Il volto e il corpo dell’altro – 8. Freaks!

Il tema di stasera rappresenta una vera e propria summa delle tematiche sull’alterità/diversità, quasi una sintesi ideale del percorso fatto quest’anno: il freak – lo “scherzo di natura”, il mostro – rappresenta per antonomasia il più altro tra gli altri, l’alieno che raccoglie in sé le paure più ancestrali. Come vedremo, il vero freak abita nelle zone dell’interiorità, prima che nell’esteriorità del corpo mostruoso (e mostrato/esibito/rappresentato).

Partiamo da tre termini e dalla loro definizione:
Monstrum (dal latino moneo, monere – avvertimento, segno divino)
portento, prodigio, miracolo, cosa incredibile, meravigliosa
ma anche atto mostruoso (nefandezza), essere mostruoso
– ambivalenza del significato, con una successiva caratterizzazione di tipo morale che tende a sovrapporre se non a identificare la stranezza/mostruosità/deformità al male: dal kalòs kagathòs greco (ciò che è bello è anche buono) al rovesciamento cristiano: il brutto e il deforme che puzzano di zolfo, di diabolico, di maligno.

Freak – termine inglese traducibile con capriccio, bizzarria, anomalia, scherzo (di natura), mostruosità, fenomeno,  associato prima ai freak show (gli spettacoli in voga nell’800-900 nei quali venivano esibite creature straordinarie, deformi, bizzarre, mostruose – non solo umane: i cosiddetti “fenomeni da baraccone”), e a partire dagli anni ’60 al movimento contestatario e anticonformista americano (da cui “frichettone”).

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Il volto e il corpo dell’altro – 3. Follia, (a)normalità, istituzioni totali, antipsichiatria

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“Io voglio entrare fuori”
(uno dei matti di Basaglia)

Diversi gli approcci e i discorsi possibili sulla follia, che è quanto di più sfuggente e storicamente determinato ci sia: di ordine psicologico, antropologico, sociologico, medico – ma anche, anzi direi prima di tutto filosofico. D’altro canto chi definisce dissennato qualcuno se non il pensatore in grado di argomentare? che cos’è la follia se non l’antagonista della ragione?
Eppure filosofia a follia sono legate fin dalle origini, ma in tutt’altro senso rispetto a quel che potrebbe sembrare “normale”. Anzi, è proprio quella normalità che viene messa in discussione, se è vero che il filosofo tende a scardinarla fin dalle fondamenta, per gettare una luce straniante sul mondo, sulle cose, sulla realtà.
Già nell’aneddoto di Talete – il “primo filosofo” – che mentre osserva gli astri cade in un pozzo, è iscritta la stranezza originaria del pensiero filosofico: la serva tracia lo prende in giro perché mentre guarda in su (altrove), egli non vede quel che ha davanti a sé. Il sapiente fin dalle origini non ha i piedi per terra, ma la mente tra le nuvole, e da lì – straniato – guarda il mondo.
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(Onni)potenza medica

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Abbiamo un problema con la medicina. Che è poi il medesimo problema che abbiamo con la tecnica, ovvero un crescente delirio di onnipotenza (ed una corrispettiva sensazione di impotenza)
Non è qui in discussione che la medicina di tipo organicistico-positivistico abbia conseguito enormi successi. Per lo meno sul piano quantitativo (l’ambito qualitativo è un’altra faccenda): antibiotici e vaccini hanno condotto un’immensa guerra batteriologica dell’umanità contro il resto del mondo, mai vinta del tutto ma sicuramente efficace (non saremmo altrimenti sette miliardi, quasi otto). La chirurgia ha plasmato e riplasmato i corpi. Siamo ormai sulla soglia del corpo ibrido, biomeccanico.
Tuttavia, proprio questo indiscutibile successo ha finito per far montare la testa al potere medico (e farmaceutico): ospedalizzazione, medicalizzazione e farmacologizzazione integrale degli umani non bastano più, ora si entra anche nel territorio liminale di vita e morte.
Già in passato ho discusso di eutanasia, su questo stesso blog, a partire dalle riflessioni di Hans Jonas – che proprio del rapporto tra etica e medicina si è molto occupato. È un argomento su cui occorre essere molto cauti, ma avevo concluso (cosa di cui sono ancora convinto) che è di esclusiva pertinenza del soggetto vivente/morente decidere sui limiti della propria vita/morte: la sfera della sua autodeterminazione non può mai essere violata, e soprattutto non deve esserlo in nessun caso dal potere medico. I medici indagano, diagnosticano, curano – ma è il “malato” a dover decidere su di sé, e deve poterlo fare quando è in grado di intendere e di volere (espressione di volontà che, ovviamente, può presentare problemi, motivo per cui è necessaria più che mai una legge che regolamenti tali volontà, in forma di “testamento biologico” o altro).
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Forme di vita

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Non è un bel vedere. Sbava ed è tutto accartocciato sulla sua carrozzina. La donna che lo sta assistendo mi dice che ha 14 anni, ma di età mentale non più di 9 mesi. Oltre ad avere questa malformazione genetica, ha avuto grossi problemi gastrointestinali ed è per di più diabetico. Insomma, è vivo per miracolo. Lei gli accarezza i capelli e lui si strofina sul suo braccio. Poi il ragazzo fa una cosa inaspettata: si rivolge a me e mi tocca la mano, in segno di affetto – dice lei. Io non so cosa pensare.
Qualche minuto dopo, mentre faccio la mia passeggiata quotidiana, vengo assalito da una tempesta di pensieri e di emozioni. Pensieri che bruciano e lacrime che sono sul punto di cadere – anche perché…

…c’è stata una fase della mia vita – qualche decennio fa – nella quale ho avuto profondi convincimenti eugenetici. Il monte Taigeto (ammesso sia vera quella crudele usanza spartana) – naturalmente in forma sterile e medicalizzata – mi sembrava una buona e radicale soluzione al problema dell’handicap, delle malformazioni, e a tutto quel complesso drammatico che talune nascite si portano dietro.
Oggi mi vergogno profondamente di quei miei pensieri. Intendiamoci: la donna (o i genitori) che dovessero decidere di non far nascere un futuro bambino con gravi malformazioni, hanno e avranno sempre la mia piena solidarietà – oltre alla condivisione razionale. E non potrò mai perdonare tutti quei porporati e sepolcri imbiancati che da anni strillano contro l’aborto, come se non fosse un dramma per una donna sopprimere una vita che ha in grembo. Ma che ne sanno loro? (e del resto nemmeno io so, posso solo immaginare, com-patire).
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