Filosofie della storia – 2. Se la storia ha un senso: per i greci, per i cristiani, per i moderni

[traccia dell’incontro del gruppo di discussione filosofica del 12.12.2022]

Sommario: Una pagina di Berdjaev sul concetto di “storico” – Il metodo dell’istorìa – La geostoria di Ecateo – Le Storie di Erodoto – Il rigore di Tucidide – Assenza di una “filosofia della storia” nel mondo greco – L’universalismo di Polibio – Messianismo biblico – La città di Dio di Agostino – L’escatologia in Gioacchino da Fiore – Tempo lineare e “progresso”

In una pagina molto ispirata all’inizio del saggio del 1923 Il senso della storia, il filosofo spiritualista russo Nikolaj Berdjaev evoca un’aria di profonda universalità e spiritualità nel rapporto che lega l’individuo al destino storico – più che dei singoli popoli o stati o nazioni, dell’intera umanità. Quasi che il senso dell’uomo sia quello della storia e viceversa, che il mistero dell’umanità si riveli proprio nella storia e che esista una intensa e sotterranea corrispondenza che lega tutte le epoche: dice Berdjaev che “tutto è mio”, l’intera spiritualità umana si riversa nel singolo che ne partecipa.
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Figure dell’ananke

È passato ormai un mese da che mio padre è morto e, oltre alla malinconica tonalità emotiva che non mi dà tregua, c’è anche un pensiero ossessivo che non vuol cessare: quello dell’ananke.
Ananke è figura terribile, e ben poco traducibile, della mentalità greca: nella lingua latina diventa la necessitas, ma il significato originario viene ad esempio reso da Empedocle come “antico decreto degli dèi” (fr. 115) che si fa “intollerabile necessità” (116). Sia Platone che Aristotele traducono l’ananke in linguaggio filosofico, ora in chiave logica ora in chiave metafisica e cosmologica, ma saranno gli stoici ad innervare più di chiunque altro il proprio sistema-mondo con quella potente fatalità (simmetrica ed opposta alla misera impotenza umana), che da Crisippo viene anche indicata come heimarmene, parola greca per indicare il fato o il destino.
Ananke è innanzitutto una figura violenta, inesorabile, che non dà tregua: la forza avversa (bia), l’impossibilità che qualcosa sia diversamente da come è (l’essere di Parmenide è avvolto da quelle stesse catene). Oltre che in forma logica (l’ananke, se si vuole, regge il principio aristotelico di non contraddizione, principio fermissimo, immobile, eterno, inscalfibile, irremovibile), ci si presenta anche nella modalità fisica e psicologica del tempo, come ciò che è irreversibile, che non può tornare indietro. Un consumarsi inesorabile delle cose.
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Quinta parola: libertà

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[Sommario: Libertà e filosofia – L’uomo-misura di Protagora – Socrate eroe classico della libertà – Diogene hippy e cosmopolita – Il giardino di Epicuro – La catena degli stoici – Il libero arbitrio di Agostino – L’uomo proteiforme di Pico della Mirandola – Necessità e libertà in Spinoza – Stato e individuo: il liberalismo – Libertà, natura e spirito – L’oltreuomo nietzscheano – Sartre e l’esistenzialismo: libertà come possibilità – Libertà moltitudinaria – Responsabilità, alterità e libertà]

Il concetto di libertà è piuttosto sfuggente e, soprattutto, cangiante: epoche e culture diverse intendono questo termine in maniere inevitabilmente diverse. Ma senza voler entrare nella molteplicità dei significati e delle sfumature, evocare la libertà nel campo filosofico significa evocare nello stesso tempo una delle condizioni essenziali del pensiero: di libertà i filosofi hanno bisogno come l’aria, senza libertà di pensiero non ci può essere filosofia.
Ma di che cosa realmente parliamo quando parliamo di libertà? Da che cosa (o di che cosa) siamo (o dobbiamo) essere liberi? E poi: possiamo davvero esserlo, o si tratta di una pura illusione?
Ci faremo queste domande scorrendo velocemente il pensiero di alcuni filosofi o correnti filosofiche, dalla grecità all’epoca contemporanea.

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Prima obiezione: scatole cinesi

Il filosofo della scienza Telmo Pievani ce lo riassume così, in modo molto efficace: «Già ora abitiamo su un magnifico sasso vagante alla periferia della Via Lattea, schiacciati fra il gelido vuoto dello spazio esterno sopra di noi e colossali mantelli di magma incandescente sotto di noi, lì a metà, in bilico sopra zattere continentali in movimento e sotto una sottile striscia di atmosfera. In questa pellicola di gas instabili il 99% delle specie esistite nella storia naturale si sono già estinte e fanno parte dei cataloghi museali di un passato che non tornerà mai più».
È una radicale affermazione di contingenza. Scientificamente (e forse psichicamente) è un concetto molto sensato. Ontologicamente lo è un po’ meno – ma si può dissentire dall’ontologia e ritenerla una millenaria frottola o una gran perdita di tempo. Se però si tiene fermo il punto di vista ontologico, che è peraltro molto prossimo all’autoaffermazione non smentibile in nessun caso, occorre dire che: la contingenza si volge facilmente in necessità, poiché è in ogni caso, e quel che è ha una sua incontrovertibilità ed innegabilità, fosse anche errore, sogno o follia.
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Introduzione alla filosofia – 3. Cinici, stoici, epicurei: la filosofia come stile di vita

Potremmo sottotitolare questo incontro con l’espressione “la filosofia come stile di vita” (che è poi il titolo di un interessante libro scritto anni fa da Màdera e Tarca). Ci occuperemo cioè questa sera di quelle correnti filosofiche della tarda filosofia greca (siamo a cavallo tra il IV e il III secolo a.C.), che mettono al centro la questione etica e la libertà dell’individuo – in estrema sintesi è questa la domanda che ci porremo: come possiamo vivere saggi e felici in questo mondo? Domanda piuttosto impegnativa, visto che il mondo fa di tutto per distrarcene (o per darci delle risposte pronte, preconfezionate e spesso a loro volta infelici).

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Raggelanti destini

Ho radunato intorno al suono raggelante di una chiusura sinfonica di Ciaikovskij, alcune sollecitazioni estetiche relative a quello strano fenomeno, cosa o sensazione che definiamo destino. Tre per la precisione, due tratte dalla letteratura (Roth e Dagerman), una dalla biografia di un artista (Schiele). Ne parlo brevemente, per poi concludere con le note agghiaccianti del musicista russo ed alcune sommarie considerazioni circa l’ambiguità di quel concetto.

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Uccidere un bambino. Stig Dagerman, grande promessa letteraria della Svezia degli anni ’50, morì suicida a 31 anni. C’è un suo racconto terribile che ci consegna una visione angosciosa e quasi intollerabile della vita e del destino dei viventi – le parole da lui usate parlano di “vita spietatamente congegnata”.
“Uccidere un bambino”, racconto di poche pagine scritto nel 1948, si apre con una scena felice, un mattino di sole di una domenica mite e rilassata, durante la quale adulti e bambini si preparano al giorno di festa, ad uscire in barca o a passeggiare beatamente. Ma l’ombra cala subito sulla scena Continua a leggere “Raggelanti destini”