Le gocce di Emily

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[il 21 marzo scorso, dalla biblioteca chiusa e subito dopo da casa, ho cominciato a pubblicare quotidianamente sui social – facebook e whatsapp – un frammento tratto dalle poesie di Emily Dickinson: alcuni versi ogni giorno per 100 giorni, la prima parte dei quali terribili, cupi, funesti; qui sotto raccolgo tutte insieme queste “gocce di splendore” – 110, 10 in più di quelle pubblicate – che sono state per me – e forse per altri – un piccolo balsamo ad ogni risveglio]

***

Ho deciso di chiamarle così – “gocce”.
Il sottinteso può essere “di splendore”, come nella smisurata preghiera di De André.
Una goccia di splendore ogni giorno. Tante piccole gocce di refrigerio, tratte dalle poesie di EMILY DICKINSON – “se mai dovesse essere la mia goccia / che lenisca la sete d’un viandante”.
A partire da domani, 21 marzo, primo giorno di primavera e Giornata internazionale della poesia.
Perché di poesia abbiamo bisogno, ora più che mai.
Pochi versi – in qualche caso un solo verso, fulminante. Una goccia al giorno, per un buon numero di giorni. Più di 100, a coprire la primavera e l’insorgere dell’estate.
Le riporterò virtualmente su queste pagine digitali – e poi le trascriverò su carta, in biblioteca: tappezzerò una parete e spargerò i versi qua e là. Un arazzo di bellezza che – spero presto – diventi visibile a tutti voi.

1
L’acero indossa una sciarpa più gaia
e la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.

2
Vorrei stillare una coppa
e offrirla a tutti gli amici

3
Tutto ciò che oggi posso recare
è questo, ed inoltre il mio cuore;
questo, e il mio cuore, e tutti i campi, e tutti
i vasti prati.

4
Fai ch’io per te sia l’estate
quando saran fuggiti i giorni estivi!

5
Da sì minuscoli cavalieri –
un germoglio, o un libro –
sono deposti i semi dei sorrisi
che nel buio fioriscono.

6
Per l’anima cresciuta in terra ferma
esaltazione è andare
di là dalle dimore e i promontori
immergendosi nell’eternità!

7
Per trovare che ciò per cui ti svegli
respira un’alba diversa

8
Ringraziò per le rose che spiccavano
nel variopinto mazzo della vita

9
L’arcobaleno non mi disse mai
che raffiche e tempeste son finite,
eppure è più convincente
della filosofia.

10
Perché amiamo il Ponente nel suo addio,
e la pace, la fuga, l’ametista
e la promessa della notte!

11
Alpi immortali guardano dall’alto,
sfiorando col berretto i firmamenti,
coi sandali sfiorando la città

12
e quanti calici deliba l’ape –
la dissoluta di rugiade!

13
Così porto con me sempre la coppa
se mai dovesse essere la mia goccia
che lenisca la sete d’un viandante

14
Ella morì: questa fu la sua morte.
E quando fu cessato il suo respiro,
ella prese i suoi semplici vestiti
e si mise in cammino verso il sole.

15
Ti porterò ruscelli
da nascondigli umbratili –
Mare, ti prego – prendimi!

16
Perché è molto diverso immaginare il cielo
o svegliarvisi dentro all’improvviso,
e potrei esserne sommersa!

17
Cauta, vagliai la mia piccola vita –
separai ciò che svanirà
da ciò che durerà

18
Due naufraghi, all’albero abbracciati,
resistettero fino al nuovo giorno,
quand’uno sorridente si volse verso terra –
Che fu, mio Dio, dell’altro!

19
Il mio occhio è più colmo del mio vaso –
il suo carico è tutto di rugiada

20
come la navigazione lontana di un uccello
rivela appena una tinta –
un lampo di remi, una gioia –
poi si sottrae alla vista.

