Antropocene 5 – Homo deus

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Il termine Antropocene fu coniato negli anni ’80 dal biologo Stoermer, e ripreso dal chimico olandese Paul Crutzen nel 2000 per sottolineare il cambio di paradigma nella definizione delle ere geologiche: non siamo più nell’Olocene, ma nell’Antropocene, cioè nel periodo in cui è la specie umana a determinare le condizioni generali di vita nel pianeta. Questo smottamento è dovuto essenzialmente alla principale delle caratteristiche specie-specifiche di homo sapiens, la più variabile delle sue invarianze biologiche, ciò di cui parleremo principalmente stasera – Nostra Signora Tecnica.

Possiamo ritenere che la tecnica [dal greco téchne: arte, saper fare,  da intendersi sia come imitazione che come manipolazione della natura: ciò che è artificiale ed artefatto, contrapposto a naturale] sia la facoltà di costruire protesi e dispositivi, la potenza di agire sull’ambiente esterno e su di sé (a fini adattativi e trasformativi) – ciò che è coessenziale alla stessa natura umana. Ovvero: l’essere umano non è concepibile senza le proprie capacità tecniche, non esiste un homo sapiens che non sia tecnico.
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Quinta parola: libertà

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[Sommario: Libertà e filosofia – L’uomo-misura di Protagora – Socrate eroe classico della libertà – Diogene hippy e cosmopolita – Il giardino di Epicuro – La catena degli stoici – Il libero arbitrio di Agostino – L’uomo proteiforme di Pico della Mirandola – Necessità e libertà in Spinoza – Stato e individuo: il liberalismo – Libertà, natura e spirito – L’oltreuomo nietzscheano – Sartre e l’esistenzialismo: libertà come possibilità – Libertà moltitudinaria – Responsabilità, alterità e libertà]

Il concetto di libertà è piuttosto sfuggente e, soprattutto, cangiante: epoche e culture diverse intendono questo termine in maniere inevitabilmente diverse. Ma senza voler entrare nella molteplicità dei significati e delle sfumature, evocare la libertà nel campo filosofico significa evocare nello stesso tempo una delle condizioni essenziali del pensiero: di libertà i filosofi hanno bisogno come l’aria, senza libertà di pensiero non ci può essere filosofia.
Ma di che cosa realmente parliamo quando parliamo di libertà? Da che cosa (o di che cosa) siamo (o dobbiamo) essere liberi? E poi: possiamo davvero esserlo, o si tratta di una pura illusione?
Ci faremo queste domande scorrendo velocemente il pensiero di alcuni filosofi o correnti filosofiche, dalla grecità all’epoca contemporanea.

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Camaleontiche creature

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(riposiamoci un po’ dalle noiosissime fatiche mondano-elettorali, ed eleviamo lo sguardo ed il pensiero alle superne rote…)

Avevo spesso sentito parlare del De hominis dignitate di Giovanni Pico della Mirandola, citato in saggi, manuali e conferenze come uno dei documenti fondamentali dell’umanesimo, segno di una svolta epocale nella mentalità del tempo a proposito del posto degli umani nel mondo, ma non mi era ancora capitato di leggerlo. Una sua recente ripubblicazione, con testo a fronte, a cura delle Edizioni della Normale, me ne ha dato finalmente l’opportunità.
L’occasione per cui venne scritto non è meno interessante del suo contenuto, dato che si trattava nientemeno che del primo congresso filosofico mondiale (!), organizzato dallo stesso autore, che si sarebbe dovuto tenere a Roma nel 1487, ma che saltò a causa di alcune (prevedibili) reprimende delle istituzioni ecclesiastiche. Pico – giovane filosofo  eruditissimo e brillante, che aveva scritto ben 900 tesi nelle quali tentava una funambolica conciliazione di tutto il sapere umano (teologico, esoterico, filosofico, qabbalistico) – si rivolge ai “padri” (cioè ai vecchi bacucchi sapientoni) con una orazione introduttiva, che sarebbe poi stata stampata come testo a sé stante nel 1496 e che – immagino al di là dell’intenzione dell’autore – sarebbe diventato ben più celebre dei suoi tentativi sincretistici e totalizzanti.
Ma scorriamolo brevemente, questo piccolo gioiello della letteratura umanistica…

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