La cosmologia di origini atomistiche ed epicuree messa in campo da Lucrezio, vede senz’altro nella dialettica tra pesantezza e leggerezza – in linguaggio presocratico, tra condensazione e rarefazione – uno dei suoi elementi ricorrenti.
Innanzitutto la natura ha necessità di avere uno spazio infinito e indeterminato, proprio per esercitare quella dialettica: se ci fossero confini, la materia, a causa del suo peso, confluirebbe e si accumulerebbe nel fondo, e “nessuna cosa potrebbe generarsi sotto la volta del cielo”. È la profondità del vuoto che permette alle cose di esistere, librarsi, percorrere il proprio ciclo vitale: “s’apre dovunque immenso spazio alle cose / nell’inesistenza di limiti in ogni direzione d’attorno” (I, 1006-7). È come se fossero proprio il vuoto e l’invisibilità a favorire l’esplodere e l’espandersi delle forme – come se l’universo avesse in ciò il proprio respiro.
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Incubo infinito
A ben pensarci, l’immortalità dell’anima è una delle invenzioni più terribili e crudeli (oltre che prive di senso) della storia umana.
La sola idea di dover durare coscientemente per sempre mi fa orrore. Una coscienza infinita – indefinita – è il peggiore degli inferni immaginabili. Un incubo senza fine.
La finitezza è l’unica salvezza.
L’anima? Nient’altro che un grafema!
[Sommario: New Realism – Dualismo immaginario – La lettera e lo spirito – Mente-tabula – Lo spirito in un iPad – Il corpo di Spinoza – La macchina di Cartesio – L’automa di Leibniz – Homme machine – L’osso hegeliano – Scritture essoteriche]
Ho letto con molto interesse Anima e iPad di Maurizio Ferraris. Mi è piaciuto innanzitutto il tono ben poco accademico, non so dire se per le eventuali contaminazioni popsophiche o per quel piglio militante che fa dell’autore uno dei più convinti assertori del cosiddetto nuovo realismo in filosofia (so che è uscito in questi giorni per Laterza il suo Manifesto del nuovo realismo, i cui contenuti essenziali si trovavano già in un articolo comparso su La Repubblica dell’8 agosto 2011 ). Il costante riferimento a pratiche sociali, linguaggi audiovisivi, film, letteratura, canzoni, fatti di cronaca e aneddoti rende piacevole la lettura, anche se immagino possa far storcere il naso a certi filosofi un po’ ingessati, nonostante l’eventuale professione di postmodernismo. Comunque mi interessa poco dare etichette o valutare le mode filosofiche del momento, e dunque vado subito al nocciolo.
Le tesi di fondo – per lo meno quelle che mi sembrano più interessanti e in sintonia con le questioni più volte discusse in questo blog – sono almeno due, che è poi una soltanto, e che si può inscrivere nel dibattito su che cosa si debba intendere per natura umana, e, conseguentemente, sulla peculiarità spirituale delle produzioni umane:
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Arto fantasma
“Facciamo sempre i gradassi quando ci confrontiamo con i computer e con gli animali. Ci rappresentiamo come perfettamente autodeterminati, autocoscienti, liberi, pensanti e interpretanti. Ma, per l’appunto, quando dobbiamo giustificarci non troviamo affatto disdicevole recitare la parte degli automi o degli animali. E paradossalmente c’è della verità in quelle scuse, in effetti molta della nostra vita è davvero condizionata, incosciente, non pensata né esaminata.
In questo senso, la libertà e la coscienza potrebbero benissimo rappresentarsi come un arto fantasma. Cioè, anche in questo caso, come qualcosa che possiede una piena evidenza fenomenologica, ma che non ha alcuna realtà ontologica.”
(M. Ferraris, Anima e iPad)
Pèntade: l’anima e il blog
In verità, la prima parte del titolo potrebbe ingannare, poichè trattasi – secondo la definizione del dizionario on line Hoepli – di termine raro indicante “Gruppo di cinque cose uguali”. Vorrei infatti sperare che i cinque anni di blog trascorsi – l’anniversario cade proprio in questi giorni – non siano stati una omologata e noiosa pèntade. Pur tuttavia, proprio perché in oltre 600 post scritti in un arco temporale così lungo (ma anche breve, dipende dai punti di vista, come sempre), e così affollato di cambiamenti – ma anche così eguale e piatto (non mi pare ci sia stata nessuna rivoluzione epocale) – sono confluiti argomenti tanto disparati, ebbene vorrei approfittarne per provare a rinserrare le fila.
Anche se di fili al plurale occorre parlare, ché la mente è una matassa ingarbugliatissima, non certo riducibile ad un unico filamento. Insomma, proverò a dare una scorsa dall’alto, a volo d’uccello, al blog, per vedere se si intravvedono alcuni di questi fili e magari disegnare una qualche mappa. Dopotutto, se è vero che nel blog ho riversato pensieri ed emotività, pezzi di vita e di riflessione, dovrebbe pur restituirmi una qualche immagine speculare di 5 anni di vita intellettuale (e non solo). Salvo magari scoprire che nello specchio si andrà disegnando un ircocervo…