Quarta passeggiata filosofica

La filosofia, nata in città, volge lo sguardo alla natura – la physis nella lingua greca – fin dagli esordi. Uno sguardo razionale, che cerca un principio da cui ogni cosa sporge e sorge – l’arché. Per poi, infine, ritornarvi. Il medesimo principio da cui noi stessi siamo generati – in un unico flusso metamorfico.
La primavera, il risveglio della natura, lo sbocciare della vita, evocano con forza quell’idea, quel principio, quella sensazione di comunanza.
In quella natura-riserva un po’ asfittica che è la natura in città, proveremo a camminare, a pensare, ad immaginare e a meravigliarci di fronte a quel principio sorgivo che tutto regge. Physis, arché, natura naturans – natura che sempre si genera, da sé, muta e si espande. E a sé ritorna. Iuxta propria principia.
E che – proprio in questa stagione – esplode in una miriade di forme, di spore, di gemme, di fiori, di colori, di foglie e di frutti, un carnevale e una festa della moltitudine vegetale (una “verditudine”) resa possibile dall’ “invenzione” evolutiva delle angiosperme.
Alla ricerca di un linguaggio insieme razionale e poetico, logico ed emotivo.
Filosofeggiare camminando, per il puro piacere di farlo.
Al battere del passo senza meta, fine a se stesso.

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Mieiku: un marrone pieno di possibilità

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“Un marrone pieno di possibilità”, “Per favore non calpestare: ci sono dei semi che ce la stanno mettendo tutta” – sono due efficacissime espressioni presenti nell’incantevole albo illustrato E poi… è primavera, da cui è tratta l’immagine di sinistra. E a proposito di bambini, che inevitabilmente richiamano la stagione primaverile, l’immagine di destra ritrae il mio ciliegio filosofico in fiore – l’albero che mi è stato donato qualche anno fa dalle classi con cui all’epoca avevo filosofato, e che sta fiorendo per la seconda volta sul mio balcone. Le giuste effigi per questa piccola silloge di mieiku – schizzi poeticoviandanti sull’attesa, la pazienza, la rinascita, la possibilità, il cambiamento, il succedersi delle stagioni. Ovvero, sulla verditudine in agguato.

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ancora troppo bruno
per la mia impazienza
di verdi rinascite

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Mieiku: Lombardia di maggio

mentre verditudine
impazza piovono
fiori di robinia

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nuvole plumbeorosa
trafitte da luce incostante
forme divenienti

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frinir di grilli
appesi alle foglie di cicoria
che taglierò piano
per la mia crema di fave

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nel mare di spighe
mosse dal vento
sfuggenti fiori di campo

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lungo il ciglio della roggia
ontani ombrosi e sambuchi
dai bianchi corimbi odorosi
ad uno ad uno si fanno nominare

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(un anno fa era Sicilia di maggio)

Karumi

basho

Nell’estetica del grande poeta giapponese Matsuo Basho, famoso per aver dato origine alla tradizione dell’hokku (oggi noto come haiku), è centrale l’idea di karumi, leggerezza. Quella modalità espressiva, cioè, che coglie i momenti poetici nel tessuto della quotidianità, attraverso parole ed immagini sobrie ed essenziali, prive di enfasi o di retorica, leggére appunto.
Leggerezza, però, non vuol dire superficialità, ma capacità di cogliere la bellezza e l’eterno nelle cose più semplici, più ovvie, più banali. Il poeta riesce così a distrarre la nostra attenzione dalla vera banalità – il considerarci l’ombelico dell’universo – e a farci attrarre dall’essenziale: il mostrarsi delle cose nella loro sorgiva immediatezza, spoglie di tutte le sovrastrutture di significati che noi vi abbiamo introdotto o affollato intorno. E’ un’altra modalità della conoscenza, piuttosto rara e difficile perché richiede grande energia, concentrazione, autoeducazione, disciplina, tensione; più un togliere che un mettere; oltre che un lungo viaggio – come quello di Basho – attraverso la vita, i luoghi, la natura (“Ammalatomi in viaggio / il mio sogno corre ancora / qua e là nei campi spogli“, come recita lo splendido haiku che Basho detta a un suo allievo poco prima di morire).
A noi, però, viene data con un minimo di sforzo l’opportunità di fruire di quelle visioni essenziali, mettendoci all’ascolto.
Chi, come me, sovrainterpreta, complica e talvolta fa conflagrare sensi e significati, viene invitato a desistere, a ritrarsi, a fare silenzio. E, per una volta, ad ascoltare.
Solo questo ci chiede il poeta.
In cambio riceviamo doni incommensurabili…

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