Com’è giusto che sia, The Whale (la balena, come l’inafferrabile Moby Dick!), è un film ostico, in parte irritante, claustrofobico, che non può non far discutere.
Sull’interpretazione di Brendan Fraser non si discute, è semplicemente clamorosa; sulla storia registica di Aronofsky anche, i suoi film sono fatti per inquietare.
C’è un primo elemento problematico, ovvero il passaggio dalla scena teatrale a quella cinematografica: camera immobile, formato 4:3, tutto pensato per mettere al centro Charlie e il suo corpo strabordante. Ogni tanto, però, qualcosa si inceppa, nella trasposizione, nei dialoghi, nella sceneggiatura, e qualcosa risulta sopra le righe. Ma alla fine anche queste sbavature sono forse funzionali allo scopo della messa in scena: come rappresentare una storia di tentata redenzione di un corpo fuori controllo e di un’anima spezzata?
Devo dire che la parte “anima spezzata” mi ha preso meno, mentre è la rappresentazione dell’obesità, il corpo che esce dai propri limiti, e le conseguenze che ciò comporta nei gesti quotidiani anche minimi, che ho seguito con più interesse. Non so se con partecipazione, ma certo con sofferente curiosità.
Continua a leggere “Moby Dick”
Tag: alterità
Fisiologia e metafisica dell’abbraccio

Abbracciare è un gesto universale della relazione umana. Un gesto più intimo della carezza, più deciso, se si vuole più “invasivo” della sfera dell’altro – che però, rispetto alla carezza, prevede una reciprocità: io abbraccio l’abbraccio dell’altro, le braccia dell’uno cingono il corpo dell’altro, che restituisce simmetricamente il gesto. Come se ci fosse una continuità, un flusso unitario dei corpi. La tattilità viene coinvolta in modo molto forte, meno delicatamente rispetto alla carezza, con maggiore estensione ed effusione. Ovviamente c’è anche una gradazione dell’abbraccio, che va dal breve contatto ad una quasi fusione dei corpi (come accade nell’atto sessuale). Ma l’abbraccio è sempre un gesto che ha una forte valenza emotiva, di accoglimento dell’altro. In particolare per quanto concerne la consolazione.
Mi è capitato circa un anno fa di vivere un abbraccio profondissimo di questo tipo: complice la piccolezza del corpo dell’altra persona – una donna che aveva appena perso il marito – la quale si è totalmente abbandonata nelle mie braccia. Ho sentito il suo corpo, ma soprattutto la sua emotività, il suo dolore, pulsare in un modo che mai avevo colto prima. L’interezza della sua persona era sprofondata nel mio abbraccio, come a volersi totalmente abbandonare. Ecco, nell’abbraccio c’è anche questa sorta di Gelassenheit, una forma di tranquillo abbandono, di annullamento di sé nell’altro, di sparizione dei confini dell’identità, di fusione, senza alcuna valenza erotica. Un puro atto di amore pietoso e compassionevole – nel senso più alto e più profondo di questi sentimenti originari. Insieme all’abbandono c’è anche, di fondamentale importanza, il rapporto di fiducia: l’abbracciare è anche un fidarsi e affidarsi all’altro.
Continua a leggere “Fisiologia e metafisica dell’abbraccio”Antropocene 7 – Elogio della discrezione
Il percorso di quest’anno – dedicato all’Antropocene, cioè all’epoca in cui sul pianeta parrebbe essere dominante e determinante per i suoi equilibri la specie umana – è stato inevitabilmente attraversato dai consueti chiaroscuri: se il successo evolutivo di homo sapiens, con la progressiva espansione della sua parte mentale e “metafisica” (quel che abbiamo denominato come sfera della coscienza) ha del prodigioso, d’altro canto proprio questo sviluppo ha comportato ricadute letali per l’ecosistema e le altre specie (e, in prospettiva, per la sopravvivenza della stessa specie umana).
Quel che faremo stasera è provare a identificare nel concetto di discrezione – in senso lato, e sulla scorta del libro L’arte di scomparire del filosofo francese Pierre Zaoui – un possibile antidoto (un contravveleno, come dice Zaoui) alla forma più letale dell’antropocentrismo fin qui manifestatasi nella storia umana, una forma che ha avuto origine in Occidente ma che interessa ormai l’intero ecumene, che ha anzi come esito finale quello dell’istituzione dell’ecumene (la casa umana) come casa globale tendenzialmente coincidente con la biosfera: l’occupazione sistematica del pianeta da parte della specie umana pretenderebbe quindi di far diventare la casa di tutti una casa esclusivamente propria.
Continua a leggere “Antropocene 7 – Elogio della discrezione”
Il volto e il corpo dell’altro – 8. Freaks!
Il tema di stasera rappresenta una vera e propria summa delle tematiche sull’alterità/diversità, quasi una sintesi ideale del percorso fatto quest’anno: il freak – lo “scherzo di natura”, il mostro – rappresenta per antonomasia il più altro tra gli altri, l’alieno che raccoglie in sé le paure più ancestrali. Come vedremo, il vero freak abita nelle zone dell’interiorità, prima che nell’esteriorità del corpo mostruoso (e mostrato/esibito/rappresentato).
