Il quadrato vuoto

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The Square è un film straniante, inquietante, spaesante – ma anche divertente. Pieno di cortocircuiti visivi che rimandano ai cortocircuiti sociali. Di scale viste dall’alto. Di flussi di umani inebetiti dai loro specchi digitali. Di mendicanti che contrastano con le vetrine luccicanti del Nord Europa. Di opere d’arte cervellotiche e sgradevoli – poiché sgradevole è la casta che vorrebbero scuotere.
Tanta roba in questa opera dello svedese Ruben Östlund (che già aveva diretto il notevole e perturbante Forza maggiore), a partire dall’idea cui rinvia il titolo: un’installazione artistica ritagliata sulla pavimentazione esterna al museo (l’ex palazzo reale), che racchiude un recinto sacro nel quale tutti sono uguali, sia nei diritti che nei doveri. Evidentemente lo sono solo lì. Ma siccome è l’epoca scioccante-virale, per lanciare la cosa a livello pubblicitario e mediatico, viene diffuso un video nel quale una bambina mendicante (per di più bionda, altro cortocircuito visivo) salta per aria proprio dentro il santuario-quadrato – causando reazioni scandalizzate di sdegno. (Peccato che questo sdegno non si manifesta mai quando le folle, imbambolate dai loro metafoni, sommergono i questuanti fuori dei bar o sulle scale delle metropolitane).
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JJR 2 – L’arcano della proprietà

Qualche giorno fa una ricca ministra del governo italiano in carica, rivendicava la propria ricchezza come “non peccaminosa”, e come qualcosa di cui non ci si debba vergognare. A parte l’interessante accostamento alla sfera del sacro, la suddetta ministra rimuoveva l’ovvietà (sepolta sotto anni di pesante restaurazione) di dover rendere conto delle cause e delle radici di quella ricchezza. Non tanto della sua propria – di cui m’interessa poco (e su cui i riccastri fanno di solito leva, per argomentare con la naturale passione umana dell’invidia) – ma, più in generale, della genesi e struttura della proprietà in quanto tale. Continuare a suonare la campana a morto del pensiero marxiano, che aveva messo il dito sulla piaga, non li esime  certo dal dover rispondere alla domanda essenziale: donde viene, qual è il senso storico, sociale ed antropologico della loro ricchezza? come si è originata ed accumulata? e che cosa se ne fanno?
Sono domande che, come appare evidente, esulano dalla sfera etica o morale. Non è con i sensi di colpa che si cambiano le cose, ma con il “movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”. Togliere il velo dagli occhi di chi guarda e il velo dell’oblio dai rapporti sociali (cos’altro è la ricchezza se non questo?), è semmai il compito primario del pensiero critico.
Ascendendo di causa in causa, uno degli affluenti più importanti del fiume marxiano è proprio il pensiero politico-antropologico di Jean-Jacques Rousseau, in particolare quello del Discorso sull’origine e i fondamenti della disuguaglianza fra gli uomini, la cui rilettura attenta consiglierei al ministro di cui sopra…

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‘O SISTEMA (uno e trino)

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“A Giggino Mezzanotte lo portano in palmo di mano come a un Dio, perché una maniera o l’altra in tanti si abbuscano qualcosa per mezzo suo. Chi a spacciare, chi a nascondere la roba e chi le armi, chi a vendere il falsificato, chi a prendere una fatica in qualche cantiere o dentro alle imprese di pulizia. Io, se posso, a Giggino Mezzanotte non ci voglio chiedere niente né ora né mai, perché una volta che sei entrato dentro al sistema sei fottuto e non decidi più niente della vita tua. Decide lui al posto tuo, ti dice quello che devi e non devi fare, e se non vuoi stare alle regole lui sicuro ti fa sparare in testa. Perché è così che qua funziona. A te ti danno una pippata di tabacco ogni tanto, per far vedere, per tenerti buono, per illuderti che prima o poi ti spetta una vita normale. E intanto si mettono i milioni sopra alla banca, si comprano i motoscafi e le macchine potenti, si costruiscono le ville blindate e si fanno gli interessi loro, questo si fanno, alla stessa maniera dei politici, che dicono tante belle parole e poi ci azzuppano a tutto andare. Sono anche peggio quelli, che pensano solo ai voti e alla maniera di guadagnarci sopra. E ogni tanto, quando i morti sono troppi, quando i giornali si mettono a scrivere, mandano la polizia per fare cinque sei arresti, per buttare fumo negli occhi, per farsi belli alla televisione, pe’ fà veré che si preoccupano. Non gliene fotte niente. Niente. Per loro siamo la monnezza del mondo. Questo siamo. Monnezza.”

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(Domanda: si sta parlando di “sistema camorristico”, di “sistema politico-affaristico” o di “sistema capitalistico”? Qualcuno vuole essere così gentile da spiegarmi la differenza?)

(il brano è tratto da: Andrej Longo, Dieci, Adelphi)