò che non è nulla, dell’ente …
Ciao
Roby
…………………………………
…Rozmilla:
ho seguito il discorso di Paolo Virno. Convincente nella sua voluta semplicità.
“la negazione è una prerogariva esclusiva della linguaggio verbale”
Mi sembra giusto.
…non esiste la esistenza del nulla.
il nulla non esiste, non vi è, da nessuna parte. Tutto è pieno.
Sempre. Comunque. Pieno di che? Di Tutto.
@filosofiazzero
… se ti sembra giusto che la negazione è una prerogativa esclusiva del linguaggio, cosa che non accetto in questo contesto ma che propongo come provocazione , dovrebbe sembrarti giusto anche il fatto che cercare di “annullare” le cose sia prerogativa del linguaggio.
Ad esempio , quando Virno dice che Oriana Fallaci o il tenente tedesco sono in utopia nel momento che dicono “questo non è un uomo”, cioè ripropone il Verstand hegeliano, il negativo a cui si contrappone il positivo dialettico del pubblico, io direi piuttosto che, nuovamente, qui confonde la negazione con la scala di valori, cioè, la Fallaci e il Tedesco vogliano dire questo non è un uomo come chi oggi si voglia chiamare uomo, cioè non è l’assoluta negativo, che non esiste dell’essere, ma, anche psicologicamente di vedere l’immagine di una collina (non è un uomo) fra le grandi Dolomiti(gli uomini).
…cioè, Virno è profondamente severiniano, anche e soprattutto quando vorrebbe fondare uno scarto tra linguaggio e realtà…
@Alessandro: è curioso quando chiedi a Vincenzo di aiutarti. Già, perché sembri come quel uomo che va dal dottore e gli chiede aiuto, ma poi disdegna quello che il dottore gli prescrive, né segue ciò che consiglia di fare.
Comunque ti consiglio lo stesso di ascoltare la lezione video di Paolo Virno, e di ascoltarla almeno 5-6 volte. Potrebbe essere un ottimo antidoto, sempre che tu apra ben bene le orecchie … e sempre che tu ce le abbia, naturalmente …
@rozmilla
io non sono qui per portare il vangelo, quello c’è e mia non è l’intenzione di cantarlo… sono curioso di capire cosa c’è nelle vostre testoline, però, questa mia curiosità continua ad essere disillusa ed interrotta da voci fuori coro e da dirimpettai che continuano a fare l’eco di parole vuote senza entrare mai nel merito… il merito: cosa è che andrebbe contro l’assoluto essere da parte di Eraclito ad esempio, nulla io dico, poiché Eraclito e Parmenide sono due nomi di una stessa voce, e questa ricerca di fratture di cose che non possiamo comprendere e di assurdi nulla sono al dunque parole vuote, ma sono comunque parole , belle o brutte storie. Senza rancore e senza che ti inalberi contro la verità, quella è e non possiamo farci niente, contro è la non-verità.
Ma l’idea che “entrare nel merito” con lei, caro (si fa per dire) Russo, pardon Vaglia, non possa minimamente interessare, non la sfiora neppure per un secondo? L’idea cioè che il costrutto del suo discorso non abbia presa e di conseguenza non solleciti alcun contradditorio per la forma e la sostanza con cui si propone, non le pare possibile? Oppure che il suo dilettantismo filosofico, più supponente che supposto,non susciti granchè interesse, questo non le può balenare anche soltanto per un momento nella “testolina”‘? E che magari anche quando, uscendo dalla filosofia, si diletta a sentenziare sulla storia (con la minuscola), le donne, il comunismo, la chiesa e mammona il suo argomentare si riveli così povero che il voltarle le spalle senza alcuna voglia di contraddittorio a qualcuno venga “naturale”? No, credo proprio di no, che a lei non passi neanche per l’anticamera della “testolina”, troppo pieno di sè come si trova ad essere. Ma si consoli, non è solo: di gente con “le” verità in tasca ne ho conosciute così tante che ormai dovrei averci fatto l’abitudine, e quindi avanti così, a ciascuno i suoi rutti, ad altri le loro scorregge: sai che bel concerto!
lei xavier è esilarante, quasi come i miglior comici, con lei non resta che ridere… ha per caso intenzione di far politica ?
Beh, se lei può far filosofia (facendo purtroppo piangere), quasi quasi mi parrebbe di poter fare di tutto. Ma è davvero sicuro di saper ridere con quell’aria di funereo bacchettone che si porta appresso?
…Xavier, perchè lo chiami anche Russo, Alessandro Vaglia?
