Demos

La Cina ripristina la possibilità di fare il terzo figlio (non molto tempo fa il governo impediva che si facesse il secondo), l’Europa – e specialmente l’Italia – è in netto declino demografico: ma la popolazione globale è in continua espansione, anche se frenata dal controllo delle nascite e da altri fattori. Credo che la questione demografica sia la più cruciale del XXI secolo.

Sfioriamo gli 8 miliardi, e i modelli previsionali ci dicono che nel corso del secolo continueremo a crescere fino a 9 e forse 10 miliardi. Nel 10.000 a.C gli homo sapiens erano sì e no un milione; nel 1000 a.C 50 milioni, nel 1000 d.C. 400 milioni, nel corso del XIX secolo abbiamo tagliato il traguardo del miliardo, raddoppiando 100 anni dopo.

Ma è quel che succede dal 1950 in poi – epoca della “grande accelerazione” – a fare impressione: l’ulteriore raddoppio è avvenuto in meno di mezzo secolo. Ovviamente tutto questo è stato possibile grazie a scienza, tecnica, progressi economico-materiali, i quali a loro volta sono stati possibili grazie all’aumento della popolazione – in un circolo virtuoso (o vizioso, a seconda dei punti di vista) senza precedenti.

Gli elementi quantitativi da tenere d’occhio sono però due: non solo la progressione numerica, ma anche quella dell’età media e della speranza di vita. Anche in questo caso – pur nella diversità, talvolta enorme, delle aree geografiche e dell’accesso alle risorse – le statistiche ci parlano di una progressione impressionante. È la pesantezza di questo doppio numero a schiacciare gli ecosistemi.

Occorrerebbe forse auspicare il ritorno della trimurti guerre-carestie-pestilenze? (per inciso, il covid ha influito in maniera minima sulle dinamiche demografiche, data la tutto sommato bassa letalità). Ovviamente no. È però altrettanto irresponsabile procedere con questi numeri e, soprattutto, con questo modello rapace e distruttivo di risorse e ambienti naturali. La scommessa – il dilemma – è quindi: è immaginabile un altro modello sia demografico che produttivo e di consumo che eviti l’abisso?

Non abbiamo più molto tempo.

Pneuma

Viene spesso evocato il respiro. Credo sia un tema filosofico-antropologico da sviscerare. Gli effetti più drammatici del Covid colpiscono le persone anziane – ma non solo – proprio in uno dei loro punti più deboli, e mozzano loro il respiro. George Floyd, la cui brutale aggressione e uccisione ha riacceso il movimento Black Lives Matter, diceva schiacciato a terra I can’t breathe,”non riesco a respirare”. Tutti boccheggiamo in quest’epoca – soffocati dall’aria irrespirabile delle metropoli, ma più in generale saturi di cose, notizie, informazioni, incombenze: sia l’aria fisica che quella spirituale sono pessime. Sentiamo infine – per lo meno io lo sento – la necessità di fare un lungo respiro prima di agire o decidere (o anche astenersi dal farlo): fermarsi, prendere fiato, riflettere e poi procedere nel cammino. Laddove invece ogni azione sembra condurci in uno spazio chiuso, asfittico. Muri e costrizioni e pressioni di ogni tipo, anziché quiete, serenità e aria aperta.

Continua a leggere “Pneuma”