Onanontologia

«La fatuità e la noia che invadono ciò che ancor sussiste,
l’indeterminato presentimento di un ignoto, sono segni forieri
di un qualche cosa di diverso che è in marcia» (G.W.F. Hegel)

La filosofia mi è venuta a noia.
L’ontologia, la metafisica mi son venute a noia.
Tutte quelle eiaculazioni mentali prive di orgasmo.
Le domande mi son venute a noia.
Le risposte pure. Ma ce n’è poche serie. Per fortuna.
La scienza e lo scientismo mi son venuti a noia.
Ma l’antiscientismo tronfio di più.
Il relativismo mi è venuto a noia.
L’assolutismo mi era già venuto a noia nell’adolescenza.
Il teismo e l’ateismo.
Le ideologie.
Ma soprattutto la loro morte o assenza.
Per non parlare di chi ne prende le distanze.
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Perle di fine anno – 3

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«L’uomo esiste da 32000 anni. Che siano occorsi cento milioni di anni a preparare il mondo per lui è una prova che il mondo esiste per l’uomo. Io suppongo che sia così. Non lo so di sicuro. Se la Torre Eiffel rappresentasse l’età del mondo, lo spessore della vernice sul pinnacolo al suo vertice rappresenterebbe la durata relativa dell’esistenza dell’uomo; e chiunque percepirebbe che quel sottile strato di vernice fu ciò per cui fu costruita la torre. Suppongo che lo percepirebbe, non lo so di sicuro.»

[Mark Twain]

 

Sapersi tenere su corde leggere

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Proprio mentre mi accingo a scrivere un saggio che vorrei immodestamente intitolare Il principio-straniamento, o qualcosa del genere, una graziosissima fanciulla che sta per dare la maturità mi chiede aiuto a proposito della cosiddetta “tesina” che mi dice di voler fare sulla leggerezza. Magnifico argomento, penso io, anche se di primo acchito non so proprio che consigli darle (ma anche dopo averci pensato un po’, non son mica certo di averle dato indicazioni utili). L’idea originaria viene dalla prima delle Lezioni americane di Calvino – “leggerezza intesa quindi come lucido distacco dalla realtà per non venirne assorbiti inconsapevolmente, ma non rifiuto della realtà” – così mi scrive la cara maturanda, che incrocia anche il concetto di ironia, concetto quant’altri mai filosofico, per lo meno da Socrate in poi. Non dovrebbe essere difficile, quindi, trovare un filo, un discorso, un pensatore adatti all’uopo.
Eppure, da Kant in poi, non è che mi sia venuto in mente granché: anzi, diciamocela tutta, e cioè che la filosofia contemporanea è parecchio pesante, e che ‘sti filosofi la leggerezza (ben intesa, s’intende) manco sanno dove stia di casa.

Anche se… a pensarci bene… per un altro verso… forse addirittura l’intera filosofia contemporanea (senza voler scomodare Severino), potrebbe essere spiegata proprio con alcune delle espressioni utilizzate da Calvino commentatore di Lucrezio e apologeta del suo tentativo di alleggerire la gravità materiale: “dissoluzione della compattezza del mondo”, “polverizzazione della realtà”, “la poesia dell’invisibile, la poesia delle infinite potenzialità imprevedibili, cosi come la poesia del nulla”…
E di fatti, qualche filo qua e là – specie tra i filosofi irrazionalisti e spiritualisti, ovvero i distruttori della ragione, secondo l’epiteto lukacsiano – l’ho trovato, anche se non so cosa possa mai uscirne.

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McBulimia

Travelsoft è un gruppo di adolescenti creativi che scrive, produce ed interpreta video ironici e parodistici, reperibili sul canale di youtube, e che ho avuto il piacere di ospitare tempo fa nella mia biblioteca. In quell’occasione avevo chiesto loro se nel produrre il video qui sopra, si fossero per caso posti in un’ottica critica – tipo: società dei consumi, cultura del McDonald, spreco, cannibalismo o simili. La loro risposta è stata un candido “mah!, veramente non ci avevamo pensato”.
Ora, io non voglio attribuire significati reconditi, costruiti a priori o surrettizi a tutti i costi. E neppure eccedere in psicologismi o determinismi dell’inconscio. Però non posso nemmeno credere che questo video caustico e beffardo, pur in tutta la sua selvaggia e adolescenziale spontaneità, sia solo frutto del caso o di un pomeriggio di noia. Trovo anzi che sia politicissimo ed eticissimo, e che i suoi autori si debbano rassegnare a tale evidenza.
Benvenuti dunque nel mondo della videoresponsabilità!

Appeso ai baffoni di Nietzsche

Oscilla talvolta il pensiero. Sì che mi vien da essere idealista con gli empiristi, comune con i costruttivisti. Fattuale con gli ermeneuti, mentale coi pragmatici.
Scettico con gli assolutisti, ontologico con gli scettici. Nominalista con i realisti, dogmatico con i cacadubbi.
Cammino sbattendomene come Pirrone sul ciglio dei precipizi, e sbeffeggio con Sesto Empirico i sapientoni che hanno in tasca la verità. Attendo al pozzo Talete che guarda in su, ma dal cielo scruto Anassimandro con segreta ammirazione.
Parmenideo con gli eraclitei, ed anche parricida.
Cristiano no, quello mai. Però, ogni tanto, m’assale l’angoscia kierkegaardiana, e temo e tremo, finché con piroetta dialettica mi riposiziono sulle hegeliane e roboanti figure dello spirito.
M’incazzo se passo da Treviri e poi vado a pascolare nell’heideggeriana foresta nera. Ma fuggo subito, perché c’è puzza di sterco nazista, e poi: perché mai gettar via l’esistenza?
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La transplendenza del sublime