Caro filosofiazzero, il sig. Russo era (e spero bene sia ancora) uno spassoso personaggio che per qualche tempo, mi pare l’anno scorso, imperversò su questo blog anche lui con pretese di verità e di trascendenza, definendosi filosofo eleatico pitagorico, con pretese di zittire e di ammaestrare quanti non fossero d’accordo con lui. Per molti versi la sua prosa e il suo argomentare mi sembrano perfettamente sovrapponibili a quelle di quest’altro campione, e non giurerei che fra i due non ci sia stata una fusione (dello spirito, dei corpi, della mente?) a tal punto da essere un’unica persona. Il primo si faceva scudo anche di bosoni, fotoni e spin, quest’ultimo invece, meno pomposamente, di E. Severino, più abbordabile o forse meno inquietante. Ma il modo di scorreggiare é lo stesso. Mi scuso, ma quando ci vuole, ci vuole.
…Archimede pitagorico?
…però una cosa interessante è che Alessandro Aaglia si è, diciamo, destramente calato nei panni severino-eleatici
al punto di diventare egli stesso un severino-eleatico almeno nel manierismo linguistico discorsivo. Succede parecchie volte, anche agli stessi autori cosiddetti autentici con se stessi di diventare manieristici e di potere continuare il loro discorsi all’infinito senza sostanza anteriore o ulteriore che il procedre del collaudato congegno nal quale essi stessi si sono incantati(senza il quale, come diceva ad, apparirebbe il re nudo, E così in tanti casi per ogni genere di eruttazioni filosofiche, cosiddette, o quant’altro, letterarie, politiche, mistiche, artistiche etc etc….a me sembra.
…correggo: Alessandro Vaglia….
@Alessandro: devo riconoscere che nel tuo precedente ultimo commento (a me) hai fatto un piccolo progresso. Qualche parola umana, dopotutto … che poi è anche il motivo per cui sono convinta che dopotutto non c’è cosa, né persona, che oltre ad essere ciò che è, non abbia anche la possibilità di essere diversa da ciò che è stata (o crede di essere): vale a dire di cambiare, trasformarsi.
Diversamente il tuo Severino, sembrerebbe dire proprio il contrario. Il pensiero pedagogico e propedeutico severiniano splende in tutta la sua inutilità, e quello sì, non potrà mai essere diverso da ciò che è, purtroppo.
Così, sono del parere che sei curioso di capire cosa c’è nelle nostre testoline, perché è appunto perché non riesci a capire, che sei curioso di capire. Questo però non significa ancora riuscire a capire quello che capiamo o captiamo noi. Che è anche un modo diverso di afferrare (capio, da capere, è afferrare, di cui captare, che ha origine dalla stessa radice), che tra l’altro non è niente di così trascendentale. Ma anzi, è il livello basico della vita e dell’esperienza, senza il quale ho forti dubbi che si possa procedere. È come se qualcuno, che ancora non sa camminare ma solo gattonare, pretendesse di scalare le montagne, o volare. La cosa non ha molto senso – non ti pare?
D’altra parte si ha un bel dire, anche inutilmente, a qualcuno che non ha intenzione di ascoltare, né di sforzarsi capire, e che vede Severino e severiniani dappertutto, persino in Paolo Virno. Caspiterina, saresti capace di trovare severiniani anche i vermicelli in brodo. Così, insomma, la particolare piega che ha preso ad “essere” la tua formazione dilettantesca, è talmente monotematica, ahimè, che osservarla provoca non poca tristezza. Perché ad un certo punto, come ti ha già spiegato Xavier, non è questione, o almeno non più, di entrare nel merito. A che pro?
Tutto quello che c’era da capire da Severino lo abbiamo capito e superato da un pezzo. Perciò è come se tu ti trovassi in una classe di merito diversa dalla nostra, o come se gruppi di alpinisti si trovassero su piani diversi e distanti tra loro. E mentre tu sei sempre in un certo luogo a gattonare, è come se tu pretendessi che noi tornassimo indietro a scioglierti i nodi e schiodarti i chiodi e le pastoie ai quali sei fermamente fissato e dai quali d’altronde non intendi schiodarti. Ma non solo, vorresti che c’inchiodassimo ai tuoi stessi chiodi. Quindi, questa cosa, se vuoi, la dovrai fare da solo – ma certo c’è una marea di lavoro da fare, se vuoi muoverti dal luogo in cui appari come congelato.
In un certo senso mi ricordi l’uomo di Similaun. Hai voglia il fuoco che bisognerebbe accendere per scongelarti da dove ti trovi. Ma a che servirebbe? Tornerebbe a vivere l’uomo di Similaun? Per tornare a vivere, altro che fuoco: bisognerebbe che fosse attraversato dal fulmine. Oppure chissà, aspettare che risorga? È quello che stai aspettando? Aspetta e spera, allora, che già l’ora si avvicina … Considera però, che anche a credere di poter risorgere, necessariamente prima bisogna morire.
