Il volto e il corpo dell’altro – 7. L’altro-bambino: il gioco (e la filosofia)

[solo dopo aver riflettuto sulla portata del gioco nella produzione storico-culturale, mi son reso conto che i miei esperimenti di filosofia con i bambini hanno essenzialmente una valenza ludica: i “filosofanti che bamboleggiano” irrisi dal Callicle platonico diventano così un ottimo simbolo di una serietà radicalmente altra che accomuna filosofi e bambini – strane creature ancora in grado di meravigliarsi del mondo]

La cultura “sub specie ludi” sembra essere la tesi essenziale di un libro importante e innovativo, quale è Homo ludens di Johan Huizinga (l’anno di pubblicazione è il 1938): ovvero, il gioco come elemento portante, necessario e sorgivo di ogni processo culturale. Senza l’elemento del gioco non avremmo avuto culture: le culture arcaiche e classiche hanno innanzitutto giocato con la cultura.
Si ha poi come l’impressione che Huizinga ritenga questa funzione del gioco come qualcosa di irreversibilmente tramontato: anche i secoli recenti (in particolare il ‘600 o il ‘700) più giocosi sono ormai alle nostre spalle, la serietà della vita ci ha preso alla gola, ora si lavora, si produce, si conduce una guerra totale e senza regole (non più cavallerescamente giocata), e anche gli elementi agonali o casuali del gioco (la sorte) sono diventati seri e seriali. Basti pensare al gioco d’azzardo, alla ludopatia (cosa di cui Huizinga non si occupa), allo sport – e, oggi, ai fenomeni dell’adultescenza, dell’infantilizzazione, ecc.

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Al supermercato della meraviglia

fruttiLa circostanza social #ioleggoperché in occasione della Giornata mondiale del libro, mi ha dato l’opportunità di ritornare con la mente ad un curioso episodio, risalente ormai ad almeno 40 anni fa, che racchiude forse, al di là dell’elemento personale, la cifra sociale dell’epoca.
Non ero un gran divoratore di libri, per il semplice fatto che non ne avevo molti a disposizione: in casa non ce n’erano, mio padre era analfabeta mentre mia madre aveva fatto la terza elementare, e di biblioteche neanche l’ombra. Il primo libro che ricevetti (un regalo dei miei padroni di casa) fu un atlante geografico De Agostini, che consultai fino alla consunzione. Poi i miei mi acquistarono un’enciclopedia di estrema sinistra (immagino a loro insaputa) intitolata Io e gli altri, molto ben fatta e che conservo ancora (fu la mia essenziale fonte di sapere scientifico, cosmologico, politico, antropologico e finanche sessuale).
Niente romanzi, niente libri per ragazzi (salvo un lacrimevole Incompreso, mi pare un Ragazzi della via Paal e poco altro). Avevo piuttosto una morbosa attrazione per le enciclopedie, non so per quale ragione: dati geografici di ogni tipo, classificazioni botaniche e zoologiche, nomi, nozioni, dati, date… l’idea che tutto lo scibile potesse venire ficcato a forza in un certo numero di pagine (e che fosse a mia disposizione) mi affascinava. Un’estate scoprii, in un cortile dove fui ospite per alcuni giorni, un’enciclopedia universale che ai miei occhi bambini dovette parermi immensa: tanto che preferivo star lì nel chiuso della stanza a sfogliarla, anziché andare a giocare all’aria aperta.

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Adolescenti II – L’era dell’infantilismo

[In questo post – più lungo di quanto avessi preventivato – ragiono sul processo di infantilizzazione nell’epoca dell’iperconsumo, mentre rilevo alcuni paradossali esiti delle categorie e dei movimenti libertari e più in generale dell’agire politico.
Sommario: Il cittadino-cliente – Infantilizzazione e mito dell’adulto – Deificazione del desiderio – Carpe diem! – Paradossi libertari – Fine della politica?]

Nel saggio Consumati: da cittadini a clienti (Einaudi, 2010), il politologo americano Benjamin Barber dedica tutta la prima parte all‘ideologia infantilistica che permea questa fase dello sviluppo capitalistico. L’autore sostiene come proprio l’infantilizzazione sia diventata il motore più importante del modello consumistico impostosi negli ultimi decenni, specie dopo l’abbandono dell’originario spirito dell’etica protestante e il passaggio dalla fase della produzione dei beni a quella dei bisogni.
L’operazione in corso è a tenaglia: da una parte abbassare la soglia dell’età del consumo, dall’altra infantilizzare il mondo adulto. Interessante come l’autore rilevi en passant che per far ciò il Capitale utilizza anche la leva dell’indebolimento delle figure parentali, “guardiani del cancello”, al fine di conquistare menti e anime dei bambini.
Il fulcro del processo non poteva che essere il mondo americano – Nuovo Mondo da sempre per antonomasia. A tal proposito vorrei allargare il campo di osservazione scelto da Barber (al cui testo rinvio per l’analisi), e spostarmi sulle categorie socioantropologiche di lungo periodo sottese e su alcuni paradossali esiti che mi pare di aver ravvisato.

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Scostituzione srepubblicana

(1) L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
Precario, flessibile, malpagato, sfruttato, alienato, parcellizzato, screditato, ricattato, infortunato, ucciso, evaporato…

(2) La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo.
Come no? Aprendo campi di concentramento graziosamente nominati Cpt o Cie.

(3) Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge.
(risate scomposte e prolungate…)

(7) Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani.
Peccato che la seconda, con la scusa della “sovranità morale”, finisca sempre per allargarsi e tracimare (che poi, di questi tempi, è una sovranità piuttosto screditata…)

(9) La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica.
Com’è dimostrato dallo stato della ricerca scientifica in questo paese e della grande stima di cui gli uomini e le donne di cultura godono, specie se paragonata a quella di soubrettes e calciatori.

(9) Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Sempre al primo posto nei pensieri di tutte le amministrazioni degli ultimi 50 anni…

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L’invettiva di Socrate

Socrate! (Attaaaaack!)
Io accuso

l’intera comunità degli adulti
di avere corrotto sistematicamente l’infanzia e la fanciullezza. Di averne deturpato il volto, il senso, la bellezza. Di averne distrutto la poesia, la meraviglia, la novità.

Accuso i genitori e le famiglie
di aver permesso che i loro figli nascessero in una società marcia, sudicia e profondamente immorale. Li accuso di aver messo al mondo i loro figli per lo più a casaccio. Li accuso di non averli amati a sufficienza, di averli lasciati in balìa del mondo, di non aver saputo resistere all’istinto riproduttivo.

Accuso gli imprenditori, i pubblicitari, il sistema economico
di avere mercificato le anime, le menti e i corpi fin nella culla. Di avere insozzato i bambini con il loro denaro, il loro desiderio di accumulo, la loro sporcizia consumistica. Di avere avvelenato l’aria, la terra, l’acqua, gli ambienti e i mondi delle future generazioni, dichiarando loro una vera e propria guerra preventiva.

Accuso l’intero sistema

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