Secondo fuoco: piccola apologia (gender) del corpo

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Opera di Salvatore Carbone

Tema quantomai scottante – direi infuocato come le discussioni che ne potrebbero scaturire – quello di stasera. Scottante perché attiene al sé di ciascuno e ciascuna, al modo di essere, alla propria identità più profonda – alle modalità attraverso cui l’essere umano si viene costituendo.
Ecco perché, tra l’altro, scatena battaglie ideologiche, guerre, fobie, campagne mediatiche…
Mi riferirò, di tanto in tanto, non ad uno – come preannunciato – ma a ben tre testi che ci aiuteranno nell’impostazione della riflessione e del dibattito – senza per questo doverli seguire passo passo.

1. Delegherò la funzione di “battaglia di retroguardia” alla filosofa morale Michela Marzano, che, pur da un punto di vista cattolico, dedica gran parte del pamphlet appena pubblicato dal titolo provocatorio Papà, mamma e gender a smontare, criticare, decostruire i luoghi comuni cattolici – e più in generale oscurantisti – su questo tema.
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Terzo lunedì: la “madre” di tutte le decolonizzazioni

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Premessa biografica.
La scoperta, peraltro tardiva, di uno scritto femminista dei primi anni ’70 che si intitolava Sputiamo su Hegel, ebbe su di me un duplice effetto. Da una parte fui turbato (e al contempo divertito per la singolarità del titolo), poiché si sputava proprio nel piatto nel quale stavo mangiando da tempo, oltretutto con gusto: Hegel era il filosofo che più avevo studiato (e amato) e che maggiormente aveva condizionato la mia formazione filosofica nonché la mia concezione del mondo, della storia, della politica. Dall’altra, quella scoperta non era certo casuale, dato che si innestava su una parallela frequentazione di ambiti di pensiero radicalmente critici (tra cui, ovviamente, quello femminista), non solo nei confronti della tradizione filosofica, ma soprattutto della società e delle sue strutture categoriali.
Una mia cara amica e compagna di studi, con la quale condividevo l’assunto marxista della stretta connessione tra teoria e prassi, mi disse un giorno che non capiva perché mai dovesse studiare tutti quei filosofi uomini, che avevano elaborato teorie di dubbio valore universale (al più potevano essere semiuniversali), e nei quali, soprattutto, finiva per non riconoscersi. Ecco allora che “sputare su Hegel” non era solo un gesto simbolico o provocatorio, quanto piuttosto un chiedersi radicale e straniato – che non valeva solo per le assoggettate di sempre, ben poco contemplate in quel “Soggetto” cui il filosofo tedesco dava una suprema importanza – se il discorso filosofico che andavo studiando sui libri riguardasse o meno la mia esistenza e l’esistenza collettiva nella quale ero immerso.
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Amletismi – 4

Donne maltrattate, stuprate, conculcate, recluse, uccise, perseguitate, controllate, represse, illuse, ridicolizzate, colonizzate, reificate, mercificate, ri-fatte, plastificate, sessualizzate, infantilizzate, omologate, disumanizzate…
che dovrebbero forse, per reazione psicofisica uguale e contraria: maltrattare, stuprare, conculcare, recludere, uccidere, perseguitare, controllare, reprimere, illudere, ridicolizzare, colonizzare, reificare, mercificare, ri-fare, plastificare, sessualizzare, infantilizzare, omologare, disumanizzare i loro (quasi sempre maschi) carnefici?
Come fuoriuscire dalla logica del mimetismo mortifero e autodistruttivo?
E’ ancora pensabile una radicale diversità antropologica di genere?

Viseità e labbra cucite

Donne con labbra cucite, come quelle di Najova, segregata nel Cie-lager di Bologna.

Donne con labbra siliconate, come quelle dei tele-visi modificati, denunciati da Lorella Zanardo.

“Dei quarantacinque muscoli facciali, a parte quelli necessari per masticare, baciare, odorare, soffiare, tutti gli altri servono per esprimere emozioni. Più articolato e complesso sarà il carattere, intendendo per carattere la nostra essenza più profonda, più individuale sarà l’espressione del volto. Cosa stanno nascondendo questi volti? […] Il volto esprime la nostra autenticità. Anzitutto, c’è la sua esposizione diretta, senza difesa, nella quale appare la sua nudità dignitosa. E’ proprio il volto che inizia e rende possibile ogni discorso ed è il presupposto di tutte le relazioni umane. […]
Il volto dell’Altro, dunque, mi coinvolge, mi pone in questione, mi rende immediatamente responsabile. La faccia umana reca un messaggio: vulnerabilità assoluta. Ed è per questo motivo che viene camuffata, nascosta, decorata, modificata chirurgicamente? […]
La vulnerabilità è però il maggior fascino del volto. Pier Paolo Pasolini aveva capito in anticipo che la televisione stava per distruggere la poetica potenzialmente espressa dal volto umano. Pasolini aveva un senso acuto della realtà del volto umano, come luogo d’incontro di energie ineffabili che esplodono nell’espressione, cioè in qualche cosa di asimmetrico, di individuale, di impuro, di composito, insomma il contrario del tipico.
Che ne è del volto delle donne? E del femminile espresso da ogni volto nella sua unicità?”

La questione maschile bis

A metà tra il divertito e il seriamente preoccupato per le reazioni a dir poco irritate (e in qualche caso francamente ridicole) di alcuni maschietti al mio precedente post sull’argomento, rilancio con la proposizione di un video che da tempo circola in rete, e che sicuramente molte e (spero) molti hanno già visto. Il corpo delle donne (visibile per intero all’interno del blog omonimo) è un sonoro schiaffone dato simultaneamente agli uomini e alle donne. Ad entrambi i generi in quanto colpevoli, seppure in diversa misura, correi e complici, anche con il silenzio. Va da sè che quando parlo di “uomini” e “donne” sto designando categorie che, data la loro generalità, rischiano di non voler dire nulla. Ma il punto è proprio questo: il rapporto tra categorie, tra la loro produzione storica e i singoli (cui magari, nonostante ne siano il prodotto, quelle categorie stanno strette).
Ma restringiamo il campo (anche se la televisione è uno degli enti condizionatori di massa più incisivi e invasivi della nostra epoca). Il documentario in questione (che è fatto da una donna, Lorella Zanardo, e da un uomo, Marco Malfi Chindemi), in poco più di venti minuti riesce a dar conto in modo esaustivo  della rappresentazione televisiva ed essenzialmente pornografica della donna, sottolineando in particolare i seguenti aspetti:

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