Qualche mese fa un caro amico prof (di matematica), mi ha chiesto di tenere una “lezione” sul rapporto tra scienza e società (con, sullo sfondo, l’etica) in una seconda liceo classico. Era la prima volta che entravo in una classe del corso scolastico più rinomato d’Italia, e per di più direttamente in cattedra (anche se la cattedra stava troppo in alto per i miei gusti, per cui ho preferito tenermi ad altezza di studenti).
Quando un secolo fa frequentavo la terza media, la mia prof di italiano di allora (che mi adorava) raccomandò caldamente che io scegliessi il classico. Per una questione “di classe” (io di famiglia proletaria, il liceo per famiglie borghesi – dunque incompatibili) optai invece per un istituto tecnico (il “tennico” come diceva qualcuno). Questa faccenda “di classe” riemerse anni dopo, quando un’altra prof (ciellina e piuttosto dimenticabile) temeva che io, una volta iscritto all’università in qualità di studente-lavoratore, potessi essere risentito con i figli di papà in grado di cazzeggiare e di prendersela con calma, senza fare troppa fatica.
Non è avvenuto niente di tutto questo – anche perché me la sono presa pure io con tutta la calma necessaria. Tuttavia, una piccola spina punge ancora da qualche parte, per non aver potuto fare quel cavolo di liceo cui ero destinato. Ma si sa, tante sono le cose cui si è destinati che invece non era per niente destino…
Però non era della mia biografia scolastico-sociale che avrei dovuto parlare, ma degli elaborati nati dalla mia “lectio” (non so se magistralis) e dalla (purtroppo breve anche se fertile) discussione che ne è seguita.
Emerge abbastanza chiaramente la preoccupazione di questi ragazzi e ragazze (e futuri cittadini) per l’ambiguità che tiene insieme scienza (e potenza), denaro (e interesse particolare) ed ecosostenibilità. Tutti si sono dichiarati a favore di una maggiore coscienza critica (maggior sapere, e dunque contro-potere) od anche di una maggiore neutralità da parte della scienza. Qualcuno ha poi provato a spingersi oltre le argomentazioni ricorrenti, cercando di forzare la cornice concettuale data e di introdurre una maggiore urgenza critica, un’indignazione testimoniata soprattutto dalla spontaneità del linguaggio.
Giulia (Bonelli, classe 2^B Liceo Classico Galilei di Legnano), ad esempio, ha scritto una pagina bellissima, criticissima e veridicissima, senza peli sulla lingua, motivo per cui l’ho scelta tra le altre e che ho il piacere – da lei autorizzato – di pubblicare qui sotto.
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Società e scienza sono legate, negli ultimi tempi in maniera evidente, da una reciproca dipendenza.
Se anticamente la ricerca, mossa dalla naturale, genuina curiosità umana, esaminava la natura e si arrovellava per spiegarne l’affascinante funzionamento, ora la richiesta del pubblico (pubblico, spettatori, massa) e le necessità del mercato la confinano ai propri cunicoli, impongono le loro leggi.
La continua affermazione di nuove tecnologie, nel corso dei secoli, ha portato la società dove si trova oggi: in un mondicino sempre più concentrato, basato sulla connessione morbosa di tutto e di tutti con tutto e con tutti, dove il non essere rintracciabili per più di qualche ora inficia l’inserimento stesso dell’individuo nella comunità.
É questo il progresso?
Una scienza che presenta idee mirabolanti a masse che sgranano gli occhi e affondano le dita nei portafogli?
Possiamo però vantare un ammirevole equilibrio: se da una parte senza le masse la scienza – la “scienza” dei 2000 – muore di fame, dall’altra il popolo attende a bocca aperta l’iPhone 7 quanto un uccellino aspetta a becco spalancato un verme (chapeau all’applicazione così lineare di domanda e offerta, se non avessi letto il Bignami di economia di mio padre non capirei come fanno le multinazionali a nuotare nell’oro vendendo ninnoli e bamboline).
Lo “sviluppo a richiesta” ipotizza un futuro solo per chi, nel futuro, ci vive già; come si progredisce se non si può proporre risposte a problemi tangibili?
La scienza non solo sta ignorando molte tra le necessità odierne, ma addirittura sta boicottando coloro che più necessitano di muovere qualche passo avanti.
