(ho avuto l’onore e il piacere di introdurre questa serata su Primo Levi, nella biblioteca nella quale lavoro; quella che segue è la traccia del mio intervento)
Se Primo Levi è noto soprattutto per la sua opera di testimone sopravvissuto alla Shoah, nell’arco che va da Se questo è un uomo e La tregua fino al saggio-testamento I sommersi e i salvati (uno dei più importanti studi sulla natura umana del ‘900), vi è anche, “nel mezzo”, un Levi scrittore, soprattutto di racconti, forse meno noto ma altrettanto degno di interesse. Ci riferiamo in particolare alle due raccolte “fantascientifiche” Storie naturali e Vizio di forma.
Le Storie naturali vennero pubblicate nel 1966 con lo pseudonimo Damiano Malabaila, su consiglio dell’editore per questioni di opportunità legate al Levi testimone (La tregua era stata pubblicata solo pochi anni prima, nel 1963).
Levi dichiara a tal proposito di sentirsi un centauro, un anfibio: lo scrittore-testimone dei campi e il chimico della fabbrica, ma anche lo scrittore di cose (apparentemente) diversissime tra di loro. Queste due raccolte sono infatti classificabili come racconti di fantascienza, per quanto non parlino di alieni, astronavi, ufo o viaggi spaziali, e dovevano risultare piuttosto strani, se non stonati, agli occhi del lettore del Levi di Auschwitz.
Il titolo è la citazione di una citazione: Rabelais che cita la Storia naturale di Plinio, evidentemente con intento ironico, dato che le storie narrate sono le meno naturali possibili, anche se il linguaggio scelto da Levi vorrebbe essere quello della neutralità e della relazione scientifica.
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