21
e rose di giornata fiorite a Zanzibar –
e calici di gigli – come pozzi –
api a migliaia – e ancora
varchi d’zzurro attraversati
da flotte di farfalle

22
Vogar nell’Eden!
Ah, il mare!
Se potessi ancorarmi
stanotte in te!

23
dei mattutini son più dolci i vespri –
ed il mattino è solo il seme del meriggio –

24
Date a un gigante – balsami –
e languirà, come un uomo –
dategli l’Himalaya –
e la sorreggerà!

25
Ora sono perduta, ma un tempo fui trovata
e questa sarà ancora la mia estasi:
davanti a me le porte di diaspro
si spalancarono un tempo, improvvise

26
La felicità è come la brevità –
o ad essa proporzionale,
direbbero le scuole –
il modo dell’arcobaleno

27
E la misura di questa mia vita –
che i saggi chiaman “piccola” –
dilatò nel mio petto gli orizzonti –
e fra me stessa a quel “piccola” irrisi!

28
Come se avessi chiesto
all’Oriente un mattino –
e sollevasse le purpuree dighe
per sovrastarmi con l’alba!

29
C’è chi osserva la festa andando in chiesa –
io la osservo restandomene a casa –
per corista un bobolinco –
per cupola – un frutteto –

30
Porto nel mio canestro firmamenti –
che sul mio braccio dondolano lievi,
ma più piccoli pacchi non ci stanno.

31
I cittadini, simili a falene,
non ossa nei corpi, ma pizzi –
occupazioni tenui come velo
e nomi delicati, morbidissimi.

32
Posso guardare – posso? –
quando sarà l’Est rosso?
In quei momenti hanno le colline
un sembiante che porta altrove il cuore.

33
m’immergo
lenta nell’onda – anche le stelle affrontano
la notte con cautela –

34
Innalzare lo splendido ideale
per poi lasciarlo ricadere, quando
una minima crepa vi scopriamo –

35
Palesavo dovunque il mio piacere –
una parola d’oro regalando
a chiunque incontrassi –
e doni al mondo intero –

36
Fu questo un poeta – colui che distilla
un senso sorprendente da ordinari
significati, essenze così immense
da specie familiari

37
Così, come congiunti che di notte s’incontrino –
dall’una all’altra stanza conversammo –
finché le nostre labbra raggiunse il muschio –
e coprì i nostri nomi –

38
Amore, tu sei alto,
e non posso scalarti
Amore sei profondo,
e non so traversarti
Amore, sei velato
e ben pochi ti scorgono –

39
Si sa che l’Himalaya un giorno s’inchinò
fino alla margherita –
preso dalla compassione
che una delizia simile crescesse
là dove il suo universo dispiegava –
tenda su tenda – bandiere di neve –

40
lo vedemmo davvero
o lo strano spettacolo si svolse
nel giardino della mente?

41
La bellezza non ha causa: esiste.
Inseguila e sparisce.
Non inseguirla e appare.

42
E quando dalle corde
simile a un peso inerte fu calato
non fece segno né si oppose:
cadde come diamante.

43
E il mare fu incalzante alle mie spalle;
sentivo il suo tallone argenteo
sopra la mia caviglia – ed i miei sandali
allora traboccarono di perle.

44
Questa non è rovina di speranze –
è una disperazione fiduciosa
che varca le frontiere alte del Cielo
con la povera forza della terra –

45
Vennero a mezzogiorno due farfalle
a fare un valzer sulla fattoria –
poi balzarono dritte contro il cielo
sostando sopra un raggio –

46
Praterie vaste d’aria
non interrotte da un solo colono –
fu tutto ciò che vidi –
Infinità

47
Estirpate le radici
non ci sarà albero.
Senza te
non ci sarà me.
Il Cielo sarà vuoto –
derubata l’immensa tasca dell’eterno –

48
Un grande bene è volgermi ai miei libri –
ultimi approdi dei miei giorni stanchi

49
Ti vedo meglio al buio,
non mi occorre altra luce:
l’amore è per me un prisma
che supera il violetto.

50
È più vasto del cielo – il cervello –
prova a metterli accanto –
e l’uno l’altro conterrà sicuro –
ed inoltre – anche te

