Catalogo delle passioni: l’amore, l’odio e le loro geometriche fluttuazioni

Gustav-Klimt-Il-bacio

L’ammirazione (admiratio), ci suggerisce Spinoza, è il fissarsi della mente su qualcosa che viene immaginato senza alcuna connessione con le altre cose. Sembra, cioè, che nell’ammirazione ci sia quasi una forma di paranoia, una concentrazione esclusiva sull’oggetto ammirato che ci fa perdere di vista l’intero o la realtà. Detto così non sembra qualcosa di buono, anche se poi nello Scolio a commento della definizione ci vengono suggeriti altri motivi di riflessione: la nostra mente, dice Spinoza, scorre normalmente sulle cose, si applica ad una molteplicità di enti, e non può non essere così; succede però che di tanto in tanto venga sorpresa da qualcosa di nuovo, su cui per qualche tempo indugia. E’ come se il normale corso venisse bloccato, e la mente, stordita da questa novità, venisse calamitata sul nuovo oggetto, e lì si sedesse fissa e immobile a contemplarlo.
In verità, questa esperienza sentimentale sembra riconducibile a quella dell’innamoramento, anche se Spinoza non lo dice. Anzi, chiude frettolosamente la questione dicendo che tutto sommato l’ammirazione non deve essere nemmeno annoverata tra gli appetiti fondamentali (che sono i soliti tre: letizia, tristezza e desiderio).
L’amore dovrebbe essere in teoria qualcosa di contiguo all’ammirazione. Se ne distingue perché “è una Letizia accompagnata dall’idea di una causa esterna”. Dunque, innanzitutto è una letizia, cioè qualcosa che ha il segno + quando accade (laddove l’odio ha il segno -). Vedo qualcosa di esterno a me e non mi limito a fissarlo, ma la sua visione causa in me una reazione: lo voglio possedere, perché ciò aumenta la mia letizia, cioè la mia forza vitale.

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