Risplende in puro chiarore

Quando la neve cade alla finestra,
a lungo suona la campana serale,
a molti la mensa è preparata
e la casa bene fornita.

Più d’uno nel peregrinare
arriva alla porta per oscuri sentieri.
Aureo fiorisce della grazia l’albero
dal fresco succo della terra.

Il viandante entra silenzioso;
dolore impietra la soglia.
Ma ecco risplende in puro chiarore
sulla tavola pane e vino.

(G. Trakl, Sera d’inverno)

L’epoca della guerra giusta

(Ultime – scomode – considerazioni dell’anno, sulla guerra russo-ucraina)

Imputo la mancata empatia di una parte dell’opinione pubblica, e di non pochi “compagni”, con la cosiddetta “resistenza” ucraina – nonostante l’impegno profuso quotidianamente da stampa, media, potere politico (non ultimo il servile e militarista governo Meloni) – ad un equivoco di fondo, che peraltro caratterizza il fenomeno-guerra in Occidente da oltre 30 anni: la “moralizzazione” valoriale del conflitto, col preciso scopo di camuffarne i caratteri geopolitici.
Ci troviamo cioè del tutto immersi nell’epoca della “guerra giusta” (quella esibita dall’Occidente a guida americana): mentre la Russia neoimperiale mostra la classica faccia muscolare e brutale della guerra (quella che si conduce sempre in continuità con la politica) che dominò nell’Ottocento e in larga parte del Novecento, gli Occidentali hanno vieppiù sovrapposto ai conflitti, elementi etici e metafisici volti a nasconderne la vera natura. Lo sappiamo bene dal ciclo di guerre mediorientali, poi dalle guerre jugoslave, dall’Afghanistan, dalla Libia e dall’infinita guerra al terrorismo lanciata da Bush.
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Eccedenza o uguaglianza?

Una ricostruzione (all’osso) della storia economico-politica dal neolitico in qua:
a) ciò che distingue l’animale umano dagli altri animali è l’eccedenza produttiva
b) il potere si riduce alla capacità di intercettare ed organizzare le eccedenze (tramite schiavitù, tributi, manipolazioni)
c) il tentativo radicale e marxiano – fallito – era quello di immaginare che tali eccedenze si potessero amministrare collettivamente
d) alcuni antropologi contemporanei scompigliano i giochi e ritengono che l’unico modo di stabilire una forma sostanziale di uguaglianza sia quello di eliminare alla radice la possibilità di accumulare eccedenze (praticamente impossibile per società ipercomplesse come le nostre).
Il dilemma diventa: rinunciare alle eccedenze (alla società comoda, alla guerra e alla probabile distruzione del pianeta) o all’uguaglianza?

(fonte: L’alba di tutto, di D. Graeber e D. Wengrow)

Filosofie della storia – 2. Se la storia ha un senso: per i greci, per i cristiani, per i moderni

[traccia dell’incontro del gruppo di discussione filosofica del 12.12.2022]

Sommario: Una pagina di Berdjaev sul concetto di “storico” – Il metodo dell’istorìa – La geostoria di Ecateo – Le Storie di Erodoto – Il rigore di Tucidide – Assenza di una “filosofia della storia” nel mondo greco – L’universalismo di Polibio – Messianismo biblico – La città di Dio di Agostino – L’escatologia in Gioacchino da Fiore – Tempo lineare e “progresso”

In una pagina molto ispirata all’inizio del saggio del 1923 Il senso della storia, il filosofo spiritualista russo Nikolaj Berdjaev evoca un’aria di profonda universalità e spiritualità nel rapporto che lega l’individuo al destino storico – più che dei singoli popoli o stati o nazioni, dell’intera umanità. Quasi che il senso dell’uomo sia quello della storia e viceversa, che il mistero dell’umanità si riveli proprio nella storia e che esista una intensa e sotterranea corrispondenza che lega tutte le epoche: dice Berdjaev che “tutto è mio”, l’intera spiritualità umana si riversa nel singolo che ne partecipa.
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Fusione (del cervello)

Non è necessario essere un fisico o un esperto di fusione nucleare per capire che nella comunicazione degli scorsi giorni sul grande evento americano c’era qualcosa che non quadrava.
Basterebbe leggere qualche articolo scientifico per rendersene conto. Senza voler entrare nel merito, mi sono fatto le seguenti due idee generali: a) l’annuncio americano riguardava essenzialmente una faccenda di primato, potenza e confronto militare; b) non ci sarà nessuna conseguenza empirica e tangibile – forse nemmeno tra mezzo secolo – per quanto concerne le ricadute “civili” ed energetiche di quell’esperimento.
Detto questo, ciò che impressiona è la narrazione urbi et orbi di stampa e tv – con in prima fila i vari Mentana e Rampini: una sequela di enormi cazzate ad uso delle masse. Del resto è stato il loro stile nel corso di tutta la covid-pandemia, e dunque non c’è da stupirsene. Così come dal 24 febbraio assistiamo al medesimo film sulla guerra ucraina.
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In memoria di Erlbruch

Apprendo solo ora della morte – la scorsa domenica – di Wolf Erlbruch, uno dei più grandi illustratori del mondo di albi per bambini.
Era nato a Wuppertal, in Germania, nel 1948. Nel 2006 aveva vinto il Premio Andersen, considerato il Nobel della letteratura per ragazzi, e nel 2017 l’Astrid Lindgren Memorial Award 2017, uno dei più importanti riconoscimenti mondiali per la letteratura per l’infanzia. In Italia è stato pubblicato da e/o e Salani.
Meravigliosi e indimenticabili i suoi albi filosofici La grande domanda e L’anatra, la morte e il tulipano, che ho avuto il piacere di presentare e discutere con centinaia di bambini.

Il bacio dei contraddittori

Ascoltavo o leggevo distrattamente in questi giorni le discussioni a proposito di pos, denaro contante e dintorni, con tutte le stranezze e i rovesciamenti del caso: sinistri che invocano la libertà elettronica di pagare, destri che criticano le banche, e poi le solite immagini evocanti rotoli di banconote che circolano negli ambienti mafiosi o dell’economia nera, sommersa, informale, ecc.
Certo, non si tratta di quisquilie, visto che l’uso del denaro attiene alla vita quotidiana e alla socialità. Ma al di là delle questioni specifiche, non può non tornarmi in mente ogni volta quel che a proposito del denaro dice Marx, fin dai giovanili Manoscritti economico-filosofici. Per noi maneggiarlo (in verità sempre meno) è normale e scontato, ma non sarebbe male, ogni tanto, chiedersi che cos’è – perché tutto è il denaro tranne qualcosa di immediatamente chiaro, un po’ come la merce. Sono oggetti strani, sfuggenti, imbrogliati e quasi metafisici, per riprendere il linguaggio marxiano.
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