Secondo lunedì: éros e agàpe

Amore-e-psiche-Canova

[Quella che segue è la traccia del mio intervento al Gruppo di discussione filosofica tenutosi lo scorso lunedì 18 novembre, cui è seguito il contributo dell’amico e teologo Marco Paleari. Che ci ha consegnato una visione tutt’altro che eterea dell’amore cristiano – éros come un uscire da sé e andare verso l’altro – che affonda le proprie radici in una complessa tradizione religiosa e spirituale non riducibile a quella occidentale o al cattolicesimo, con interessanti riferimenti all’arte, all’iconografia, al misticismo e ad un pensiero teologico più propenso ad indicare che a prescrivere, decisamente più comprensivo che moraleggiante. È stata una serata ricca di spunti, con una partecipazione davvero straordinaria – fin nel numero di presenze, che ha superato le 30 persone, ma che ha scontato l’ovvio limite dell’ampiezza del tema e della pochezza del tempo a disposizione: troppa carne al fuoco, insomma, anche se preferirei un’altra metafora, visto il mio vegetarianesimo…]

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Cominciamo dalle parole e dai loro significati originari. Ne metto in gioco tre, tutte della lingua greca:

érosphilìaagàpe

(in verità quest’ultima è pochissimo usata, ed entrerà nel vocabolario religioso quando si tratterà di tradurre in lingua greca il concetto dell’amore di Dio nei confronti degli uomini).
Questo il significato delle due parole più utilizzate:
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Sazio di giorni

(endiadi mortuaria, ma per nulla necrofila ed anzi vitalissima)

L’amica filosofa Nicoletta Poidimani, durante la presentazione all’ex-Cuem autogestita della Statale di Milano del libro Corpo e rivoluzione – raccolta di contributi sul pensiero di Luciano Parinetto – dice innanzitutto che gli manca. Cosa ovvia, potrebbe rispondere chi abbia conosciuto il loro rapporto, non solo filosofico ma anche “umano” (così si suol dire, come se la filosofia fosse disumana).
Ma il senso di questa mancanza va meglio indagato. Lei dice che le manca soprattutto l’intreccio con i pensieri, le parole e i giudizi della persona che è assente e, ora, muta. E fa alcuni esempi: “mi chiedo che cosa direbbe su questo, che battuta farebbe su quell’altro”, e così via. Eppure, paradossalmente, è proprio quel che meno dovrebbe o potrebbe mancare, questo lato di un’alterità assente. Ciò che manca una volta per tutte è il suo corpo – la configurazione di parti che con la morte semplicemente si decompone, lasciando che ogni atomo o parte segua altre strade e dia vita ad altri corpi o composizioni.
Certo, noi sappiamo spinozianamente che quella configurazione è eterna (non immortale) – la sua comparsa sulla scena dei modi della sostanza è per sempre, e non potrà mai più recedere dal cerchio dell’apparire (ma qui non vorrei impelagarmi nel linguaggio severiniano, oltre al fatto che tale certezza appaga forse la ragione, ma per nulla il cuore).
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Introduzione alla filosofia – 1. Gli inizi

(Pubblico qui, a beneficio dei miei “allievi”, la prima delle tracce del corso propedeutico alla filosofia che sto tenendo presso la biblioteca di Rescaldina. È un ciclo di sei lezioni – dunque la programmatica impossibilità di trattare esaurientemente uno qualsiasi dei pensatori, concetti o problemi della storia della filosofia. Diciamo che si tratta di un “aperitivo filosofico” per palati a digiuno, ma affamati e motivati dal desiderio di conoscere. Magari qualche lettore del blog, pur avendo ormai consumato parecchie cene, può trovarle utili o interessanti. Naturalmente saranno un po’ insapori e incolori, inevitabilmente “prosciugate” in favore della sintesi, oltre che prive del variegato gusto dell’oralità, delle digressioni, delle domande, del dialogo, dell’interazione tra le persone – insomma, più “lettera” che “spirito”).

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1.
Di fronte al “mostro sacro”.
Già solo a sentir nominare la parola “filosofia”, si è portati a pensare a qualcosa di troppo difficile (se non incomprensibile), di astratto (se non astruso), lontano dalla realtà, per pochi, inutile…
C’è del vero, ma anche del falso in questi “luoghi comuni” (e così ci abituiamo fin da subito ad una delle specialità filosofiche: i paradossi!).
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LA MIA ISTITUTRICE

