«Che la parola “cosa” significhi questa conflittualità, mostrata nelle antiche formazioni linguistiche della terra isolata è una figura che rinvia alla conflittualità originaria, dove la “cosa” è la risultante della lotta tra la volontà e l’Inflessibile, ossia è la forma originaria (quindi preontologica) del divenir altro. Dicendo che Pòlemos è il padre di tutte le cose e che quindi ogni cosa è lotta, conflitto, Eraclito dice già implicitamente che il conflitto è il significato originario dell’esser “cosa” – sì che, come altre volte ho rilevato, si può dire che, nella terra isolata, la cosa è la madre di tutte le guerre». [E. Severino, Intorno al senso del nulla, p. 44]
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Autore: md
Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.
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…”sì che, come altre volte ho rilevato…”
(ovviamente!)
e al netto di quell’Inflessibile (che assomiglia tanto all’Intrasmutabile hegeliano, che mi è costato il rimprovero del buon Sichirollo all’esame di Filosofia morale, il quale mi sgridò per uso eccessivo di gergo filosofese e di termini oscuri, punendomi con la mancata lode – ma se il tedesco può non si capisce perché non possa l’italiano), e, soprattutto, al netto della “terra isolata” – isolata da che? dal Destino, gli Eterni, ecc.ecc. – risponde lui, tutte “cose” molto chiare;
però la guerra (il male, la violenza, ecc.) sono cose serissime
Se “la cosa” è la madre di tutte le guerre, e poiché “la cosa” “è” e non può “non essere”, allora la sola possibilità della fine di qualsiasi guerra è l’inesistenza – il “non essere” – di qualsiasi cosa. Ma questo non può essere. Bisogna che la guerra ce la teniamo. Avete capito? La guerra è la certificazione dell’essere.
ma la “cosa” è o è illusorio che sia? naturalmente “è”, così come è illusorio che sia, così come, del resto, “è” l’errore, la terra isolata, l’illusorietà, il diventar-altro e tutto il mare di stoltezze nelle quali il discorso ontologico finisce per avvolgersi (poiché anche il nulla ed il suo significare sono qualcosa, o no?);
se poi una bomba (intelligente o insensata che sia) si schianta su un villaggio siriano, e qualche umano (e animale e vegetale) salterà per aria e morirà… ah già, ma la morte, così come il divenire, è illusoria…