
1. L’acqua è ritenuta elemento chiave del cosmo e della vita fin dalle origini del pensiero greco. Talete, uno dei primi filosofi, fondatore nel VI secolo a.C. della scuola di Mileto in Asia Minore, ritiene l’acqua l’arché, cioè il principio ordinatore del mondo. L’acqua consente la vita (vegetale, animale, umana); i semi per schiudersi hanno bisogno dell’umidità; gli embrioni vengono concepiti e crescono nell’acqua; noi siamo fatti in gran parte di liquidi.
2. I filosofi successivi hanno ritenuto questa tesi eccessiva, visto che anche altri elementi (come l’aria, il fuoco, la terra; o altri ancora non necessariamente fisici: l’infinito, il numero o l’intelligenza) sono importanti per spiegare il funzionamento dell’universo. Ma l’acqua compare sempre nelle teorie degli antichi cosmologi: in Anassimene l’acqua è parte del ciclo di rarefazione/condensazione; in Anassimandro l’umido è uno dei contrari che permette il ciclo cosmico; in Eraclito, pensatore per eccellenza del divenire, simbolo del perenne fluire delle cose è proprio il fiume, dove non ci si può bagnare due volte.
3. In molte culture l’acqua è un elemento primordiale senza il quale il mondo non potrebbe esserci. Nell’antico mito mesopotamico di Enuma Elish all’origine c’erano Apsu (l’acqua dolce), Mummu (nebbia e nuvole) e Tiamat (l’oceano). Anche nella Genesi all’inizio “lo spirito di Dio incombeva sulle acque”. Senza contare che il diluvio universale è un elemento comune di molte mitologie e cosmologie.
4. Uno dei compiti fondamentali delle società nascenti è proprio quello del controllo e della gestione dell’acqua: sia in termini di approvvigionamento che in termini di difesa dagli eccessi. Una storia sociale, antropologica e tecnica dell’acqua è uno dei capitoli più affascinanti della lunga storia della civilizzazione umana. Irrigare deserti e opporre dighe alle alluvioni, ingegnarsi con vari sistemi (colmate, polder, drenaggi, marcite, oasi, ecc.), costituire sistemi collettivi di gestione e uso dell’acqua sono state tra le occupazioni più urgenti e importanti di tutte le comunità finora comparse.
L’assioma di base è semplice: dove non c’è acqua non c’è possibilità di vita. L’acqua è la vita.
5. Naturalmente senza la tecnica tutto ciò sarebbe stato impossibile. La nostra, che è l’era della tecnica all’ennesima potenza, tende però a dimenticare la fatica spaziotemporale e i costi (talvolta i dissesti) che un sistema idrico funzionante e universale richiedono. Avere l’acqua potabile sempre e comunque a disposizione, in ogni momento del giorno e della notte e tutti i giorni dell’anno non è poi così scontato e definitivo. C’è un bel pezzo di umanità che ogni giorno deve fare i conti con la scarsità, la non potabilità e talvolta con l’eccesso di acqua. La comodità del rubinetto – quel luccicante e ingegnoso aggeggio che spunta da muri, mattonelle e ceramiche – sembra indurci a rimuovere il meccanismo sociale, economico, ecosistemico che sta dietro al fenomeno della distribuzione/gestione delle acque. Succede un po’ come l’arcano della merce di cui parla Marx all’inizio del Capitale: dietro un oggetto così triviale e ovvio si nasconde in realtà “una cosa imbrogliatissima, piena di sottigliezza metafisica e di capricci teologici”.
6. Di recente alcuni intellettuali, scienziati, pensatori (Vandana Shiva, Riccardo Petrella, Pietro Greco…) hanno richiamato l’attenzione sulla questione cruciale dell’acqua per i prossimi decenni e secoli. Si prospettano (anzi già sono in corso) guerre dell’acqua. Una delle vere poste in gioco della politica globale è proprio il controllo dell’acqua e delle variabili climatiche (qualcuno parla già di oro blu). Per non parlare della privatizzazione dell’acqua.
7. Una parentesi personale. Nelle mie estati in Sicilia l’acqua – o meglio, la sua mancanza – era una costante. Ricordo di un agosto in cui per un’intera settimana mancò l’acqua e le donne – tra cui mia madre – partirono per il paese al grido di “occupiamo il municipio”. (A ripensarci era incredibile come potesse mancare l’acqua in un paese dei Nebrodi, il polmone verde dell’isola!).
Uno dei più bei ricordi che ho di mio nonno, poi, è legato proprio all’innaffiatura degli aranceti e degli orti: partire con lui la mattina presto per andare ad “abbeverare” le conche delle piante tramortite dal caldo e dalla siccità era per me motivo di incomparabile gioia.
8. Concludendo: visto che le trasformazioni climatiche in corso non sono più una proiezione/prospettiva, un di là da venire o uno scenario possibile, bensì l’incombenza di un qui e ora, noi privilegiati superalimentati e superidratati non possiamo più esimerci dal riflettere e agire qui e ora. Naturalmente in termini critici, di conoscenza, di scelte politiche, di presa di coscienza collettiva, ecc. ecc. Ma non basta. Sono sempre più convinto che le battaglie vadano fatte anche, se non soprattutto, privilegiando i comportamenti individuali (nulla di nuovo, anche qui sono anni che ce lo diciamo). Ma bisogna appunto praticare, non limitarsi a dire. L’uso quotidiano che ciascuno fa dell’acqua non è un’azione come un’altra, neutrale e indifferente. Direi anzi che, come dietro l’arcano dell’acqua c’è un mondo, dietro la banale quantità di acqua che consumiamo e il triviale gesto dell’aprire un rubinetto c’è uno stile di vita, una scelta etica precisa, un’assunzione di responsabilità e dunque una decisione politica. Semplice come l’assioma che senz’acqua non c’è vita!
Letture:
M. De Villiers, Acqua, Sperling & K. 2003
P. Greco, Pianeta acqua, Muzzio 2004
R. Petrella, Manifesto dell’acqua, EGA 2001
V. Shiva, Le guerre dell’acqua, Feltrinelli 2003
P. Sorcinelli, Storia sociale dell’acqua, B. Mondadori 1998
Storia dell’acqua: mondi materiali e universi simbolici, Donzelli 2003
Fotografia: Rubatacchini, http://www.flickr.com/photos/12935388@N00/