Le carcasse della metafisica

 

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Ho provato a fare ordine nella mia mente sul tema dell’animalità – su cui medito da tempo e che sto affrontando in vista del prossimo incontro del gruppo di discussione filosofica. Già questo “fare ordine nella mente” è indice di qualcosa di cruciale che accade in homo sapiens e che è essenziale per il processo dell’antropogenesi, proprio in relazione all’animalità. Ma, appunto, proviamo a procedere con un minimo di ordine.
Ho sempre trovato del tutto insufficiente l’approccio animalista o antispecista alla questione animale (ovvero: stabilire un minimo di regole etiche circa il nostro modo di trattare gli animali), proprio perché si fonda su un’inaggirabile posizione antropocentrica, ovvero sull’evidenza che il soggetto che pone il problema e che propone la soluzione è il medesimo, giudice e carnefice ad un tempo, razza padrona e dominante che per lenire il senso di colpa si inventa forme morali di risarcimento [a meno che non si voglia estinguere il problema con l’auspicio dell’estinzione della medesima razza umana, idea che conta un crescente numero di adepti e che si prospetta come una delle possibili configurazioni del nichilismo].
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L’INFERNO SOTTO IL GRATTACIELO

Vista
in sezione,
la struttura sociale
del presente dovrebbe
configurarsi all’incirca così:
Su in alto i grandi magnati dei
trust dei diversi gruppi di potere
capitalistici che però sono in lotta tra di
loro; sotto di essi i magnati minori, i grandi
proprietari terrieri e tutto lo staff dei collaboratori
importanti; sotto di essi – suddivise in singoli strati – le
masse dei liberi professionisti e degli impiegati di grado inferiore,
della manovalanza politica, dei militari e dei professori, degli ingegneri e dei capufficio fino alle dattilografe; ancora più giù i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i contadini e tutti quanti, poi il proletariato, dagli strati operai qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi e ai malati. Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta dall’orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo. Larghi territori dei Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa supera ogni immaginazione. Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l’indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l’inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali. Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato.

(P.S. Ad ogni corteo raccolgo sempre i volantini, che poi rileggo con calma a casa. In genere se ne trova sempre almeno uno originale, che si distingue dagli altri che macinano il solito linguaggio e le solite categorie ormai da decenni. Il testo pubblicato sopra è stato distribuito durante la manifestazione del 25 aprile a Milano, e riporta un brano del filosofo tedesco Max Horkheimer, uno dei fondatori della Scuola di Francoforte. “Il grattacielo” si trova in Crepuscolo. Appunti presi in Germania 1926-1931, Einaudi, 1977, pp. 68-70. Il volantino era molto preciso nelle indicazioni bibliografiche, ma purtroppo non era firmato, come se si trattasse di un frammento o di una metafora portati dal vento…).