Mi piacerebbe scrivere qualcosa di sensato sulla voce. O, meglio, sul corpo della voce. Sulla sua fisicità, tonalità, sul timbro, sull’intensità, la profondità, l’altezza, l’estensione. Sugli effetti che questo corpo sottile che emette suoni, sia articolati che inarticolati, causa negli altri. Ma in primo luogo in sé: ascoltare la propria voce è un’esperienza primigenia essenziale. Immagino che la voce venga poi plasmata, partendo da una base biologica, attraverso una serie di meccanismi legati alla socialità, all’educazione (il canto, la lettura a voce alta, l’ascolto di sé e degli altri, l’imitazione dei suoni, le onomatopee, ecc.).
Insomma, un processo di formazione di grande fascino e complessità.
Ma è quel che la voce genera nell’altro ad affascinarmi ancora di più: il corpo della voce si annoda ai sensi e all’emotività della persona amante o amata, agli amici, agli affetti, alla cerchia di persone con cui interagisci. Basti pensare al ruolo della voce, alla sua “impostazione”, nella comunicazione, nell’oratoria (e, ahimé, nella propaganda). Voce poetica, voce della sapienza filosofica (che un tempo si trasmetteva oralmente), voce dei saggi, degli anziani, voce del canto.
Continua a leggere “Il corpo della voce”
Categoria: PSICOLOGIA
Irrazionale
Nel nuovo clima di caccia alle streghe si sente spesso parlare di “irrazionalità”. I no-vax, ma anche i no-qualunque-cosa, sarebbero “irrazionali”. In TV ci si spinge spesso oltre, definendoli come dei “pazzi” (noto di passaggio che l’uso del concetto di “follia” ricorre come se Basaglia non fosse mai esistito).
C’è una nuova religione dell’ortodossia razionale che decide che cosa non lo è (non è certo una novità nella storia): gli “irrazionali”, però, non sono solo i terrapiattisti, quelli delle scie chimiche, i negatori della realtà, gli anti-scientisti, i diffusori di bufale, ecc.ecc.: la categoria può allargarsi a dismisura ricomprendendo tutti quelli che si rivolgono a forme di medicina alternativa o naturale, i cultori dell’agricoltura biodinamica, i militanti notav, i salutisti radicali, gli eremiti, gli scettici, i non allineati, e così via.
Continua a leggere “Irrazionale”
Francofortese a mia insaputa
Qualche giorno fa ho dato una scorsa ai Francofortesi, dopo qualche tempo che non mi capitava di incrociarli: ho riletto alcuni passi, sfogliato la Dialettica dell’illuminismo, ricostruito brevemente il percorso di Marcuse… alla fine di questo “ripasso” sono rimasto impressionato dalla quantità di concetti, teorie, parole-chiave nelle quali mi sono riconosciuto: pur non avendoli mai studiati sistematicamente (di certo non come ho fatto con Hegel, Marx, Spinoza o i presocratici), mi sono trovato impregnato di atmosfere movimentiste, imbevuto di teoria critica, di dialettica e di fervore rivoluzionario. Anticapitalismo, anticolonialismo, anticonsumismo, e via criticando e negando.
Non diversamente mi è capitato qualche giorno dopo con Foucault – autore di cui ho letto pochissimo, e che conosco per sommi capi. Poco importa che io non lo abbia studiato: ce l’ho comunque in testa, è dentro il mio linguaggio, la mia mentalità, il mio modo di ragionare e concepire le cose. In definitiva, è come se fossi superagito da questi autori e correnti filosofiche, in modo pressoché inconsapevole. O meglio, non del tutto consapevole: se faccio mente locale, se ci ragiono, se provo a straniarmi dal mio percorso formativo, guardandolo dall’esterno, non posso non riconoscere gli influssi, i testi, le idee che mi hanno condizionato – attraverso gli amici, le frequentazioni, i collettivi, i discorsi, gli slogan.
