1. L’attuale fase della crisi israeliano-palestinese è generata dall’illusione che dopo 75 anni potesse essere messa in sordina o addirittura estinguersi la rivendicazione del diritto ad esistere e ad autodeterminarsi da parte della nazione o comunità palestinese. Un’illusione che i governi israeliani dopo Rabin hanno finito per condividere con un Occidente sempre più distratto.
In realtà quel territorio è un cuore-polveriera che dalle peggiori tragedie del Novecento tracima inarrestabile anche nel XXI secolo.
2. Questo ci porta ad una considerazione di ordine generale (e di metodo dell’analisi storico-politica) circa la genesi e la struttura dei conflitti: essi hanno radici e diramazioni che non possono mai essere semplificate o ridotte di complessità. Se qualcosa non viene compreso, conosciuto (e ri-conosciuto) non potrà mai essere risolto.
Chi si appende all’orrore del momento e alle passioni che esso suscita – e che può essere amplificato o rimosso ad arte dal potere mediatico e dalla macchina della propaganda – può certo approfittarne per un riposizionamento tattico, ma strategicamente e sul lungo periodo non otterrà nulla.
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