Stranizza di camminari

Lo scorso fine settimana, durante le mie passeggiate nel bosco, ho fatto degli esperimenti di camminata all’indietro. A lungo, cosa che normalmente – in società – non si può fare. Tutto è partito dalla sensazione di non sapere chi c’è dietro di noi. Peccato che il rovesciamento di direzione non lo risolve affatto, perché anche così non sai chi c’è davanti (o in un nuovo dietro di te).

Il problema sta nel nostro piano corporeo, che è fatto così. Unidirezionale e parecchio limitato – anche se esiste una sensorialità sottile che ci fa percepire presenze estranee. [Del resto pare che le linee evolutive si siano sbizzarrite un po’ meno dopo Burgess  Shale, a sentire il nostro amato Stephen Jay Gould].

Da questa banale esperienza percettiva ho derivato altre considerazioni e posture possibili. Se il problema era una (impossibile) percezione a 360 gradi, si potrebbe provare a camminare girando su se stessi come una trottola. Un minuto così, e comincia a girarti la testa e finisci per cadere a terra. Pessima idea. Ho provato allora ad incrociare i piedi e le direzioni laterali più lentamente, e un po’ funzionava: ma lo sforzo percettivo di orientarsi in più direzioni era comunque eccessivo rispetto all’obiettivo. Insomma, inutile.

Il giorno dopo ho allora modificato la prospettiva. Ho riprovato a camminare in diversi modi (anche guardando solo a terra o solo in cielo) e mi sono limitato a ricavarne analogie, metafore, simbologie. Ad astrarre. Visto così, il nostro procedere (nell’esistenza e nella storia) assomiglia molto ad un camminare all’indietro: non vediamo – perché ci è prospetticamente impedito – quel che ci attende. Vediamo solo – anche se sfuma velocemente – quel che sta dietro di noi (che è però dinanzi al nostro sguardo camminando all’indietro – memoria), ma procediamo a tentoni, come ciechi. Il futuro sta così alle nostre spalle. Bisognerebbe fare qualche considerazione sui lati: è per lo più ai lati che succedono cose, ma non sempre le cogliamo. Dovremmo deviare su percorsi secondari per approfondire. Se invece fissiamo i nostri passi, per prudenza di non inciampare, la nostra prospettiva si fa cortissima. Non incespichiamo, ma rischiamo di sbattere. Sguardo corto, un po’ come la politica oggi. C’è poi sempre la possibilità della fuga guardando il cielo – e immaginando anche che lo sguardo provenga da lì, e segua i nostri passi a volo d’uccello. Ma è una forma di straniamento.

C’è poi l’arresto, il fermarsi. Ho provato più volte a farlo. Ma subito ti prende l’ansia del dover andare o guardare da qualche altra parte. Gli umani non possono ristare: hanno l’irrequietezza nei piedi. Sul percepirsi camminare da sottoterra mi sono fermato. Avevo ormai raggiunto una soglia percettiva che stava per tracimare nella pura fantasticazione.

[tali osservazioni e riflessioni sono state condizionate il primo giorno dalla Settima Sinfonia di Shostakovic – la Leningrado, con la sua poderosa marcia del primo movimento; mentre il secondo giorno dalla Quinta di Mahler: l’Adagietto mi ha fatto capire una cosa fondamentale sul modo in cui funziona lo struggimento: il ritmo del cammino che cambia, l’arrestarsi sospeso, il passo che non vuole tornare a terra, il respiro che viene mozzato, la vita che vorrebbe poter afferrare l’attimo ma che non può farlo, ecc. Tutto si è poi compiuto con la luna quasi piena che stava sorgendo su un lato e il crepuscolo che si stava consumando sull’altro lato – e camminare tra questi due orizzonti voltandosi di continuo ha evocato l’esperienza dell’esser presi tra due fuochi – l’anfibolia! – dello strabismo umano – di nuovo irrequietezza, straniamento, angoscia, incompiutezza. Camminare fa bene e fa male, allo stesso tempo. Camminare è eminentemente dialettico e filosofico. Ed è profondamente umano. E tiene lontane le passioni tristi].

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Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

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