Ieri sera Gherardo Colombo era qui a Rescaldina.
Sotto la formula simpatica e molto comunicativa della chiacchierata a tu per tu con le persone (che non gli ha certo impedito di rispondere, com’è nel suo stile, a muso duro), senza microfono e gironzolante per la sala – si è trattato in verità di un’impietosa lezione di socioantropologia dell’Italia contemporanea.
Ne ho ricavato un elenco di considerazioni (qualcuna presa pari pari, qualcuna reinterpretata, qualcuna indotta):
-finita Mani Pulite, continua Tangentopoli, ad libitum
-ostilità (da me stracondivisa) per ogni “penalismo” forcaiolo: le leggi più severe non servono, anzi sono funzionali al sistema (vedi grida manzoniane)
-ostilità (da me indotta) per quella oscenità del tutto inutile e controproducente che sono le carceri
-ostilità per l’eccesso di leggi, che sono più facili da aggirare
-regole chiare, ma soprattutto: bene comune (a lettere cubitali, come recita la Costituzione inapplicata)
-da cui: apologia delle tasse (lui non l’ha detta così, ma io sì: le tasse sono belle, dovute e sacrosante)
-in Italia non c’è uno stato, ma un sistema intrecciato di consorterie, familismo, mafia diffusa
-colpa nostra: i cittadini devono farsi sentire, informarsi, sapere, conoscere. Chi lo fa davvero?
-strano che in un paese così cattolico si rubi: ma il cattolicesimo italiano è sempre stato inquisitorio, ben poco misericordioso
-i peccati mortali son quelli degli altri, i nostri sono peccatucci veniali
-e di fatti è il paese per antonomasia dei pentiti: se ti confessi ti premio, se fai questo ti do in cambio quest’altro…
-nota sul potere: perché ci sono persone che ne vogliono accumulare così tanto? la risposta è in Elias Canetti: vogliono sopravvivere agli altri (possibilmente tutti) e non morire mai
-quando nel 1992-93, dopo i potenti, si cominciò a indagare sui comuni cittadini… fine dell’indignazione (e delle monetine) e ascesa di Silvio Berlusconi. Casualità?
-occorre un salto, una discontinuità. In verità, meglio sarebbe la morte di un sistema, e la rinascita di un altro dalle sue ceneri (in Italia non c’è mai stata una vera rivoluzione, nemmeno la Resistenza ci si è avvicinata)
-partire da sé, educazione, cittadinanza: ma la libertà è faticosa; essere sudditi è più comodo e più semplice, c’è qualcuno che ti dice sempre che cosa devi fare
-occorre scegliere tra le dande e una pericolosa responsabilità…
Tag: corruzione
Liquida, anzi miasmica (con postilla sul papa e dichiarazione di voto)
Alla fine di questo post (senza capo né coda, liquido esso stesso un po’ come la società e le categorie del sociologo Zygmunt Baumann), dichiarerò pure le mie intenzioni di voto al prossimo redde rationem del 24 febbraio – sempre che non si volatilizzino nel frattempo, confondendosi con i miasmi sociali, politici ed antropologici della nazione. Nazione incantata per una buona fetta, in queste incerte giornate di fine inverno, dal palco fiorito di una popolare manifestazione canora (una delle poche cose ancora solide, non affette da malefico relativismo). Insomma, sarà un post pseudodadaista.
Buttiamola subito in politica (anche se sarebbe meglio buttare la politica). Ma credo che in Italia non si possa più parlare di politica, quanto di cosche e consorterie che hanno messo le mani su ciò che è comune contendendoselo, e più spesso spartendoselo (non certo in misura eguale ed egualmente colpevole: troppo comodo berciare il ritornello da bar del “tanto sono tutti uguali”). Non è un’altra tangentopoli, quanto piuttosto il consolidamento di quel sistema e di quella crisi che non solo non ha trovato uno sbocco, ma si è fatta permanente. Tutte le uscite dalla politica (la cosiddetta antipolitica, peraltro politicissima ed ideologicissima) hanno paradossalmente consolidato il sistema: così è stato con il leghismo, poi con il berlusconismo, e c’è da temere che così avverrà anche per il grillismo.