Tralasciamo il progresso per bisogno e ci crogioliamo nel progresso per sfizio.
Abbiamo portato ai contadini dei semi suicidi, non un qualche super-concime.
A donne africane però abbiamo portato il super-latte in polvere (che se lo preparassero con l’abbondante, limpida acqua che si ritrovano, ‘ste plutocrati).
La forma mentis che adottiamo è il tutti-contro-tutti anche in questo ambito, ed è senza sorpresa che ci stiamo accorgendo che anche in questo ambito la competizione ci logora.
Il progresso di oggi è il frutto di una competizione tra gente che ha denaro che sfrutta fragili menti geniali che hanno bisogno di paga e altra gente che ha denaro che sfrutta fragili menti geniali che hanno bisogno di una paga.
E noi, spettatori, nutriamo il sistema, siamo di vitale importanza.
Serviamo: siamo in tanti e ognuno di noi ha qualcosa che possa tornare utile a gente che è più potente di noi.
Sarà pure il caso che coltiviamo le nostre menti potenzialmente geniali, ma un giorno avremo bisogno di una paga anche noi e la ruota girerà finché non ci sgozzeremo tutti dalla disperazione.
Ai piedi di questo brutto ragionamento scrivo quello che secondo me è ai piedi di questo brutto spettacolo: la nostra poca umiltà.
Vediamo nello specchio Adoni indomiti e ci trattiamo l’un l’altro come bestie da fiera.
Ci stiamo dimenticando che siamo bestie.
Ci stiamo dimenticando che siamo umani.
Leggo sempre questo blog che mi apre la mente e spesso il cuore (allora non sono proprio l’unica…) con una grande ammirazione per il titolare.
Sono sinceramente commossa da quanto scritto con così lucida e adulta analisi da una, suppongo, 15-16enne. Peccato sarà una delle mosche bianche che cercheranno di trovare spazio ( e le auguro uno spazio di grande visibilità e affermazione,vista la sua bravura) in mezzo ad una deprimente e dilagante stupidità ed ignoranza.
Complimenti a md per il lavoro che svolge dentro e fuori questo blog. Complimenti all’insegnante di Matematica che ha voluto questa “lezione” su questo tema fondamentale(potremmo citarne il nome, almeno di battesimo?).
E veramente complimenti a Giulia, per tutto: per l’intelligenza, la capacità di esprimerla in forma scritta e per il tono gagliardo e combattiva adottato. E complimenti a tutti gli adolescenti come Giulia (che sono più di quel che si pensa) che quotidianamente analizzano il loro intorno in modo critico, senza farsi fregare del tutto.
Sono d’accordissimo con l’iperbole(?) usata da Giulia sugli sgozzamenti per la disperazione, … io penso che il sistema stia creando vari strati di popolazione, o classi: il ricco, il lecca piedi del ricco(politico e non), il lavoratore ante job act, il lavoratore post job act, lo studente pre- Gelmini/Giannini e post- Gelmini/Giannini, il pensionato pre- Amato/Fornero e il pensionato post Amato/ Fornero, il disoccupato pre Job Act e post Job Act , i lavoratori in nero compresi i lavoratori d’andrangheta , mafia, camorra, etc… Delinquenti comuni e specializzati(finanziari/politici/amministrativi). Questa frantumazione della popolazione porterà ad un continuo mescolarsi di situazioni di disagio e povertà con situazioni di relativa stabilità lavorativa o precarietà controllata, e si vivrà sempre nell’incertezza assoluta e nella speranza di riemergere. Qualunque aggregazione per il cambiamento sarà impossibile, perché lo stato economico e quindi l’alternanza benessere/ povertà sarà la condizione di ognuno(ovviamente da un certo livello di ricchezza in giù) ma a fasi alterne, a tutto vantaggio del sistema economico che continuerà ad avere masse di acquirenti più o meno stabili; i periodici sgozzamenti, auto inflitti o reciproci saranno inevitabili.
…la bravissima liceale ha fatto un bellissimo compitino che sarebbe stato applaudito da tutti i “futuri cittadini” (!) di una qualsiasi tribuna televisiva. Vorrà dire qualcosa questo?
Che è forse figlia del suo tempo e del linguaggio di questo tempo?
…e del pensiero (inoltre) (esistesse)! Che più in là non si va!
