Le impronte di Alda

Alda_Merini

Lascio a te queste impronte sulla terra
tenere dolci, che si possa dire:
qui è passata una gemma o una tempesta,
una donna che avida di dire
disse cose notturne e delicate,
una donna che non fu mai amata.
Qui passò forse una furiosa bestia
avida sete che dette tempesta
alla terra, a ogni clima, al firmamento,
ma qui passò soltanto il mio tormento.

Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

8 pensieri riguardo “Le impronte di Alda”

  1. Io non ho bisogno di denaro. Ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente, di fiori detti pensieri, di rose dette presenze, di sogni che abitino gli alberi, di canzoni che facciano danzare le statue, di stelle che mormorino alle orecchie degli amanti… Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà colori nuovi. (Terre d’amore – 2003)

  2. Se io mai scomparissi – presa da morte snella, costruite per me – il più completo canto della pace! Chè , nel mondo, non seppi – ritrovarmi con lei, serena, un giorno. Io non fui originata – ma balzai prepotentemente dalle trame del buio – per allacciarmi ad ogni confusione. Se mai io scomparissi – non lasciatemi sola, blanditemi come folle! (da Paura di Dio – 1955)

  3. Non conoscevo alda merini.Il fatto che la poesia può avere a che fare con la follia mi sgomenta.Si, perchè anch’io a volte scrivo poesie.
    Comunque quella che hai pubblicato è forse la più bella ,anche se leggendo quel poco della sua biografia, non mi sembra che non fosse stata mai amata. Io le ho dedicato una rosa sul mio blog.

    Forse, in questo periodo, in Italia, riscoprire un pò di poesia ci può essere utile per disintossicarci da tutto ciò che si è sentito in questi mesi.

  4. anch’io non conosco molto la Merini. Però mi sa che con la follia abbia a che fare, non solo la poesia, ma tutto l’occidente e il mondo intero.
    E poi, fra genialità e follia il passo è breve. Sono gli estremi che si toccano, basta un passo e sei di qua o sei di là.
    Ma essere un poeta potrebbe significare proprio questo, dominare questa follia, vedere le cose dall’alto e dal basso, dal dentro e dal fuori, oltre le nebbie dell’apparenza

  5. stavo pensando alla follia come la intende Severino (ben più radicale) e cioè che alla base della follia (dell’occidente) sta il negare la follia.
    O, come diceva Herman Hesse, “la follia è l’inizio di ogni sapienza”.
    Ma forse è la stessa cosa

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