Essendo precipitati in un tempo e in uno spazio ignoti, contrassegnati dall’invisibilità del “nemico”, si moltiplicano le metafore utilizzate dalla nuova santa alleanza politico-medica, sia per descrivere quel che accade sia per ordinare quel che dovrà accadere. Com’è noto, la retorica prevalente è quella militare, che avrà ricadute sociali pesanti. Si insinuano poi nei linguaggi dei virologi e dei politici altre metafore volte a costruire gli scenari futuri (le famose fasi 2 e 3): una ricorrente è la “patente di immunità” – anche se uno scienziato italiano qualche sera fa ha specificato che sarebbe meglio parlare di “foglio rosa”.
Queste immagini, che hanno l’apparente funzione di deviare o alleggerire l’asfissiante stato di emergenza, prefigurano in realtà pericolosi esiti di ingegneria sociale e di governo biopolitico della società. Intendiamoci: una società di massa è organizzata a priori per essere addomesticata, immunizzata e biotecnologizzata, e lo è ontologicamente, ovvero o si dà con quelle condizioni o non si dà. Le alternative sono comunque al di fuori dell’imperante logica hobbesiana dello stato (ovvero del decisore ultimo delle vite individuali nel nome di un interesse superiore di potenza collettiva). E al momento queste alternative – anche solo immaginate – sono ridotte pressoché a zero.
Ma torniamo alla patente immunitaria, ovvero a quel dispositivo socio-sanitario che nel medio-lungo periodo deciderà dei nostri destini lavorativi, di circolazione e di collocazione sociale. Il potere medico-politico dovrà cioè disporre, sulla base di un controllo integrale dello stato biofisico di ciascun cittadino, la sua nuova posizione all’interno della struttura sociale. Si formeranno delle vere e proprie caste biologiche, suddivise per status virologico, livello di immunità, rischio ed età, che popoleranno alcuni luoghi e ne spopoleranno altri, saranno abili o disabili, positivi o negativi, liberi (a certe condizioni) o reclusi. In realtà nulla di nuovo: il lavoro coatto (Arbeit) ha sempre avuto basi, forme di controllo e patenti sanitarie (salvo produrre morìe negli infortuni sui luoghi di lavoro); senonché con l’occasione dell’emergenza sanitaria globale che stiamo vivendo – il “nemico invisibile” – tutto questo viene radicalizzato e riorganizzato alla luce delle nuove tecnologie e delle nuove esigenze dell’organizzazione del lavoro. La tracciabilità digitale degli individui diventa nelle mani dello stato biotecnologico (ancor più che biopolitico) un’arma formidabile, un ulteriore spazio vitale e individuale ceduto (oltretutto volontariamente) alle forze estranee del capitale e della valorizzazione. Cede la vita, avanzano i meccanismi.
L’apertura di un futuro auspicabile conflitto sociale, dovrà tener conto di questi nuovi dispositivi e “patenti”: quanti spazi di libertà vitale (non di mero consumo) siamo disposti a cedere alle nuove macchine che ci governeranno?