Partiamo da tre termini e dalla loro definizione:
Monstrum (dal latino moneo, monere – avvertimento, segno divino)
portento, prodigio, miracolo, cosa incredibile, meravigliosa
ma anche atto mostruoso (nefandezza), essere mostruoso
– ambivalenza del significato, con una successiva caratterizzazione di tipo morale che tende a sovrapporre se non a identificare la stranezza/mostruosità/deformità al male: dal kalòs kagathòs greco (ciò che è bello è anche buono) al rovesciamento cristiano: il brutto e il deforme che puzzano di zolfo, di diabolico, di maligno.
Freak – termine inglese traducibile con capriccio, bizzarria, anomalia, scherzo (di natura), mostruosità, fenomeno, associato prima ai freak show (gli spettacoli in voga nell’800-900 nei quali venivano esibite creature straordinarie, deformi, bizzarre, mostruose – non solo umane: i cosiddetti “fenomeni da baraccone”), e a partire dagli anni ’60 al movimento contestatario e anticonformista americano (da cui “frichettone”).
Continua a leggere “Il volto e il corpo dell’altro – 8. Freaks!”
Boriosi provinciali del tempo
Già solo avere riacceso il desiderio di leggere o rileggere o approfondire i testi dei classici, magari non solo quelli dei filosofi (per lo più greci), ma anche degli autori latini, andando a cercare i più reconditi ed impolverati delle librerie di casa – già questo costituisce un merito che da solo basterebbe e avanzerebbe; ma il saggio A che servono i Greci e i Romani? del classicista Maurizio Bettini fa di più: apre lo sguardo e la riflessione a tutto campo sul significato di termini come cultura, memoria, classicità, testo, linguaggio, scrittura, traduzione (e tradizione), beni e istituzioni culturali. Per non parlare di paidèia, insegnamento e scuola – altri fronti essenziali e vitali, specie in questo frangente epocale. Ma non punterò l’attenzione nemmeno su questi temi pur così importanti, e per i quali rimando senz’altro al testo – basti solo un accenno all’apertura critica sul riduzionismo linguistico (e concettuale), ovvero l’imperante dogma ideologico secondo cui tutto deve servire e servire, soprattutto, il dio denaro.
Quel che ho però trovato più intrigante e produttivo di pensiero ha a che fare con altre due suggestioni, la prima soltanto accennata, l’altra invece discussa ampiamente nei capitoli finali: la crisi del testo e il concetto di alterità.
Continua a leggere “Boriosi provinciali del tempo”
Il volto e il corpo dell’altro – 6. Altre filosofie: l’Oriente
Chi è l’Oriente?
È l’uomo in giallo
che vestirebbe in rosso se potesse
e porta in scena il sole
Chi è l’Occidente?
È l’uomo in rosso
che se potesse vestirebbe in giallo
e che di nuovo lo conduce via.
[E. Dickinson]
Ovviamente quando parliamo di Oriente indichiamo un termine o un concetto che ha il suo proprio reciproco in Occidente, senza il quale non starebbe nemmeno in piedi – con tutte le difficoltà che ciò comporta: chi designa cos’è Oriente e cos’è Occidente? In teoria dovrebbe esserci un terzo soggetto a dire cos’è l’uno e cos’è l’altro, altrimenti si corre il rischio di una inevitabile relatività della definizione (Oriente è ciò che Occidente considera Oriente – e viceversa, ma per come storicamente è andata è un viceversa debole).
Qui tratteremo Oriente – un po’ come fa l’intellettuale palestinese Edwad Said in Orientalismo, che ne critica il carattere “essenzialistico”, naturale e geografico-culturale – come frutto di una proiezione e di una mentalità: che cosa c’è dietro la categoria (occidentale) di Oriente? Non è forse quella parte di mondo che l’Occidente reputa Oriente, ma che è soprattutto marcata da una presa di distanza, da una negazione e, insieme, dall’attribuzione unilaterale di connotati immaginari?
Continua a leggere “Il volto e il corpo dell’altro – 6. Altre filosofie: l’Oriente”
L’utopia visionaria degli eptopodi
Come già mi era successo con Interstellar di Nolan, anche con Arrival di Villeneuve ho provato la sensazione fortissima di venire integralmente assorbito in una visione altra (aliena in senso lato) del mondo, e di trovarmi poi a fluttuare a lungo con la mente (e persino con il corpo) entro questa dimensione sospesa e rarefatta, come se il pianeta mi stesse stretto e fosse ormai così asfittico da dovermi apprestare a lasciarlo. Per poter proseguire così il viaggio della visione in un più articolato viaggio cosmico ed esistenziale.