51
E se tu fossi eletto –
ed io dannata ad essere
dove non sei –
questo e non altro sarebbe l’Inferno

52
richiamare in tuo umile favore
le più ricche rugiade del mattino
perché l’erba gelosa non si stenda
più verde

53
A passi incerti attraverso il vestibolo –
giungo alla soglia – silenziosamente –
e guardo tutto ciò che esiste al mondo –

54
L’anima è la sovrana di se stessa
di sé sola può dunque aver paura

55
E a voi che il dubbio opprime,
tenute di violette senz’ombra di tormento!

56
L’uccello raggiunge quel punto!
Curva su curva, giro su giro
entro i dirupi dell’aria.

57
Ch’io sia al tuo fianco, quando
la tua sete verrà,
per recarti madida rugiada di Tessaglia
e balsami dell’Ibla.

58
Mai resterà privo di compagnia
chi la sua propria intimità coltiva.

59
Il paradiso in terra sul paradiso in cielo
prevalse con più vivido colore –
e traboccò l’ampiezza della vita

60
Come oserei soffocare una fede
da cui tutto il mondo dipende?
Per colpa mia cadrebbe il firmamento
quasi fosse schiantato il suo perno.

61
Questa è la vista dalla mia finestra:
un mare su uno stelo.

62
Chi tiene corte dentro il proprio spirito
vede un re in ogni uomo

63
Esplora te stesso!
Poiché dentro te troverai
il “Continente Ignoto”

64
e insieme camminiamo verso il giorno,
l’uno all’altro narrando di come cantammo
per scacciare la tenebra

65
Accendere una lampada e sparire –
questo fanno i poeti

66
La fede è il ponte senza arcate

67
Nessun silenzio al mondo è più silente
di quello che sopporta
l’anima, e se trovasse voce
sgomenterebbe la natura
e atterirebbe l’universo.

68
Quando s’annunciano gl’inverni
noi rovesciamo allora lo zodiaco
e facciamo fruttare campi nuovi

69
essere un fiore, è profonda
responsabilità

70
Per me è un esperimento
ogni essere che incontro

71
Venne una vastità, come un amico;
una saggezza senza volto o nome;
una pace di sfere in armonia:
così fu notte.

72
Per camminar su mari ci vogliono piedi di cedro

73
Dì tutta la verità ma dilla obliqua –
il successo è nel cerchio

74
Il gelo della morte era già ai vetri –
“Salvate il vostro fiore” ci diceva.
E come marinai con una falla
lottammo contro la mortalità.

75
È la terra locanda di stranieri
e l’aria – di segreti

76
Ci presentiamo a pianeti ed a fiori
senza difficoltà
ma con noi stessi
siamo riguardosi
proviamo imbarazzi
tremori

77
Il mio primo pensiero sia per te,
quando ci scalda e illumina il mattino

78
Se non avessi visto il sole
avrei potuto accettar l’ombra.
Ma la luce rendeva più deserto
il mio deserto.

79
Nessun vascello c’è che come un libro
possa portarci in contrade lontane
né corsiere che superi la pagina
d’una poesia al galoppo

80
In questa breve vita
che dura solo un’ora
oh quanto – e quanto poco
giace in nostro potere

81
Alla vita appartenere –
dalla vita attingere –
ma il serbatoio non toccare mai.

82
Smetti, mio cuore, il tuo grigio lavoro
e prendi una sedia rosata

83
È meglio la luna o la mezzaluna?
Nessuna di esse – dice la luna –
il meglio è ciò che non è –
raggiungilo – cancellerai lo splendore.

