Manifesto della vergogna

“La Vergogna è Tristezza accompagnata
dall’idea d’una nostra azione che
immaginiamo biasimata da altri”
(Baruch Spinoza)

***

“Mi hanno tolto il gusto di essere
incazzato personalmente”
(Giorgio Gaber)

***

Mi vergogno di abitare in un paese che non sa fare a meno di mandare al potere ometti ridicoli e grotteschi, mascellati o ceronati che siano.

Mi vergogno di abitare in un paese la cui legge elettorale viene definita ufficialmente “Porcellum”.

Mi vergogno di un paese dove il telespettacolo permanente di nani, ballerine, soubrettes, calciatori, ruffiani e cortigiani è diventato il nucleo centrale dell’opinione pubblica.

Mi vergogno di un paese in cui gli uomini di potere dicono cose irripetibili e irriferibili sulle donne e sulle loro parti anatomiche – senza che altri uomini e altre donne non se ne vergognino al punto da destituirli e cacciarli a pedate in una di quelle stesse parti anatomiche.

Mi vergogno di un paese che non ha più il senso comune e, soprattutto, il senso del comune.

Mi vergogno di un paese dove i giudici diventano incondizionatamente degli eroi, e dove Il processo e le angosce visionarie di Kafka vengono sistematicamente rimossi.

Mi vergogno di un paese dove si fa l’apologia dell’intercettazione, del controllo poliziesco e della repressione.

Mi vergogno di un paese dove la parola “giustizia” si usa ormai solo (a sproposito) nei tribunali.

Mi vergogno di un paese dove la parola “libertà” è stata sequestrata da affaristi, cialtroni, avvocati, onorevoli cooptati ed ignoranti e criminali travestiti da statisti.

Mi vergogno di un paese dove la cronaca nera è diventata la seconda passione nazionale condivisa e dove si applaudono le bare. (Il calcio, la prima, dovrebbe anch’esso sprofondare per la vergogna).

Mi vergogno di un paese dove è la chiesa cattolica a dettare la linea ai politici. Da prelati ben poco immacolati.

Mi vergogno di un paese dove sono le banche, la confindustria e gli speculatori finanziari a dettare la linea ai politici.

Mi vergogno di un paese dove si aprono dei lager e si usano le patrie galere per stiparci nuovi e vecchi poveri.

Mi vergogno di un paese dove impazzano sindaci-sceriffi ossessionati dal decoro. Tranne che per le mazzette.

Mi vergogno di un paese dove dei razzisti conclamati stanno al governo; ma dove ci stanno pure gli eterni sepolcri imbiancati.

Mi vergogno di un paese dove la classe politica non prova vergogna.

Mi vergogno di abitare in un paese dove la politica è ritenuta più pericolosa della peste.

Mi vergogno di non trovare altri motivi di vergogna;
mi vergogno che non ci si vergogni abbastanza;
e mi vergogno soprattutto di provare vergogna, anziché sdegno, indignazione, rabbia, ira, furore – un fuoco che mi faccia bruciare e che attizzi la rabbia generale ed incendi ogni strada e ogni piazza di questo vergognoso (e svergognato) paese.

Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

9 pensieri riguardo “Manifesto della vergogna”

  1. @bortocal: tu commenti, e con qualche ragione:
    “chi parla per la vergogna, vuol parlare soltanto della vergogna degli altri; chi tace per la vergogna, tace per una vergogna propria” – che, tra l’altro, rispecchia la definizione che ne dà Spinoza: sono gli altri a biasimare (e dunque a parlare), mentre chi prova vergogna tende a nascondersi – a nascondere il proprio rossore.
    Ma temo che la vergogna sia un sentimento piuttosto complesso e stratificato, oltretutto in perenne evoluzione, un po’ come il sentimento confinante del pudore, che pare essersi eclissato nella nostra epoca: tra l’altro il termine latino usato da Spinoza è proprio Pudor). Se poi si mescolano i due piani – quello individuale (cui la vergogna strictu sensu si riferisce) e quello sociale – la cosa si complica ancora di più.
    In effetti la vera vergogna è qui piuttosto l’impotenza che non permette all’indignazione (spesso più parolaia che effettiva) di tramutarsi in azione, in prassi politica.
    Ma ci tornerò con più calma, magari riprendendo le sagge (anche se lapidarie) indicazioni di Spinoza, il quale, tra l’altro, ci suggerisce un uso politico molto interessante dell’Indignazione.

  2. in un commento al tuo post sul mio blog, un amico ha ricordato anche Machiavelli:
    Coloro che vincono, in qualunque modo vincono, non ne riportano vergogna! N. Machiavelli.
    questo rischia di rendere la riflessione filosofica sulla vergogna tremendamente intrigante e complessa.

    la definizione di Spinoza parte dall’aspetto emotivo, la Tristezza (che in qualche modo richiama oscuiramente l’idea di Machiavelli che la vergogna sia uno stato d’animo riservato ai perdenti).

    a rafforzamento di quel che rilevi tu con acutezza: “la vera vergogna è qui piuttosto l’impotenza che non permette all’indignazione (…) di tramutarsi in azione, in prassi politica”.

    poi però Spinoza stabilisce una connessione importante con la facoltà dell’immaginazione: perché la tristezza per una azione che non ha avuto successo si trasformi in vergogna occorre avere la capacità di immaginare che altri possano biasimarci per questo.

    cioè occorre che ci importi qualcosa del giudizio di questi altri, perché se per noi sono nulla, a nulla si riduce anche lo sforzo di immaginare il loro biasimo.

    il concetto di biasimo poi rimanda a valori morali condivisi, senza i quali neppure il biasimo può sussistere.

    questo a proposito di eclisse del pudore, connesso al trionfo del narcisismo.

    aspetto con curiosità di leggere i tuoi altri approfondimenti.

  3. @bortocal: acutissime osservazioni le tue, di cui farò senz’altro tesoro nel prosieguo della riflessione (in effetti il ruolo dell’immaginazione è centrale nel pensiero di Spinoza).

  4. Tra l’altro ho letto solo ora il tuo post di qualche giorno fa, e il tuo incipit è straordinariamente in sintonia (anche se a parti invertite) con la mia conclusione…

  5. In effetti-L’immaginazione é molto importante,sfortunatamente
    sorride soltanto a chi incline alla follia ha il potere di
    domarla tenendo salde le redini sul collo del cavallo
    vanesio ebbro schiavo del mero esercizio scolastico-
    Egill

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