Ciclo di filosofia con i bambini 2011/2012 – Primo resoconto
Il quarto (o forse quinto) anno di sperimentazioni filosofiche con i bambini mi vede impegnato su tre fronti – nel senso che, per la prima volta, sono ben 3 le classi (quinte elementari) coinvolte. Un numero cospicuo di bambini (oltre 50), dei quali mi rammaricherò soprattutto di non poter imparare i nomi, se non in bassissima percentuale. Ma veniamo al dunque, senza tanti preamboli.
Come sempre ci buttiamo subito a capofitto (sia io che loro), anche perché il terreno è fertile e non ha alcun bisogno di essere dissodato o preparato. Sono già piuttosto avvezzi a farsi domande, e non si fanno certo pregare quando si tratta di riflettere, pensare a voce alta e dialogare insieme. Gli attrezzi ci son tutti, l’oggetto si dispiega imponente dinanzi a loro – ma non incute alcuna paura.
Però questa volta ho voluto cominciare con un esperimento: nonostante i nostri incontri siano in genere orali (e “frontali”), ho pensato di far fissare per iscritto alcuni pensieri. In due classi su tre ho chiesto ai bambini, prima di iniziare, di scrivere sul lato A di un foglio quel che la parola “filosofia” suggeriva loro, per poi tornare a scrivere sul lato B, al termine dell’incontro, rispondendo alla medesima domanda.
Ho così potuto misurare sia l’impatto immaginifico della parola e del suo suono, sia quel che le mie parole e la discussione hanno poi prodotto (ed eventualmente modificato) nel loro immaginario. Quel che segue è un resoconto sommario dei due lati (anche se in alcuni casi i bambini non hanno specificato quale fosse il lato A o il lato B, oppure hanno deciso di scrivere solo su un lato del foglio).
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Intervista pop-sophica
L’amico Antonino Fo, che scrive e collabora con Dillinger.it, un interessante esperimento sul web di giornalismo partecipativo, mi ha intervistato sul blog, sul rapporto tra filosofia e società, sul ruolo dei filosofi e altre simili quisquilie e amenità. L’intervista, che si intitola Può davvero essere popolare la filosofia?, parte dal recente fenomeno della cosiddetta popsophia, con tutti gli annessi e connessi (libri, siti e soprattutto il prossimo Festival del Contemporaneo che si terrà a Civitanova Marche). Io non so proprio se la mia “produzione di pensiero” sia popsophica (così come non so nemmeno se sia davvero filosofica) – posso solo dire di essere philo-sophos nel senso originario della costruzione semantica: amante devoto alla ricerca di agognata sophìa (ma che cosa si debba intendere per sophìa è questione aperta). Che poi, magari, è anche la possibilità più profonda e più propria dell’essere umano: e se ciò vuol essere reso dalla parola pop, ebbene che pop sia!
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1. Complimenti per il tuo blog ‘La Botte di Diogene’, è davvero ben tenuto, due cose colpiscono su tutte. La naturalezza, la prima, con cui riesci a coniugare l’uso di un linguaggio chiaro e diretto al rigore dei ragionamenti. La seconda cosa che colpisce è l’abilità con la quale spazi tra tematiche di varia natura. ‘La botte di diogene’, perché l’hai chiamato così?
Adolescenti I – Narcisi omologhi e conformi
Si parla continuamente di adolescenti. A proposito e (più spesso) a sproposito. L’adolescenza età della crisi, dell’incertezza, della scoperta di sé e del mondo. Età balorda. Età meravigliosa. Età passeggera… Ma l’adolescenza è anche (se non soprattutto) una costruzione sociale e culturale. Si può tranquillamente affermare che è stata inventata, e piuttosto di recente. Un tempo si era bambini, e poi di botto, con qualche rito secco di iniziazione, si diventava adulti.
Ora, io non so bene dire se questa “età di mezzo” serva alla specie (che ha allungato oltremisura il periodo dell’apprendimento e della formazione) – ma so per certo che è quantomai funzionale al mercato. Il dispositivo adolescenziale è in realtà una straordinaria mucca da mungere. Una gallina dalle uova d’oro. Un immenso business. Gli adolescenti hanno bisogni e (soprattutto) desideri pressoché illimitati. Ma proprio per questo, perché mai dare a questa età di transizione dei limiti? Perché non adolescentizzare gran parte della vita degli individui? Non a caso alcuni psicologi francesi hanno coniato il termine adulescence (kidults in lingua inglese, adultescenza in lingua italiana).
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