84
La capitale della mente è il cuore –
ed il singolo stato della mente
insieme al cuore forma
un solo continente.

85
Le cose che ignoriamo
e le persone del nostro presagio
sono in cammino.

86
Tenebrosi pirati del ronzio
bardati d’oro – le api.

87
Potesse labbro umano indovinare
il carico latente
di una sillaba detta,
sarebbe stritolato sotto il suo peso.

88
Domanda alla rosa languente
quale fu l’estasi che preferì
ella t’indicherà con un sospiro
il suo bocciolo reciso.

89
Cogliamo dunque il fiore di ogni giorno

90
Vedere il cielo estivo
è poesia,
anche se nessun libro la contiene.
La poesia vera è fuggitiva –

91
Erige la speranza una dimora
senza soglie né travi –
ha soltanto pinnacoli
quel tempio –

92
Un dolore è più forte in primavera,
per contrasto alle cose che cantano

93
il cuore umano è guidato
da un nulla –
“nulla” è la forza
che rinnova il mondo –

94
averla per amica
un calore come se il sole
ti risplendesse in mano

95
Più lentamente veniamo
verso le tue distese di splendore

96
Lieve danzò lungo gli oscuri giorni
e a donargli queste ali
non fu che un libro –

97
Nessuno teme l’acqua fragorosa –
piuttosto le acque chete

98
Non conosce la via
ma si mette in viaggio
verso una primavera di cui ha udito parlare.

99
Parti per il tuo viaggio sconfinato!
Le stelle che tu incontri
sono simili a te –

100
Una lettera è gioia terrestre –
negata agli dei

101
con tal passo di gloria te ne andrai
che l’uomo nuovo salperà alla vita
lungo la scia di te

102
Un sintomo d’affetto è la parola
ed un altro il silenzio

103
le api sazie volaron verso casa –
il Sud distese un ventaglio di porpora
e poi lo porse agli alberi

104
tutte queste son folla
in confronto a quel punto profondo,
segretezza polare
che è un’anima al cospetto di se stessa

105
Le parole che dice chi è felice
son volgare melodia –
ma quelle che chi tace sente dentro
sono meravigliose

106
È vero che la sete è patimento,
ma ho avuto la rugiada!

107
Dove ogni uccello osa andare,
e api giocano senza timore,
ogni straniero, prima di varcare la soglia,
deve da sé allontanare le lacrime.

108
Al transito di marzo nell’aprile –
quel magico confine
di là dal quale esita l’estate,
quasi troppo celeste vicinanza.

109
Non sarò assetata, con tal vino alle labbra,
non mendicante, con i regni in tasca –

110
ed allora alzò il capo
ed intorno diffuse tali note
che l’universo a cui toccò ascoltarle
ne è ancora frastornato –

Autore: md

Laureatosi in Filosofia all’Università Statale di Milano con la tesi "Il selvaggio, il tempo, la storia: antropologia e politica nell’opera di Jean-Jacques Rousseau" (relatore prof. Renato Pettoello; correlatore prof. Luciano Parinetto), svolge successivamente attività di divulgazione e alfabetizzazione filosofica, organizzando corsi, seminari, incontri pubblici. Nel 1999, insieme a Francesco Muraro, Nicoletta Poidimani e Luciano Parinetto, per le edizioni Punto Rosso pubblica il saggio "Corpi in divenire". Nel 2005 contribuisce alla nascita dell’Associazione Filosofica Noesis. Partecipa quindi a un progetto di “filosofia con i bambini” presso la scuola elementare Manzoni di Rescalda, esperimento tuttora in corso. E’ bibliotecario della Biblioteca comunale di Rescaldina.

3 pensieri riguardo “Le gocce di Emily”

  1. Ecco qui la nostra Emily che “distilla starordinari sensi da significati ordinari…”

    Mi sono lasciata intridere da tutte le gocce che hai scelto come quando corro a danzare sotto la pioggia estiva che “sprigiona essenze immense” da boschi lontani.

    “La lontananza è matrice di dolcezza; se potessimo vedere tutto quello che speriamo di vedere, se potessimo stare ad ascoltare senza paura tutto quello di cui abbiamo paura, come se fosse una fiaba qualunque, la pazzia ci sarebbe vicina. Ognuno di noi offre o riceve il paradiso sotto forma corporea, perché ognuno di noi conosce il mestiere di vivere…”
    (Lettera di Emily Dickinson alle cugine Louise e Frances.)

    Scusami le commistioni, ma da lei spira il segreto indecifrabile e dirompente della poesia.
    Buongiorno, Mario.

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