Secondo lunedì: éros e agàpe

Amore-e-psiche-Canova

[Quella che segue è la traccia del mio intervento al Gruppo di discussione filosofica tenutosi lo scorso lunedì 18 novembre, cui è seguito il contributo dell’amico e teologo Marco Paleari. Che ci ha consegnato una visione tutt’altro che eterea dell’amore cristiano – éros come un uscire da sé e andare verso l’altro – che affonda le proprie radici in una complessa tradizione religiosa e spirituale non riducibile a quella occidentale o al cattolicesimo, con interessanti riferimenti all’arte, all’iconografia, al misticismo e ad un pensiero teologico più propenso ad indicare che a prescrivere, decisamente più comprensivo che moraleggiante. È stata una serata ricca di spunti, con una partecipazione davvero straordinaria – fin nel numero di presenze, che ha superato le 30 persone, ma che ha scontato l’ovvio limite dell’ampiezza del tema e della pochezza del tempo a disposizione: troppa carne al fuoco, insomma, anche se preferirei un’altra metafora, visto il mio vegetarianesimo…]

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Cominciamo dalle parole e dai loro significati originari. Ne metto in gioco tre, tutte della lingua greca:

érosphilìaagàpe

(in verità quest’ultima è pochissimo usata, ed entrerà nel vocabolario religioso quando si tratterà di tradurre in lingua greca il concetto dell’amore di Dio nei confronti degli uomini).
Questo il significato delle due parole più utilizzate:
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Psicosofie estive – 8. La potenza ebbra del concetto

Urlo_Munch

Il mio primo incontro con la filosofia avvenne, tra le altre cose, all’insegna di un pensiero forte, duro, militante – tanto più che all’epoca si stava diffondendo la moda del pensiero debole. Certo, avrei potuto incontrare il pensiero debole, anziché quello forte, ed esserne fatalmente attratto tanto quanto venni conquistato dall’hegelismo poderoso del mio primo maestro (o dall’ontologia di Emanuele Severino). Il caso, la psicologia o altro possono benissimo spiegare (o evitare di farlo, quindi in maniera a sua volta debole) tali propensioni – ma non è che importi molto, né a me né ai miei eventuali lettori, tanto più che fa caldo e si ha voglia di pensieri rinfrescanti.
Se però torno con la memoria ai miei vent’anni, quel che più mi affascina (e terrorizza) è il ricordo delle cene (spesso ebbre) durante le quali qualsiasi cosa poteva essere affrontata, proprio perché investita dalla potenza del concetto. Poco importava che vi fossero conoscenze empiriche, queste stavano senz’altro in secondo piano, bollate come particolarità non sempre interessanti. Anzi, venivano talvolta considerate addirittura degli impedimenti alla comprensione profonda della realtà, quasi che i fatti, per loro natura disordinati e frammentati, non sempre inquadrabili in un sistema coerente, fossero una realtà sbiadita e di secondo grado. Erano invece la teoria, il concetto, il pensiero – la filosofia come pensiero forte, anzi fortissimo – quel che doveva stare sempre in primo piano.
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