Muffe ed escrescenze

La piazza dell’intimità
[ricevo e volentieri pubblico questo testo di Giovanni Capurso, docente di Filosofia e storia nei licei baresi e scrittore, quale contributo a quel filone di riflessione che da tempo questo blog affronta, ovvero la trasformazione socioantropologica, il narcisimo e la “pornografia emotiva” indotti dai social media]
Gli stoici dicevano che ci si deve applicare a se stessi, “ritirare in se stessi e lì dimorare”. In tal senso lo scrivere assume un ruolo quasi terapeutico: annotare riflessioni su se stessi da tenere per sé e rileggere in seguito, scrivere trattati e lettere agli amici per aiutarli, tenere taccuini allo scopo di riattivare nel tempo la verità di cui si aveva bisogno erano tutti strumenti fondamentali per tenere viva la propria interiorità. Tra questi gli stoici Seneca e Marco Aurelio ne sono una dimostrazione lampante.
Lo scrivere a mano, cancellare e rivedere è lento, e quella lentezza inevitabilmente favorisce il fluire dei pensieri, li accompagna, li plasma meglio. Più che farci evadere, esso ci rende più profondi. Nel tempo ci ha permesso di avere un’immagine più chiara di noi: che siamo esseri stratificati, che la nostra prerogativa è il mutamento pur mantenendo sempre qualcosa di immutato. E la solitudine ne era un ingrediente indispensabile.
Continua a leggere “La piazza dell’intimità”
Smartossici
Sempre più lo smartphone sta diventando l’oggetto principale – il dispositivo universale – che scandisce il tempo di milioni, anzi di miliardi di umani. Si è diffusa una vera e propria smartdipendenza, che ha creato schiere di smartossici e nuove forme di alienazione metropolitana. Da tempo osservo questi processi, che paiono ineluttabili, con un misto di incredulità e di stupore. Naturalmente ci sarà qualcuno che nel frattempo starà specularmente osservando me, mentre a mia volta ne faccio uso. Nessun’altra dipendenza come quella da smartphone è mai stata così rapida, virale, invasiva e… speculare-speculativa, quasi che ci si trovi ormai in presenza di un sostituto evolutivo dei neuroni-specchio.
Il paradosso maggiore che si genera in questa grande smartbolla nella quale siamo immersi – un paradosso ormai ampiamente digerito nonostante la sua evidenza – è l’illusione di essere in contatto col vasto mondo, proprio mentre si perde il contatto col mondo – con quel che fisicamente e socialmente era il mondo, ritenuto a torto o a ragione troppo piccolo, fino a qualche decennio fa. Si obietterà che questo accade (o accadeva) anche con la lettura dei libri, con la radio e la tv, con l’ascolto della musica in cuffia, e con la dislocazione in un altrove da essi favorita. Ma lo smartphone è infinitamente più potente di un libro o di qualsiasi altro contenitore di suoni e immagini: esso è un borgesiano libro dei libri, e molto, molto di più. È immagine, parola, suono, voce, medium, desiderio, astrazione, specchio delle mie brame – ma soprattutto rappresenta l’apertura potenziale ad ogni cosa, un vero e proprio oggetto metafisico universale, allusivo e simbolico come pochi altri oggetti. Ogni app, da questo punto di vista, è come una formula o una bacchetta magica.
Continua a leggere “Smartossici”
Metafisica dello smartphone
Adoro i film che mettono in scena cene o tavole spiazzanti (da Festen a Fanny e Alexander, dal Fascino discreto della borghesia alla Grande abbuffata) – proprio perché si tratta del luogo più familiare che invece diventa il più perturbante, e spesso più atto a far emergere scomode verità.
Ecco perché inseguivo da tempo Perfetti sconosciuti di Paolo Genovese, che ho finalmente visto nel miglior contesto possibile, ovvero all’interno dell’autorevolissimo e storico cineforum di Legnano, con inevitabile dibattito finale.
E in effetti è un film che si presta molto alla discussione, ma che occorrerebbe rivedere più volte per coglierne i molteplici aspetti – non solo dovuti alla perfezione della sceneggiatura, alla bravura superlativa degli attori, ma soprattutto al concorso di temi scottanti e di grande “attualità” (parola che non mi è mai chiaro, però, che cosa designi di preciso). Al punto che la citazione del Sorpasso di Risi da parte del relatore, mi ha suggerito l’idea che – esattamente come quel film lo fu per gli anni ’60, gli anni del boom economico – questo film potrebbe essere rappresentativo della nostra epoca, quale commedia amarissima della malata società italiana in particolare, ma tendenzialmente di quella globale (lo conferma il fatto che verrà distribuito in oltre 30 paesi, compreso un inconsueto remake del cinema americano).
