Un filosofo di cui non so nulla (tranne del suo sodalizio con Battiato) e di cui non ho mai letto nulla (tranne i testi delle canzoni tra cui, bellissima, svetta La cura). Ed è proprio il nulla – lo sfacelo, la disgregazione emotiva postbellica, la destructio e le rovine di cui parla nella frase che riporto qui sotto, tratta dalla sua ultima intervista – che magari, prima o poi, mi farà incrociare qualche suo scritto. Non lo andrò a cercare, diciamo che dovrà capitare – anch’io, come lui, “devoto al caso” – e a quel punto, come sempre, non mi sottrarrò…
«Erano loro [Croce e Gentile] che occupavano tutto lo spazio culturale, ma io non mi ritrovavo affatto in quei sistemi complessi e completi, dove ogni cosa era già stata incasellata. Per me pensare era una destructio piuttosto che una constructio: ero uno che notava le rovine, piuttosto che la bellezza. Questo era un po’ scomodo, e non certamente accademico…»
Nessuno cammina per strade dritte. Ma chi vuol essere nessuno?