Fortunatamente non rientro nella categoria analizzata da Edoardo Camurri – e cioè I filosofi che si autopubblicano – in un articolo comparso qualche settimana fa su La lettura, inserto domenicale del Corriere della sera, prima di tutto perché faccio fatica ad autodefinirmi “filosofo”, e poi perché vi si parla di self-publishing on-line, ovvero di e-book, e dunque di libri in formato digitale. Insomma, per ora l’ho scampata bella. Certo che se un giorno sul mio blog dovessi scrivere frasi come la seguente: “Essere sublime che ci incontra e si eventui, si getta nell’Essere così come nell’Esserci, per abitarvi con la transplendenza del sublime o dell’Essere sublatione sublime, o per abitare poeticamente le insenature sublimi di Kalipso“; o se dovessi solo accennare a cose come la “macrofilia”, le capre parmenidee e i culi planetari – vi prego fin d’ora di smettere di leggermi, di avvertirmi, di lanciarmi almeno un pietoso segnale.
Camurri conclude con elegante ironia, ricordandoci come l’incomprensibilità di un testo filosofico – pubblicato anche seguendo i canoni tradizionali – non sia mai stato un problema per il suo eventuale successo, visto che Heidegger diventò celebre scrivendo cose come “il mondo mondeggia”. Ciò non toglie – aggiungo io – che tali sublimi forme di scrittura o linguaggi starebbero più a loro agio nel limbo della gettità

Un giorno questo straniamento ti sarà utile

“Anna avrebbe voluto morire
Marco voleva andarsene lontano
qualcuno li ha visti tornare tenendosi per mano”
(Lucio Dalla)

Gli adolescenti mi danno da pensare. Forse perché cerco di ricordarmi com’ero io all’epoca e provo un certo disagio nel figurarmi goffo, inadeguato, inadatto – sempre in conflitto con un mondo pronto indifferentemente ad assorbirmi o a stritolarmi. “Quante balle si ha in testa a quell’età […] a vent’anni si è stupidi davvero“, cantava Francesco Guccini – anche se i suoi 20 anni corrispondono ben poco a quelli di oggi, e tantomeno a quella fascia del tutto aliena che va dai 14 ai 18.
Mi vien però da dire che se i bambini sono naturalmente disposti alla filosofia – dato che si fanno tante domande e chiedono in maniera petulante ed asfissiante “perché?”, allora lo sono anche gli adolescenti, magari per ragioni diametralmente opposte, dato che non si chiedono un bel niente (o sono indotti a non farlo), e quando per avventura si fermano a chiedersi qualcosa, lo fanno da una posizione di radicale straniamento. Lo esemplifico con tre scene – due di vita vissuta, una di vita fittizia e rappresentata. Continua a leggere “Un giorno questo straniamento ti sarà utile”

Bòtte a Diogene

Ciclo di filosofia con i bambini 2011/2012 – Terzo resoconto

Simone dichiara fin dal primo incontro che “se questa è la filosofia” allora proprio no, non gli piace.
Che cosa non ti piace – gli chiedo.
Il fare polemica – mi risponde. Questo continuo far loro domande da parte mia, farsi domande da parte loro, arrovellarsi ed attorcigliare la mente – con poche risposte certe in mano alla fine – evidentemente lo turba. Gli risulta fastidioso dover sempre discutere, interrogarsi, interloquire, contrastare, polemizzare.
Eppure è il sale della filosofia – gli dico (e della vita, vorrei aggiungere).
Com’è che si chiama il tuo blog? – mi chiede durante l’ultimo incontro prima di Natale.
La Botte di Diogene. Perché?
Mi fa sornione: dovresti cambiargli nome e chiamarlo “le bòtte a Diogene”. E si sposta vicino alla finestra, minacciando scherzosamente (almeno spero) di buttarsi di sotto se continua questa baraonda filosofica.
Allora gli dico: guarda che hai proprio sbagliato bersaglio, quel Diogene lì era esattamente come te, un rompiscatole, uno scettico, uno a cui non andava bene niente – in fondo uno polemico, che è quello che Simone non vorrebbe essere. E dunque, guarda un po’ che cosa strana, concludo: sei molto più filosofico di quanto tu non pensi.
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Montologion

Porcaccia miseria! (giusto per usare un eufemismo)
Monti e il suo maledettissimo governo congiurano gravemente contro la mia evoluzione filosofica. Lo argomento:
1) avendo preventivato di dedicarmi allo studio serio ed approfondito del pensiero di Emanuele Severino
2) avendo calcolato all’ingrosso in circa due anni pieni il tempo minimo necessario per leggermi l’opera omnia e cavarne qualche frutto
3) non potendolo fare adesso, preso come sono dal vortice della quotidianità, e avendo optato per posticipare il tutto alla pensione
4) avendo il suddetto Monti graziosamente deciso di ritardare il mio congedo lavorativo di un altro paio d’anni
5) coincidendo curiosamente i due lassi temporali, e dovendomi dedicare anche a molti altri pensatori e temi di primaria importanza filosofica, scientifica, etica ed estetica
6) ergo – sempre che la capricciosa contingenza non decida altrimenti – mi vedo costretto a prendere una dolorosa decisione…

Aforisma 42/quater

L’essere è. Nient’altro. E niente e altro o non sono o sono essere, dunque non-niente, non-altro.

***

Rompo la consuetudine che vuole gli aforismi come una forma compiuta di scrittura, che non abbisogna di ulteriori spiegazioni, per dire due parole su questa criptica (e un poco stucchevole) successione di aforismi “ontologici”.
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