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Fisiognomiche antìfrasi
“In effetti bastava guardarli in faccia” – ha dichiarato un esponente Pdl, di cui non ricordo il nome (ed è bene così, son già fin troppi i neuroni del mio cervello impegnati nell’occuparsi di questa feccia).
Hegel, da buon illuminista qual era, aveva sferrato un pesante attacco contro le pseudoscienze all’epoca in voga, in particolare la fisiognomica e la frenologia. Ineccepibili le sue argomentazioni, che possono essere così riassunte: lo spirito – cioè l’essenza dell’umano – non è mai riducibile all’esteriorità, sia essa la figura, il volto, la gestualità o le ossa del cranio. Che non vuol dire che l’interno rimanga interno e non si esteriorizzi, anzi! Però il suo elemento più proprio non è la maschera corporea – ovvero il segno – bensì il libero operare: “L’individualità abbandona quell’esser-riflesso in sé che è espresso nei tratti, e pone la propria essenza nell’opera” [Fenomenologia dello Spirito, ed. La Nuova Italia, p. 264].
Hegel però, pur con tutta la sua immaginazione dialettica, non aveva previsto il sotto-sottobosco della politica italiana (che è ormai per intero sotto-sottobosco, e dunque paradossale sineddoche di se stessa), né immagino che quel ch’egli intendeva per operare possa anche solo lontanamente essere avvicinato all’estetica pecoreccio-vanziniana di cui la destra romana sta dando disgustoso spettacolo in questi giorni (ma è lo stesso Vanzina a stupirsene oggi su qualche quotidiano).
Succedono poi cose strane fin nella lingua (ma questo lo sapevamo già da tempo), come quando vengono usati nomi del tutto fuorvianti per indicare cose che proprio non c’entrano – e questo nella grammatica italiana viene indicato con la figura retorica dell’antìfrasi. Insomma: il celebre e cerebrale regista Nolan, con il suo attore preferito Christian Bale, ci ha messo un decennio buono a costruire il mito gotico ed esistenzialista dell’oscuro pipistrello, e un qualsiasi portaborse e ladrone della Ciociaria gli scippa il nome – er Batman! – e gli demolisce l’opera in un minuto.
Il nome d’accordo, non la cosa stessa – come si affretterebbe a precisare sempre Hegel. Che poi, detto in soldoni (salentini), cce centra lu culu culle quattru tempure?
Manifesto della vergogna
“La Vergogna è Tristezza accompagnata
dall’idea d’una nostra azione che
immaginiamo biasimata da altri”
(Baruch Spinoza)
***
“Mi hanno tolto il gusto di essere
incazzato personalmente”
(Giorgio Gaber)
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Mi vergogno di abitare in un paese che non sa fare a meno di mandare al potere ometti ridicoli e grotteschi, mascellati o ceronati che siano.
Mi vergogno di abitare in un paese la cui legge elettorale viene definita ufficialmente “Porcellum”.
Mi vergogno di un paese dove il telespettacolo permanente di nani, ballerine, soubrettes, calciatori, ruffiani e cortigiani è diventato il nucleo centrale dell’opinione pubblica.
Mi vergogno di un paese in cui gli uomini di potere dicono cose irripetibili e irriferibili sulle donne e sulle loro parti anatomiche – senza che altri uomini e altre donne non se ne vergognino al punto da destituirli e cacciarli a pedate in una di quelle stesse parti anatomiche.
Mi vergogno di un paese che non ha più il senso comune e, soprattutto, il senso del comune.
