Ho imparato molte cose dalla mostra dedicata a Giorgio De Chirico allestita al Palazzo Reale di Milano. Avevo una qualche vaga idea della pittura “metafisica”, ma non avevo ben inquadrato il rapporto di De Chirico con Nietzsche (al punto da autoritrarsi nella posa della celebre fotografia del filosofo tedesco), né conoscevo il rapporto strettissimo con la terra greca, che spiega meglio anche tutto il retroterra mitologico e il rapporto con la classicità dell’opera dechirichiana; mi sfuggivano certi simboli ricorrenti (la locomotiva, la torre, la ciminiera, la nave, le bandiere); sono rimasto meravigliato dalla serie dei cavalli e da quella dei bagnanti incastrati nell’acqua-parqué; ed ancora, nulla sapevo dell’autoironia del De Chirico che si dipinge nudo (anche se gli è stata imposta la copertura delle pudenda), in veste di torero o di cicisbeo barocco; ed infine, non sapevo nemmeno che Andy Warhol avesse ricavato l’idea della serialità proprio a partire dalle diverse copie delle Muse inquietanti.
Credo che oltre all’effetto-straniamento (che condivide con Magritte) De Chirico abbia ottenuto risultati notevolissimi lavorando sulla spazialità, a partire da quelle immense piazze spiazzanti, dalle ombre misteriose che le attraversano, e che la sua pittura altro non sia che una “messa in scena”, la riduzione – ed esibizione – del mondo (e della sua stranezza e/o assurdità) dentro a una stanza-scatola. Un mondo che si depotenzia e che depone persino la sua carica violenta – basti pensare a come De Chirico rappresenta i lottatori, gli eroi, i gladiatori, irridendoli e trasformando le loro corazze e la loro durezza in giocosità molliccia e friabile.
Infine: che cosa ci dicono le figure inquietanti e silenziose dei manichini, quei corpi svuotati, automatizzati, anonimi, alienati – non siamo forse anche noi, come gli oggetti, pezzi di “un immenso museo di stranezze, pieno di giocattoli”?
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Kandinsky a Burgess Shale
Trovo meraviglioso che un artista cacciato dai nazisti (i quali cancellarono in un sol colpo quell’esperienza creativa e straordinaria che era stata il Bauhaus), le cui opere vennero esposte in Germania come arte degenerata, e che sarebbe poi morto a Parigi senza vedere la fine della guerra, negli ultimi anni abbia avuto l’impulso e la forza di creare nuove forme di vita – rispondendo così con l’arte e la bellezza alle pulsioni di morte di cui la vecchia Europa era preda.
Proprio nel 1938 Vasilij Kandinsky dipinse Ammasso regolato (in altri testi l’ho trovato titolato con Insieme multicolore) e nel 1940 il suo quadro forse più metafisico Blu di cielo (o Azzurro cielo), che appare una sorta di celebrazione della vita pullulante, variegata e rigogliosa di Burgess Shale – un biomorfismo ed una geometria vitale senza eguali nell’arte del Novecento: «In questo modo l’arte astratta pone accanto al mondo reale un nuovo mondo che esteriormente non ha nulla a che fare con la realtà»; Kandinsky osserva le cose con uno sguardo interiore che penetra attraverso «il duro involucro, la forma esteriore e giunge all’interno della cosa, facendoci percepire il suo pulsare interno con tutti i nostri sensi».
Se è vero che quanto più si crea tanto più si è liberi, allora Kandinsky è stato davvero un uomo libero.
Che cosa si nasconde dietro un semplice bacio…
“Tutte le cose ci appaiono sotto forma di figure”
Andare a vedere una mostra, specie di pittura, è una cosa che mi entusiasma parecchio – anche se diventa sempre più difficile farlo, volendo evitare folle, grupponi, guide più o meno discrete e visitatori molesti. Del resto le mostre sono eventi democratici e di massa, altrimenti perché mai allestirle? E poi Pablo Picasso era un pittore che amava esporsi ed essere al centro della scena – oltre che essersi ritrovato, non certo suo malgrado, al centro di gran parte del secolo appena trascorso.
Ad ogni modo, muovendomi avanti e indietro per le sale, girando come una trottola e saltabeccando qua e là, con l’accortezza di evitare le onde d’urto delle masse assetate (ed assatanate) di Cultura, ho finalmente potuto ammirare con immenso piacere dei sensi e godimento intellettuale, le opere esposte alla mostra in corso a Milano – la seconda che ho avuto la fortuna di vedere del grande pittore spagnolo.
Riviste alcune cose, viste altre nuove, incuriosito da dettagli biografici, imparato cose che non sapevo, eccetera eccetera. Insomma, una godibilissima lezione di un paio d’ore di storia dell’arte, senza troppi -ismi e tecnicismi – infarcita piuttosto di improvvisi attacchi emotivi, specie di fronte ad alcuni quadri. Quel che segue è un resoconto frammentario e ultrasoggettivo, preso più o meno di sana pianta dal mio libriccino di appunti che sempre mi porto appresso…
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Amletismi – 9
Qualche tempo fa passeggiavo dopo tre lunghi giorni di pioggia, gustandomi una composizione di nuvole in cielo, con colori cangianti, dal rosa all’azzurro all’arancio. Mi sono venuti alla mente gli sfondi di certi quadri rinascimentali o di paesaggisti quali Lorrain o Turner, e la seguente domanda: è il mio occhio naturale a fondare l’estetica della bellezza pittorica o non piuttosto questa a fondare la mia disposizione a osservare la natura in modo non indifferente? La risposta è…