Ho realizzato un sogno ormai ventennale lo scorso 23 novembre, quando finalmente ho potuto ascoltare dal vivo per la prima volta l’Ottava sinfonia di Mahler – l’unica che mi mancava, la più complicata da intercettare (non solo in Italia), dato l’organico immenso che richiede.
I mahleriani sanno bene che si tratta di un vero e proprio monstrum della storia musicale e sinfonica, passato alla storia come “sinfonia dei Mille” (l’idea venne all’impresario che ne organizzò a Monaco la prima esecuzione, il 12 settembre 1910, con direzione dello stesso Mahler, il quale si trovò di fronte oltre mille tra musicisti e cantanti e qualcosa come 3000 persone nel pubblico, tra cui parecchi celebri musicisti dell’epoca, scrittori del calibro di Thomas Mann, principi, ministri e compagnia cantante – è proprio il caso di dirlo).
Al centro congressi del MiCo, nell’area della vecchia fiera di Milano, erano 570 e a dirigere c’era Riccardo Chailly: un evento memorabile che difficilmente si ripeterà nello stesso decennio (l’Ottava mancava da Milano da ben 27 anni).
[Rileggendo quel che ho scritto finora mi rendo conto che è il parossismo il filo conduttore: è troppo, eccessivo, eccezionale, oltremisura, esagerato… qualcosa che le parole non riescono nemmeno a contenere; oppure, viceversa, che alimenta il loro stesso carattere retorico e parossistico, quasi che siano loro a prendere il volo e a gonfiarsi più del dovuto].