donatella

Come sa chi legge questo blog, non sono solito abusarne per raccontare cose private; ma nello stesso tempo, in più occasioni, non mi sono sottratto dal farlo quando ho pensato che potesse essere di una qualche utilità “pubblica”. La biografia (intellettuale e non solo) di un individuo è fatta di mille elementi, di molti materiali, di infiniti incontri, di misteriosi intrecci – spesso imprevisti e imprevedibili. Migma, mescolanza caotica, direbbe il filosofo greco Anassagora.
E’ il cosiddetto “destino”, che non è certo scritto a priori, ma che si costituisce filandone giorno per giorno la trama – un intreccio che, appunto, non dipende solo dai soggetti interessati ma da molte altre variabili e circostanze. Un filo che ad un certo punto viene violentemente interrotto da Lachesi, con un taglio netto. E che lascia chi sopravvive interdetto, paralizzato, spaesato. Perché è come se ti venisse strappato qualcosa dalle carni. E allora niente è più come prima.
Ma le Moire se ne fregano, e continuano a tessere e a spezzare i destini come hanno sempre fatto, in maniera impersonale, dura, inflessibile. Senza requie e senza scampo. Dunque inutile illudersi: la mannaia del nulla equivale in questo caso a quella dell’essere – si nasce, si muore. Apparire e scomparire sono due facce della medesima atroce necessità, quella che ci inchioda alla moira – la “parte” che per caso abbiamo avuto in questa strana recita che è l’esistenza.
Poi il balsamo del tempo, come sempre, rimargina le ferite, lenisce il dolore, e insieme alle cicatrici e ai segni visibili della sottrazione lascia anche in bocca – e da qualche altra parte, nelle retrovie della mente – un certo strano sapore, una commistione di ricordi, nostalgia, melancolia.
Due settimane fa, alla vigilia di Natale, moriva una amica per me fondamentale: si trattava di quel meraviglioso miscuglio migmatico che portava il nome di Donatella Bonioli. Come è stato detto, e come penso, si è trattato di una individua straordinaria: una stoica, epicurea, illuminista, ironica, tragica e vitalissima donna. Un capolavoro filosofico della individualità – indipendentemente dal fatto che lei ne fosse o meno consapevole.
Gli amici e le amiche importanti stanno in genere nelle dita di una sola mano, e non sempre serve usarle tutte. Lei era, per me, una delle rare dita di quest’unica mano.
Oggi a Lecco, dove viveva, è stata organizzata una commemorazione pubblica: una teoria di ricordi, letture, testimonianze, musiche, immagini, emozioni. Aspetti e sfaccettature del migma noti e meno noti. Anche in questo caso è sorprendente scoprire come la ricchezza di una persona venga colta in maniera più profonda e completa (per quanto mai esaustiva) grazie ad occhi, mani e anime diverse. Altre trame, altri lati, altre vie. Ho pensato di riportare qui sotto il testo che anch’io ho letto per ricordarla – solo un minuscolo frammento dell’intreccio che ci ha avvinto in quasi trent’anni di amicizia. E qui sopra una sua fotografia di un momento felice dell’ultimo periodo, che ho avuto la fortuna di condividere. Spero, poi, che vorrà perdonarmi quella patina di retorica (che tanto detestava), ma che è anch’essa “parte” della vita – giri di parole per dire solo: “ti ho voluto bene, mi mancherai”.

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AMOR CHE NELLA MENTE MI RAGIONA

Non si è mai parlato granché di amore su questo blog. O meglio: il fondamento di questo blog è in verità il concetto stesso di amore, nel senso della “philìa” greca, dell’amore per il sapere – altro la filosofia non è. Pur tuttavia non si è nemmeno parlato granché di quel concetto fondamentale per l’elevazione e la formazione filosofica che è l’amore – l’eros – nella concezione platonica. Ma soprattutto è dell’amore nel senso più comune (e forse più alto) che poco si è detto. Quel legame misterioso che consegna due persone l’una all’altra, le stringe e le avvinghia magneticamente, per un certo periodo della loro vita. Anche in questa occasione non ne parlerò, ma solo lo evocherò, dato che durante la pigra mattinata domenicale appena trascorsa, musica, versi e parole si sono dati convegno nella mia casa e nella mia mente: alcune musiche intime di Ludovico Einaudi; una strana voglia che mi è presa di leggere il Canzoniere di Petrarca; e poi questa canzone, tra le più belle di Francesco Guccini (ci sarà ancora in circolazione qualche critico letterario che si scandalizzerà per siffatti “spuri” accostamenti?) – una canzone che adoro e che volentieri canterò per gli amici della Banda Larga, il cui titolo è Vorrei. Queste le sue parole:

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PHILÍA

amici.jpga Marco
φιλος εν
φιλοσοφια
φιλοσοφος εν φιλια

Ho sempre avuto un culto particolare per l’amicizia. Nella mia prima giovinezza coltivavo le amicizie come si fa con le piante preziose di un giardino botanico. Ne avevo una cura maniacale. Ricordo che prima di addormentarmi, la sera, passavo in rassegna gli amici e le amiche che avevo incontrato o sentito durante la giornata, ne riassaporavo i volti, le parole, i gesti, il calore, la vicinanza, gli insegnamenti e pregustavo gli incontri del giorno dopo o dei giorni successivi. La distanza tra un incontro e l’altro mi sembrava sempre eccessiva. Catalogavo le amicizie e gli amici, non perché volessi costituire gerarchie – anche se la tentazione dell’amico o dell’amica più importante a tratti l’ho avuta – ma perché mi beavo di quella straordinaria diversità. E talvolta mi chiedevo: com’è che io, che sono un solo individuo, posso essere amico di persone così varie e diverse tra loro? La risposta mi appare ovvia oggi, ma allora non lo era. Mi sarebbe poi piaciuto che tra loro si conoscessero, mi piaceva immaginare giochi alchemici, reazioni, talvolta anche amori possibili. Il mio ideale era quello della koiné, una sorta di vita comune tra amici. Ho poi sempre reputato l’amicizia una forma superiore di amore rispetto ad altre, specie all’eros e all’attrazione sessuale in genere. Non che nell’amicizia non ci sia una componente erotica: non si può essere amici di persone da cui non si è attratti anche fisicamente. Ma l’amicizia disdegna per sua natura l’antagonismo o le complicazioni implicite nei giochi amorosi e di coppia. E’ più agape che eros, per dirlo con la lingua greca. Gore Vidal raccomandava giustamente di non fare mai sesso con gli amici, a meno che non se ne voglia mettere a repentaglio il rapporto. Ma non voglio qui occuparmi dei risvolti psicologici o sociali. Mi preme invece puntare l’attenzione sulla valenza filosofica dell’amicizia. Occorre qui rifarsi ad Aristotele, il primo pensatore che abbia trattato in maniera sistematica il tema dell’amicizia da un punto di vista filosofico.

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