Il biopunto in 11 punti: il virus come iper-oggetto

[Sommario: Il peso dell’incompreso – La forma del virus – Iperoggetti – Le tesi biopolitiche di Foucault – Masse biologiche e masse psichiche – Corpi sani, corpi potenziati – Homme-machine – Riduzionismo: ta stoicheia – Limite, Hybris, Aidos – Meccanizzazione  e addomesticamento – Pesantezza della tecnica – Bioetica ristretta e Bioetica generale – In bilico]

1. Non avrei voluto scrivere più nulla sul virus e sulla pandemia, almeno per qualche tempo, dato che già lo sento come un peso che grava quotidianamente, ma l’impulso a riflettere, pensare, scrivere, e così facendo liberarsi dei pesi dell’incompreso (o almeno provarci) non è controllabile, viene e basta, e occorre obbedirgli. E poi il primo anniversario poteva anche essere un’occasione buona per fare il punto sulla situazione. Cosa che risulta non meno problematica oggi di un anno fa, quando marciavamo verso l’ignoto, mentre ora ci viene detto che si sta per uscire dal tunnel e che l’immunizzazione arrecata dai vaccini sarà la luce che ci salverà.
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Il volto e il corpo dell’altro – 1. Introduzione

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(Dedico questo incontro a due docenti universitari, ormai scomparsi e messi ai “margini”, ovvero Luciano Parinetto – uno dei miei maestri – e Franco Fergnani, un “maestro mancato”, entrambi alla cattedra di Filosofia morale dell’Università Statale di Milano, diversissimi per storie e riferimenti filosofici, ma entrambi dediti all’alterità, alla diversità, al cuore pulsante della filosofia, con passione e rigore)

L’altro, lo straniero, il diverso, l’estraneo – batte alla nostra porta.
Alterità e straniamento sono modalità essenziali ed originarie del presentarsi della filosofia nel mondo – la filosofia è innanzitutto un atto straniante, ciò che ci fa continuamente uscire dal pre-stabilito, dai confini, dalle abitudini. Che ci spinge sulla soglia per uscire dalle mura della città. Dall’identità che ci si ritrova cucita addosso – individuale e collettiva. La filosofia è un perenne volgere lo sguardo all’alterità, al di fuori dei confini e dei limiti consueti – e che ci invita a cercare le ragioni (ma anche le eventuali non-ragioni) di questa modalità di essere, sé e l’altro.
Con, però, un ricorrente pericolo: l’addomesticamento dell’altro, la riconduzione di ogni diversità e molteplicità all’unità (del pensiero), dell’altro-da-sé al medesimo.

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Il malore attivo della memoria

Mi trovo sempre più spesso in uno stato di imbarazzo di fronte ai “giorni della memoria”. Ormai il potere che contribuisce, attraverso il sangue che sparge a piene mani, a creare giorni di dolore, vieppiù istituisce e appalta giorni dedicati a ricordare le sue stesse nefandezze. Poco importa che sulla ribalta siedano altri potenti (anche se purtroppo non sempre è così).
Accade com’è doveroso con la shoah (giornata della memoria per antonomasia, nodo dei nodi del Novecento), con le foibe, con la caduta del muro di Berlino, celebrata di recente. Inevitabile la retorica, in questi casi. So di amiche attrici e brave lettrici, anch’esse imbarazzate quando vengono loro commissionati spettacoli, letture, performance e quant’altro per ricordare a grandi e piccini le tragedie che furono. Eppure tacere e ritirarsi in sdegnoso silenzio non è meno imbarazzante. Anche l’essere alteri sa di posa teatrale, ed è forse persino più irritante.
Tanto più che capita di sentire dalla bocca di qualche sedicenne l’espressione: “Piazza Fontana? Mai sentita!” – e lo blocchi appena in tempo prima di sentirgli aggiungere  “ma cos’è, un nuovo punto di ritrovo della movida milanese?”…  e allora stai a spiegargli che quarant’anni fa è successa una certa cosa, e quello o quella aggrotta la fronte e, prima di ficcarsi in un orecchio l’auricolare dell’iPod, ti guarda stralunato come se fossi l’ultimo degli alieni. Non so se sia peggio questo o la convinzione, pare diffusa tra i più giovani, che a mettere la bomba siano state le Brigate Rosse. Del resto come diavolo fanno a sapere quel che è successo se nessuno glielo racconta – o meglio, se nessuno è in grado di raccontare e, ancor più, di farsi ascoltare?

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