Iuxta propria principia!

TELESIO quadro

È ricorsiva nei filosofi l’idea di “ritornare alle origini”, che quasi sempre significa un ritorno alle cose, a se stessi, all’immediatezza naturale, alla sensibilità, a principi semplici ed essenziali – e che talvolta si traduce anche in un ritorno alle origini della filosofia, in genere ai presocratici e alla loro potenza sorgiva. Ciò succede soprattutto quando si avverte il peso della tradizione, quando il pensiero si sente incatenato a ciò che lo precede, quando le categorie o le teorie lo incrostano e lo soffocano. A maggior ragione se a precedere sono giganti o sistemi filosofici di grande portata.
Doveva sentirsi così Bernardino Telesio, questo filosofo irrequieto che gironzola per l’Italia, tra Cosenza, Padova e Roma e che pare ad un certo punto essersi ritirato a meditare in convento, tra i monaci benedettini. Forse fu proprio la solitudine ad ispirargli il colpo di scena rinascimentale del De rerum natura iuxta propria principia, un titolo che mi ha sempre entusiasmato, vuoi per quel riferimento lucreziano, vuoi soprattutto per quel iuxta propria principia – che è come dire che la natura va osservata in riferimento a se stessa, per come essa è e funziona in sé, senza quindi:
-teorie preconcette o pregiudizi (magari antropocentrici)
-interventi magici o divini
-ma pure senza quell’eccessivo ragionare che le scuole e la tradizione filosofica recano inevitabilmente con sé.
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Terzo fuoco: homo homini deus

Q10

Il nostro terzo incontro avrà come oggetto di discussione la religione. Naturalmente è un argomento vastissimo, noi ci limiteremo a domandarci se ha ragione Marx nel definirla oppio del popolo, e quale possa essere il senso di questa definizione in un periodo così tormentato (anche in termini religiosi) come il nostro. A guidarci sarà L’essenza del cristianesimo, un saggio del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, pubblicato nel 1841 e cruciale (anche per Marx) sul significato della religione nella vita umana – con un approccio che antropologizza la teologia e umanizza il divino, invertendo così i termini del rapporto che lega l’uomo a Dio (il predicato e il soggetto), svelando il “trucco religioso” e smascherandone il vero senso: non Dio crea l’uomo, quanto piuttosto è l’uomo a creare Dio, riponendo in esso le cose essenziali, i tesori della propria umanità. Se tradizionalmente si pensava che il soggetto-creatore fosse Dio, e l’uomo il predicato che ne deriva, occorre invece rovesciare questo rapporto, e rimettere le cose al loro posto.

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FEDE E RAGIONE, ovvero dell’oxymoros perfetto

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C’è una parola che va molto di moda da qualche tempo, che è “ossimoro”. Deriva dal greco oxymoros, ed è composta da oxùs, acuto e moròs, stupido: come dire capra con cavoli, cioè accostare due termini che non c’entrano l’uno con l’altro, o meglio che sono agli antipodi (basti come esempio quello della “guerra umanitaria”). Mi pare che parlare di “fede e ragione” sia uno dei tanti ossimori oggi ricorrenti. Proverò a mostrare perché.

Iuxta propria principia! – ecco che cosa dà sui nervi al conservatorismo teocratico di cui papa Ratzinger è l’estremo (e speriamo ultimo) celebre rappresentante – non diversamente dal “pensiero” di Osama Bin Laden, magari meno raffinato ma sostanzialmente identico. Tutto ciò che non è mosso dall’esterno (in ultima analisi da Dio: vi ricordate il detto “non si muove foglia che Dio non voglia”?), e che si prova a spiegare attraverso principi propri e razionali, ebbene ciò va respinto come foriero di relativismo e di nichilismo. Dalle concezioni cosmologiche all’autodeterminazione della donna, il fronte che separa l’eteronomia ecclesiastica e fideistica dall’autonomia umanistico-razionale sta tutta in quel principio discriminante.

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