Letture filosofiche: Il manifesto

Le straordinarie pagine del Manifesto del partito comunista sull’avvento dell’epoca borghese: desacralizzazione di ogni cosa, evocazione di potenze inaudite, precarizzazione del mondo, omologazione ed incantamento.
Ancor più vere oggi le parole di Marx ed Engels, dopo un secolo e tre quarti.

Breve è la vita di tutto quel che arde

(nel centenario della nascita)

Si schiude ora un fiore nella fredda sera.
Si leva ora in volo l’uccello di fuoco.
Breve è il volo di un simile uccello.
Presto appassiscono i giardini di luce.

Breve è la vita di tutto quel che arde.
Presto si spengono le ali su magioni oscure.
Presto si spengono le rose nel giardino della notte.
Mai però si spegne il desiderio di luce.

(1952)

Risplende in puro chiarore

Quando la neve cade alla finestra,
a lungo suona la campana serale,
a molti la mensa è preparata
e la casa bene fornita.

Più d’uno nel peregrinare
arriva alla porta per oscuri sentieri.
Aureo fiorisce della grazia l’albero
dal fresco succo della terra.

Il viandante entra silenzioso;
dolore impietra la soglia.
Ma ecco risplende in puro chiarore
sulla tavola pane e vino.

(G. Trakl, Sera d’inverno)

La filosofia per Canetti

«Ogni pagina di un’opera filosofica, dovunque la si apra, ha un effetto calmante: le fitte maglie di una rete che fu così palesemente tessuta al di fuori della realtà, il prescindere dal momento, questo grandioso disprezzo per il mondo dei sentimenti, che pure continua ad avere le sue maree nel filosofo stesso, questa sicurezza di un’apparenza che smaschera se stessa in una contro-apparenza, ma non per questo scompare, questo incessante intreccio con tutti i pensieri del passato, al punto che li si può afferrare e fiutare: questo tipo di stuoia, proprio questo tipo, viene intrecciata da migliaia di anni e solo i disegni cambiano; quale arnese si è conservato meglio? quale altro vasellame ha continuato a essere prodotto senza interruzioni sempre nel medesimo modo? Di qualunque filosofia ci si occupi, di questa perché la si conosce meglio, di quella perché non la si conosce affatto, in fondo è sempre la stessa cosa: dare spicco a poche, contate parole, che si sono nutrite dei succhi di tutte le altre, e farle procedere per sinuosi meandri».

[Canetti, Appunti, 1947]

 

Occaso

«La superiorità materiale dell’Occidente moderno è incontestabile; e nessuno gliela contesta, ma nessuno gliela invidia. Bisogna dire di più: di questo eccessivo sviluppo materiale l’Occidente rischia di morire prima o poi […] sembra che non si sia capito che è innanzitutto da sé stesso che l’Occidente ha bisogno di essere difeso».

(René Guénon, La metafisica orientale, conferenza del 1925)

La superstizione di essere epigoni

«Il responso del passato è sempre un responso oracolare: solo come architetti del futuro, come sapienti del presente, voi lo capirete. […] Formate in voi un’immagine a cui il futuro debba corrispondere, e dimenticate la superstizione di essere epigoni».

(F. Nietzsche, Sull’utilità e il danno della storia per la vita)

Il nuovo che si va formando

«L’affetto dello sperare si espande, allarga gli uomini invece di restringerli, non si sazia mai di sapere che cosa internamente li fa tendere a uno scopo e che cosa all’esterno può essere loro alleato. Il lavoro di quest’affetto vuole uomini che si gettino attivamente nel nuovo che si va formando e cui essi stessi appartengono».

(E. Bloch, Il principio speranza)

Ma le cose ci hanno sopraffatto

«Ma le cose ci hanno sopraffatto. Mentre le produciamo in massa, ogni giorno in masse più grandi, ci siamo abituati a prendere sul serio solo ciò che è una cosa sufficientemente concreta. Ormai vediamo e udiamo soltanto oggetti. Sentiamo oggetti. Le visioni degli audaci sono piene di oggetti. Tutto è disposto per produrre e distruggere oggetti. La terra, che è un oggetto rotondo, deve finire nelle mani del più avido, e questo è tutto. Gli oggetti, fabbricati in massa, devono essere ripartiti equamente; e questo è tutto. Queste due concezioni, abbastanza estreme, offrono la gradita occasione di distruggere al tempo stesso tutta la vita e gli oggetti.
Dov’è l’uomo che non disprezza le cose, solo perché vuole averle? Dov’è l’uomo che si meraviglia, si meraviglia di ciò che non toccherà mai?»

[E. Canetti]

Le virtù del vegetale

«La lentezza delle piante è il loro maggior vantaggio sugli animali. Le religioni della passività, come il buddhismo e il taoismo, vogliono procurare agli uomini un’esistenza vegetale. Forse non sono consapevoli di questo carattere delle virtù che raccomandano; ma la vita attiva che esse combattono è eminentemente animale. Le piante non sono selvagge; la parte preparatoria o sognante della loro natura prevale di gran lunga su quella volitiva. Ma all’interno della loro sfera hanno qualcosa che ricorda da vicino gli uomini. I loro fiori sono la loro coscienza. A ciò sono giunte prima della maggior parte degli animali, ai quali l’azione non lascia mai tempo per la coscienza. Gli uomini più saggi, che hanno lasciato da un pezzo dietro di sé il tempo delle loro azioni, portano il loro spirito come un fiore. Le piante però hanno molteplici fioriture; il loro spirito è plurale e sembra libero dalla terribile tirannide dell’unitarietà dell’uomo. Il numero Uno ci ha catturato e ora siamo per sempre in sua balìa. Le opere disperse degli artisti hanno qualche somiglianza coi fiori; solo che, mentre la pianta fa nascere sempre la stessa cosa, gli artisti moderni sono scossi dalla febbre del diverso».

(E. Canetti, 1944)