Ma ad ogni modo, causa la mia formazione professionale, non posso evitare di esortarti ancora ad immaginare la tua, di formazione, come un processo in divenire, un po’ come il famoso regolo di W., citato da Virno, così da darti la possibilità di segnare di volta tacche diverse sul tuo regolo, e non una sola, ma multiple …
ciao
Ps: quella cosa che hai scritto, secondo cui le donne sarebbero 1:10000000000000000 eccetera, è molto buffa, perché guarda caso io l’ho letta in un modo molto diverso da come avresti voluto che fosse intesa. Che in fondo gli zeri, anche se sono molti, contano poco. E in ogni caso, trilioni di fuchi per un’ape regina, sono davvero troppi – anche in questo caso hai esagerato.
Comunque mi son data la pena di scriverne ancora giusto perché mi sono affettata il pollice sinistro mentre tagliavo l’insalata, e quindi non posso fare molto con le mie mani. Ma anche perché imbattersi in fenomeni come quello di Alessandro è interessante dal punto di vista antropologico e psicofisico. Per quanto sappia che da lontano sia del tutto inutile, la sfida sarebbe riuscire a smuovere qualcosa.
A volte quando vado in giro mi capita di osservare persone “strane”; le guardo e mi verrebbe voglia di metter loro addosso le mani. Ora non pensate male. Ho solo come l’impressione che basterebbe solo riuscire a far scorrere l’energia che si è bloccata in alcuni punti (solitamente in basso)
Credo che succeda un po’ a tutti, prima o poi, di attorcigliarsi su sé stessi nel rappresentare ad altri il proprio pensiero, sia che si tratti di nobili intenzioni filosofiche, che della nota della spesa. In entrambi i casi, il manierismo é la maschera che tenta di metterci una pezza, che però alla fine, non maschera un bel nulla, ma fa drizzare subito le orecchie a fiutar patacche in arrivo. Una cosa di questo blog mi é sempre piaciuta,il fatto cioé che nessuno si ponesse mai in cattedra, quale che fosse l’argomento tratttato e, sopprattutto, le domande specie quelle più scomode, fossero più numerose delle risposte. Poi arrivano, di quando in quando, i portatori più o meno insani di verità (la loro), quelli che “dialetticamente” ti suggeriscono come porre le domande giuste per avere le risposte giuste, quali i contesti giusti per porle, e come ascoltare la verità che le spiega. Qualche volta scivolano un po’ fuori dal contesto, e allora ahimè, è proprio triste sentirli discettare di donne e pensiero, di società e religione, o di altre cosucce così, quando cioé si scoprono per quel che sono, senza le rimasticazioni di questo o quel pensatore a portata di mano. In genere hanno uno spirito guida, quel filosofo o chi per esso li ha ispirati perchè probabilmente avrebbero voluto essere lui. Mi fanno pensare a quella storiella del geometra che, entrato nella cappella sistina, guardando in alto dice: “Cazzo, l’hanno fatta proprio come l’avrei fatta io!”
ma dire qualche cosa di sensato ?
Ma siete scappati da qualche manicomio ?
…come tutti!!!
Sto pensando a cosa potrebbe essere “qualcosa di sensato”, ma mi sfugge il senso della parola “sensato” allorché a darmene l’impulso é il sig. A. Verità. Suvvia, Sig. Russo Vaglia Verità, sia meno betabloccante, si lasci andare, sia meno pretenzioso, e sopprattutto non si prenda così sul serio:andando avanti in questo modo non le basteranno 100 arrampicate al mese per conferirle un aspetto mentale meno spettrale e menagramo. Sempre lì a correggere tutti con la pretesa che le si dia ascolto come all’oracolo, col fare grave di chi la sa lunga. Dia retta a me, non si faccia sangue amaro, torni a fare il geometra!
Però è buffo che tu chiedi se siamo scappati dal manicomio, quando leggendo certe cose che scrive il tuo Severino sembrerebbe che, insomma, soprattutto lui sia un habituè di quel luogo.
Ah … ma allora capisci quando qualcosa non ha molto senso – nevvero?
Ad ogni modo, stiamo aspettando che magari qualcosa di sensato la dica tu …
Dai, provaci ancora Sam … 😀
(devi ammettere, però, che io sono più fiduciosa di Xavier. Lui è proprio cattivone, neh?)