Filosofiazzero ci dia lei una voce sull’argomento, magari con qualche argomentazione in più, saremo pronti ad abbeverarcene.
Argomentazioni? Possibile?
Buonasera!
Signor Mario: Noi del liceo classico possiamo al più ringraziare i nostri genitori, lei è la prova di come la nostra scuola non sia molto più di un’affermazione sociale.
Grazie mille per aver trovato spazio per un compitino adolescente.
Il Suo blog si sta facendo pericoloso, rischia di educare persino me, è un peccato che non sia noto quanto merita.
Signor Ares e Signora Marta: siete gentilissimi.
è pazzesco il come possiate trovare nel mio tema (e in me) una maturità che -per ora- posso solo sperare di avere (Signor Ares, per quanto possa valere la mia opinione, il Suo commento è davvero brillante).
Signor Filosofiazzero: non si preoccupi troppo, non sarò l’orgoglio dell’Italia ma, per favore, mi spieghi la sua posizione. Lei è mai stato giovane? Noi “figli del nostro tempo” siamo in effetti figli vostri.
…quando sento parlare di essere giovani mi viene in mente una frase di un libro: “Venti anni, non permetterò a nessuno di dire che questra è la meglio età della vita!”
Per tutt’altre ragioni, credo, voglia dire, che quelle del compitino (cosiddetto).
… d’altra parte, cara Giulia, per guardare le cose da un punto di vista più esistenziale (cosiddetto) e meno (ormai) usuale:
Chi vuol esser lieto sia,
Del doman non v’è certezza!
O anche. “Take it easy!”
…o anche tante altre cose!
IN BOCCA AL LUPO, DI CUORE!
Tutto quanto trovo qui scritto sembra circondato da un senso di sfiducia nei confronti del nesso “necessario” società/scienza o tecnoscienza. La continua affermazione della”novità” sul “già visto” spinge il “già visto” nel “nulla”. È questa la “novità” della società tutta. Questa “novità” non è qualcosa che si possa evitare, perchè evitarlo significherebbe per qualsiasi cosa la sua eternità e è questo che per il pensiero nichilista è l’impensabile. Ogni cosa va prodotta così come ogni “nuova”cosa. Ma ogni cosa, anche quella che sembrerebbe all’apparenza una replica di quella “vecchia”, risponde a questo principio, al principio che ogni cosa è altro da sé, perché se fosse se stessa, se lo fosse veramente, allora non diverrebbe altro e sarebbe eterna.
La potenza dipende da questo senso delle cose. Noi possiamo in quanto le cose sono “dis-ponibili” ad esser cambiate, o dominate, o annullate, la tecnica.
Cara Giulia, sarebbe davvero bello se questo piccolo blog diventasse “pericoloso” e rimestasse poco poco le acque torbide nelle quali annaspiamo. Mi accontento di parlare e chiacchierare (di tanto in tanto) coi miei 25 lettori. E di continuare a passeggiare e scrivere.
D’altro canto ci pensa già il corso del mondo ad essere pericoloso.
(comunque aspetto sempre la vostra visita in biblioteca! 🙂 )
Di tutti e 25 insieme ?
Simone lei è una simpaticissima vittima di Severino
Ares, anche se il vittimismo non fa parte degli elementi della “mia” filosofia, “meglio” essere vittima di Severino che del nulla, non crede?
Non saprei.. ci penso su…tra l’inevitabilità del divenire e il nulla non c’è molta differenza..
Anche la mia è una battuta, non me la sono mica presa per quel “simpaticissima”, mi creda.. 🙂
Mi scuso perché non avevo ancora letto il suo ultimo commento… Che dire dell’inevitabilità del divenire, che è la vera “pace”? Direi di si, ogni essere non è in guerra per essere, ogni essere è eternamente se stesso, a divenire non è l’essere in quanto essere ma in quanto diveniente. A divenire non è esso in quanto tale ma esso in quanto in rapporto con l’altro da esso. Credo che la differenza sia significativa proprio in seno alla “pace”.
Notevole la differenza, non crede?
Si, si certo lo è…ma cosa se ne dovrebbe dedurre, è utile ?!
p.s. il simpaticissimo non era nè ironico ne’ sarcastico, la trovo simpatico.