La potenza visionaria di questo genere di film e di storie – che sfidano addirittura i massimi sistemi fisici, filosofici, etici, estetici e semiotici, e che alzano sempre più il livello insieme emotivo ed intellettuale – non si limita più a scaraventarci addosso domande da far tremare i polsi (che cos’è il tempo? che cos’è l’alterità? che cos’è umano? siamo liberi o predeterminati? siamo tutt’uno col cosmo? esistono limiti nella nostra capacità percettiva? e via ontologizzando), ma va oltre: ci scava la terra sotto i piedi, ci pone in una situazione straniante-perturbante, perché non sono più la mente o la coscienza ad esserne avvinte o affascinate, ma la radice stessa della nostra esistenza, quel tutt’uno passionale e razionale (ed altro ancora) che noi siamo, o che crediamo di essere, o che ci raccontiamo di essere.
Continua a leggere “L’utopia visionaria degli eptopodi”
Le carcasse della metafisica
Ho provato a fare ordine nella mia mente sul tema dell’animalità – su cui medito da tempo e che sto affrontando in vista del prossimo incontro del gruppo di discussione filosofica. Già questo “fare ordine nella mente” è indice di qualcosa di cruciale che accade in homo sapiens e che è essenziale per il processo dell’antropogenesi, proprio in relazione all’animalità. Ma, appunto, proviamo a procedere con un minimo di ordine.
Ho sempre trovato del tutto insufficiente l’approccio animalista o antispecista alla questione animale (ovvero: stabilire un minimo di regole etiche circa il nostro modo di trattare gli animali), proprio perché si fonda su un’inaggirabile posizione antropocentrica, ovvero sull’evidenza che il soggetto che pone il problema e che propone la soluzione è il medesimo, giudice e carnefice ad un tempo, razza padrona e dominante che per lenire il senso di colpa si inventa forme morali di risarcimento [a meno che non si voglia estinguere il problema con l’auspicio dell’estinzione della medesima razza umana, idea che conta un crescente numero di adepti e che si prospetta come una delle possibili configurazioni del nichilismo].
Continua a leggere “Le carcasse della metafisica”
Il volto e il corpo dell’altro – 2. Stranieri, xenìa e homo migrans
“Straniero” è parola che viene dal latino extraneus, che sta per esterno, esteriore, di altri. Medesima origine ha l’aggettivo “strano” (che invece in latino era reso dalla parola novus, nel significato di insolito) – convergenza ed assonanza che dovrebbe far riflettere.
Lo straniero è così ciò che sta fuori dei confini (familiari, nazionali, etnici, culturali, linguistici, ecc.) e che è affetto da stranezza, diversità, non familiarità. È l’estraneo che provoca turbamento.
I greci avevano invece coniato una parola – “barbaro” – che definiva lo straniero come colui che non parla la lingua greca, che letteralmente “balbetta” (bàrbaros è parola onomatopeica).
Molto diverso – e altrettanto interessante – il significato della parola greca xénos, che sta sì a designare l’altro-straniero (addirittura il nemico, come in Omero), ma con sfumature molto ampie che ricomprendono anche la figura dell’ospite: xenìa indica infatti il vincolo di reciproca ospitalità. Quasi che in questa parola si accenni alla condizione universale di estraneità che può colpire in qualsiasi momento gli umani costretti a lasciare, per qualsiasi ragione, la loro casa, la loro terra, il loro paese, e che trovano confortante l’idea che da qualche parte ci sia uno straniero-ospite pronto ad accoglierlo (molto interessante a tal proposito l’ambivalenza della parola “ospite”, che indica sia il soggetto che ospita che quello ospitato).
Continua a leggere “Il volto e il corpo dell’altro – 2. Stranieri, xenìa e homo migrans”
Il volto e il corpo dell’altro – 1. Introduzione
(Dedico questo incontro a due docenti universitari, ormai scomparsi e messi ai “margini”, ovvero Luciano Parinetto – uno dei miei maestri – e Franco Fergnani, un “maestro mancato”, entrambi alla cattedra di Filosofia morale dell’Università Statale di Milano, diversissimi per storie e riferimenti filosofici, ma entrambi dediti all’alterità, alla diversità, al cuore pulsante della filosofia, con passione e rigore)
L’altro, lo straniero, il diverso, l’estraneo – batte alla nostra porta.
Alterità e straniamento sono modalità essenziali ed originarie del presentarsi della filosofia nel mondo – la filosofia è innanzitutto un atto straniante, ciò che ci fa continuamente uscire dal pre-stabilito, dai confini, dalle abitudini. Che ci spinge sulla soglia per uscire dalle mura della città. Dall’identità che ci si ritrova cucita addosso – individuale e collettiva. La filosofia è un perenne volgere lo sguardo all’alterità, al di fuori dei confini e dei limiti consueti – e che ci invita a cercare le ragioni (ma anche le eventuali non-ragioni) di questa modalità di essere, sé e l’altro.
Con, però, un ricorrente pericolo: l’addomesticamento dell’altro, la riconduzione di ogni diversità e molteplicità all’unità (del pensiero), dell’altro-da-sé al medesimo.
Continua a leggere “Il volto e il corpo dell’altro – 1. Introduzione”