Xavier, se lei è palesemente in difficoltà perchè le ho tolto la scena e il palcoscenico dove esibiva le sue di verità e poi ha dovuto fare da comprimario con attacchi personali, significa solo che lei non può competere con me, non oltrepassi il limite del ridicolo, si astenga dal farsi ulteriormente male, risulta patetico. Se vuole farro tarmi lo faccia con sensate obiezioni , se ne ha facoltà, ma dubito fortemente.
Sai Alessandro, quello che hai scritto a Xavier, se riuscissi a dirlo a Severino, allora sì che avresti regolato i conti per davvero. Che di te, a Severino non gliene frega proprio …. niente!
Allora cari amici della Botte: il signor Alessandro Vaglia ha postato poco fa alcuni commenti, tra cui il seguente:
“Xavier, masturbatore solitario, sei uomo tu? O solo un minchione da strapazzo, il mio indirizzò c’è l’hai. Adesso mostrati tu che cosī regoliamo i conti magari vengo io a trovarti , minchia fritta. Hai visto minchia che adesso balbetti ? Anche questa è verità. :-)”
A tutto c’è un limite, e siccome questo è un blog di discussione filosofica e non un postribolo neofascista, li ho cancellati uno dopo l’altro. Che è esattamente quello che farò d’ora in poi, e sistematicamente, senza dare ulteriori spiegazioni. Punto.
E non provi il suddetto a spacciarsi per qualcun altro, come ha già tentato di fare. La mannaia si abbatterebbe comunque senza alcuna pietà sulle sue amenità (di cui credo tutti, o quasi, avremmo volentieri fatto a meno).
Potrà quindi capitare che la coerenza della discussione venga ad un certo punto a mancare per qualche strano omissis. Ma visto che il nulla non esiste, il commento abraso sarà comunque lo stesso da qualche parte, eleaticamente eterno e scintillante in tutta la sua verità – ma non su questo blog.
(mi scuso anche per il grassetto, prendetela come un’eccezione)
Ma che fa geometra, s’incazza? Con tutto il suo self-control di facciata, poi mi scivola su un linguaggio puerile come “minchia fritta”? Di grande potenza evocativa, poi, quel “mostrati” che prelude ad una inesorabile resa dei conti. Una doppia faccia dunque per il nostro caro Russo Vaglia Verità, anzi direi più Russo che il resto. Non é stato poi così difficile stanarlo dalle sue buone maniere.
Anche il “lei non può competere con me”, alter ego del più abusato “lei non sa chi sono io” ha semplificato abbastanza la soluzione del gioco a nascondino. Ognuno é quel che é, geometra, si rassegni: con o senza palcoscenico lei mi pare troppo esaltato per essere credibile. In quanto al suo indirizzo non ricordo proprio di averlo mai avuto, o forse mi è caduto nella tazza del water, mentre balbettavo sotto l’effetto delle sue tremende parole di sfida.
@ m.d.
Mi spiace, caro Mario, di aver tirato per le lunghe con il soggetto disturbante di cui sopra: da una parte il giochetto mi divertiva (data la supponenza del nostro, poi, era lui stesso ad aiutarmi a prenderlo per i fondelli all’infinito), poi ho sperato in una sollevazione generale dei nostri amici per rimandarlo al più presto da dove era venuto, infine ho dovuto attendere che gli “eccessi di democrazia” di Rozmilla e degli altri avessero qualche piccolo dubbio a sopportare oltre il nostro depositario di verità. Invecchiando da ignorante, come del resto sono sempre stato da giovane (e non lo dico per darmi delle arie), ho sempre meno dimestichezza con la filosofia, ma ho un discreto fiuto per intuire quasi immediatamente con chi ho a che fare, il che non mi impedisce certo di poter prendere clamorose cantonate, ma qualche volta mi aiuta a non perdere troppo tempo dove non é necessario. Nell’occasione, poi ho pensato che, dato che gli altri (troppo buoni) non lo facevano, uno doveva ben incaricarsi di rompergli le scatole al novello eleatico!
@ Rozmilla, filosofiazzero e gli altri
tutti bravissimi e fin troppo pazienti, Rozmilla addirittura materna o fraterna e a tratti commovente per l’impegno a voler ragionare col muro di gomma (dovrei usare un altro e più appropriato termine, ma preferisco glissare davanti a una signora) a tutti i costi. Buon martedì, a tutti, data l’ora:
ahah! adesso il signor Vaglia, che mi avrebbe tra l’altro licenziato qualora fossi stato un suo dipendente (tipologia CarCarlo Pravettoni, per intenderci), si traveste anche da donna, e si fa chiamare Ornella…
Ecco dove porta il fondamentalismo severiniano (ma a questo punto direi che né Severino né tanmeno la filosofia c’entrino più qualcosa).
Addio e stia bene, signor Vaglia!