La durevole dittatura della merda
Solo in un paese sottosopra può accadere che l’analisi politica più avanzata provenga da un comico (nella fattispecie una comica) e non dagli intellettuali di professione. Draquila, il film-documentario di Sabina Guzzanti, non si limita a raccontare alcuni fatti e a dare voce ai terremotati aquilani (sia ai delusi che agli illusi), non è soltanto l’atto di denuncia della corruttela e del marcio sistema di potere dell’epoca berlusconiana – ma si spinge un po’ più in là: connettendo quei fatti, affiancando cosa a cosa e stortura a stortura, la Guzzanti ci offre un’analisi lucida di quel che va accadendo in questo paese rovesciato e governato (come amaramente dice nel finale un intervistato) dalla merda e, insieme, dall’illusione che ciò che è fasullo e vuoto non possa durare, mentre invece sta durando e durerà.
Ma veniamo ai punti cardine dell’analisi: sono almeno tre, e da tempo li vado denunciando su questo blog, con la speranza che prima o poi una sollevazione (non solo morale) possa porre fine ad uno dei peggiori periodi della storia italiana.
L’invettiva di Socrate
l’intera comunità degli adulti
di avere corrotto sistematicamente l’infanzia e la fanciullezza. Di averne deturpato il volto, il senso, la bellezza. Di averne distrutto la poesia, la meraviglia, la novità.
Accuso i genitori e le famiglie
di aver permesso che i loro figli nascessero in una società marcia, sudicia e profondamente immorale. Li accuso di aver messo al mondo i loro figli per lo più a casaccio. Li accuso di non averli amati a sufficienza, di averli lasciati in balìa del mondo, di non aver saputo resistere all’istinto riproduttivo.
Accuso gli imprenditori, i pubblicitari, il sistema economico
di avere mercificato le anime, le menti e i corpi fin nella culla. Di avere insozzato i bambini con il loro denaro, il loro desiderio di accumulo, la loro sporcizia consumistica. Di avere avvelenato l’aria, la terra, l’acqua, gli ambienti e i mondi delle future generazioni, dichiarando loro una vera e propria guerra preventiva.
Accuso l’intero sistema
‘O SISTEMA (uno e trino)
“A Giggino Mezzanotte lo portano in palmo di mano come a un Dio, perché una maniera o l’altra in tanti si abbuscano qualcosa per mezzo suo. Chi a spacciare, chi a nascondere la roba e chi le armi, chi a vendere il falsificato, chi a prendere una fatica in qualche cantiere o dentro alle imprese di pulizia. Io, se posso, a Giggino Mezzanotte non ci voglio chiedere niente né ora né mai, perché una volta che sei entrato dentro al sistema sei fottuto e non decidi più niente della vita tua. Decide lui al posto tuo, ti dice quello che devi e non devi fare, e se non vuoi stare alle regole lui sicuro ti fa sparare in testa. Perché è così che qua funziona. A te ti danno una pippata di tabacco ogni tanto, per far vedere, per tenerti buono, per illuderti che prima o poi ti spetta una vita normale. E intanto si mettono i milioni sopra alla banca, si comprano i motoscafi e le macchine potenti, si costruiscono le ville blindate e si fanno gli interessi loro, questo si fanno, alla stessa maniera dei politici, che dicono tante belle parole e poi ci azzuppano a tutto andare. Sono anche peggio quelli, che pensano solo ai voti e alla maniera di guadagnarci sopra. E ogni tanto, quando i morti sono troppi, quando i giornali si mettono a scrivere, mandano la polizia per fare cinque sei arresti, per buttare fumo negli occhi, per farsi belli alla televisione, pe’ fà veré che si preoccupano. Non gliene fotte niente. Niente. Per loro siamo la monnezza del mondo. Questo siamo. Monnezza.”
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(Domanda: si sta parlando di “sistema camorristico”, di “sistema politico-affaristico” o di “sistema capitalistico”? Qualcuno vuole essere così gentile da spiegarmi la differenza?)
(il brano è tratto da: Andrej Longo, Dieci, Adelphi)