Continua a leggere “Metafisica dello smartphone”
Se questo è un uomo
Non credo di avere mai incontrato un umano più derelitto. E sì che di luoghi di miseria e di derelizione ne ho frequentati nella mia vita. Gli mancava una gamba e si reggeva malamente sulle stampelle, ubriaco e maleodorante, gli occhi gonfi e tumefatti, i capelli arruffati e sporchi, la bocca deforme a farfugliare parole incomprensibili. Un senso di profonda sgradevolezza e di disarmonia emanava dalla sua figura, quasi che ogni dettaglio fosse stato studiato per respingere gli altri umani.
Ho provato lo stesso ad avvicinarlo.
Veniva dalla Romania – se ho capito bene – da dove dev’essere stato cacciato, probabilmente in qualità di rom, e, sempre se ho capito bene, la gamba gli è stata maciullata da un treno, dalle parti di Parma. Per uno che si muove quasi solo lungo i binari della ferrovia ad elemosinare, magari ubriaco fradicio, dev’essere una possibilità da mettere in conto, evidentemente.
Parlava di un amico (un connazionale?) che – qui proprio non sono riuscito a capire – o lo ha spinto o lo ha trattenuto, oppure è stato trattenuto da lui. Mimava insistentemente il gesto di afferrare qualcosa, e poi piangeva. Anzi, piagnucolava.
Brutto, sporco – non certo cattivo. O non più di altri. Di certo abbrutito dalla vita.
-Cu cazzu sì? – gli ha urlato un simpaticone di passaggio sul corridoio del treno. Più stronzo che simpatico, direi.
Continua a leggere “Se questo è un uomo”
Sesto fuoco: utopia dell’armonia
discorde si accorda
stupenda armonia
da contrasti
(Eraclito)
Ci interrogheremo stasera sulla natura e funzione delle passioni, e sul conflitto tra narcisismo ed empatia – ovvero tra pulsioni egoistiche e altruistiche.
Possiamo dire che si tratta di forze compresenti, sia negli individui che nelle società, anche se la spinta naturale all’autoconservazione è quasi sempre prevalente. Vi sono anche manifestazioni sociali evidenti di tali spinte contrastanti: società più aperte e accoglienti rispetto a società più chiuse e arroccate. Noi però andremo a scavare più a fondo, alle radici di tali pulsioni, lasciando in secondo piano (e magari ad oggetto della discussione) le manifestazioni sociali o comportamentali più evidenti.
Lo faremo mettendo in scena il colloquio immaginario tra un neuroscienziato e un filosofo – Antonio Damasio e Baruch Spinoza – che a distanza di secoli si ritrovano sorprendentemente a condividere molte idee a proposito di mente, corpo ed emozioni.
Continua a leggere “Sesto fuoco: utopia dell’armonia”
Quinto fuoco: toccati dall’ignoto
Massa e potere di Elias Canetti è un testo unico nel panorama culturale, letterario e scientifico del ‘900, così com’è unico il suo autore (che scrive tra l’altro un unico romanzo, Auto da fé, considerato uno dei più rilevanti del secolo). Non è un saggio di sociologia, né di psicologia o di antropologia, e nemmeno può essere considerato un testo storico o filosofico (di filosofi non ne vengono praticamente citati): pur tuttavia si fa ampio riferimento a racconti etnografici così come a referti clinici, a casi storici (spesso poco noti), alla zoologia, all’etologia – anche se non vi è nessuna di queste discipline a prevalere. Massa e potere non ha in sostanza un taglio specialistico, e rimane un testo inclassificabile – cosa che ne fa senza dubbio aumentare il fascino e l’interesse.
Leggerlo è un’esperienza quantomai “straniante”: al termine ogni nostro più piccolo gesto ci apparirà sotto tutt’altra luce (da questo punto di vista lo ritengo filosofico nel senso più alto: massima gioia conoscitiva e disagio e angoscia crescenti nel progredire spiazzante della conoscenza di sé).
Potremmo dire che quella di Canetti è una ricerca di tipo “genealogico”, che va alle origini, alle spalle, alla base delle nostre pulsioni più profonde: massa e potere non sono solo concetti o “astrazioni”, ma il modo in cui i nostri corpi agiscono e interagiscono.
Continua a leggere “Quinto fuoco: toccati dall’ignoto”