Ho ben inteso il suo “simpatico” Ares, son convinto, fin ancora dalle prime discussioni con lei, di parlare con una persona corretta. Utile? Bisogna che ci intendiamo sul termine “utile”, Ares. Se per utile intendiamo significare la trasformazione dell'”ormai” esistente in qualcosa d’altro da sé, allora la “mia” filosofia è totalmente inutile. Ma ancorché utile quella trasformazione, è possibile?
Ma è utile aver capito che non è possibile? il passaggio successivo qual’ è ?
È la pace, se la pace è utile, allora si? Il passaggio successivo è questo.
Simone Says:
martedì 26 maggio 2015 alle 4:31 pm
È la pace, se la pace è utile, allora si. Il passaggio successivo è questo.
Il passaggio successivo per la vera comprensione o per il concreto della pace è appunto che non basta volerla, volerla significa far guerra, è invece sufficiente riconoscerla perché la pace sia compresa, ogni passaggio è appunto una ulteriore sua comprensione.
…è possibile l’essere del non-essere? No, tutto è essere, in ogni caso (già lo disse Parmenide). Severino gira a voto! In quanto alla pace…è un altro discorso!
…anche, inoltre, il divenire (coiddetto) che cos’ altro potrebb’essere se non essere anch’esso, ovviamente?
Severino gira a voto, ripeto (o ha girato)!
L’essere non può non essere, anche il divenire come lo pensa lei esiste, filosofiazzero, come esiste che l’asino sia il bue, ciò che non esiste è l’oggetto a cui rimanda il pensiero. Anche l’essere del non essere esiste, filosofiazzero, eccome. Ma come esiste secondo sua volontà non è come esiste secondo realtà.
…in poche parole: anche il divenire è essere, “il mondo è tutto ciò che accade” (e che è accaduto, anche, direi) (quello che è accaduto è accaduto).
Si, ma quel ciò che è accaduto accade o non accade più? Se accade lei conosce la realtà di ciò che è accaduto, altrimenti conosce il nichilismo… “Ciò che è” non può non essere.
…il “nihilismo”, cosiddetto” è una nostra maniera di vedere il mondo e di starci dentro, e che, ovviamente, ha le più svariate conseguenze, dall’ascetismo alla distruzione totale.
Non ha nulla a che vedere con l’essere, e con il non-essere ancora meno, se non vogliamo chiamare non-essere l’azione (concreta) della distruzione totale.
Ma allora, quande fosse, non ci sarà più nessuno a chiamare nulla
in nessun modo.
La distruzione, filosofiazzero, senza il non essere non esiste.
La costruzione, filosofiazzero, senza il non essere non esiste.
Il nichilismo è l’identità dei differenti. I differenti non sono differenti. È l’azione che identifica gli opposti.
Nichilismo è appunto credere che vi possa essere costruzione distruzione senza il non essere…
Simone Says:
mercoledì 27 maggio 2015 alle 10:33 am
Correzione: identificazione al posto di identità…
Il nichilismo è “identificazione” dei differenti. I differenti non sono differenti. È l’azione che identifica gli opposti.
Ad esempio credere che vi sia nichilismo solo come pensiero nostro, ma che la costruzione non implichi la distruzione o l’annientamento dell’essere e quindi che l’essere non va nel non essere, è nichilismo per quella parte che vuole salvare l’essere affermando che il non essere non c’entra nulla con la distruzione, d’altra parte c’entrando essenzialmente , e per quella parte che vuole distruggere l’essere non potendolo fare se non contro il principio di non contraddizione, che l’essere ė non essere.
… ma per pace s’intende l’accettazione dell’inevitabile ?!
perché no?
L’accettazione è una forma di guerra perché implica che una cosa possa essere accettata o rifiutata…
Allora Simone non ho capito perché parli di “pace”.
L’accettazione dell’inevitabile presuppone l’azione che dispone l’inevitabile, conosciuto come tale, alla dimensione psicologica dell’essere. Ciò comporta una riduzione o decisione sulle cose e questa riduzione produce la verità dell’essere, non la lascia vivere e, in quanto prodotta, la verità diventa una volontà che essa sia. Una cosa d’altra parte non può essere disponibile , pena la sua nullità. Sapere questo non significa decidere per la pace, perché ogni decisione è uccisione. Sapere questo significa sapere cosa sia la pace davvero.
A si ? che culo !
..
Sembra facile….
… una sorta di pace dei sensi…