Sono ancora stordito dagli occhi spalancati di Giorgia mentre snocciola ragionamenti complessi sul rapporto tra tutto e intelligenza, o mentre tenta di stabilire una relazione tra l’apeiron di Anassimandro e l’atomismo; oppure dalla fronte corrucciata di Manuel che cerca le espressioni giuste per liberarsi dalla tempesta mentale da cui è assalito; o ancora dalla serietà di Aryuna, dai sorrisi esili di Loris, di Seba, di Stefano (che intervengono a raffica); dai dubbi limpidi di Lancine o dalle certezze interrogative di Lorenzo… e potrei continuare a lungo…
Il solito professorone Hegel insinuerebbe il sospetto di una conduzione surrettizia del dialogo, che è poi esattamente quel che pensa degli urbani e raffinati dialoghi platonici, dove i personaggi sono “figure plastiche della conversazione”, e dove addirittura “avviene come nell’interrogazione catechistica in cui le risposte sono già prescritte”. Eppure qui – al di là del fatto che sia la proposizione dei temi che la conduzione da parte mia sono chiare ed esplicite – non mi pare ci sia nulla di pre-scritto o pre-ordinato. Ogni volta le medesime teorie, parole e concetti fanno la loro comparsa sulla scena del teatro filosofico, ma ogni volta producono effetti diversi su quelle loro menti plastiche. Perché quel che conta, più delle teorie, delle parole e dei concetti, sono, appunto, le menti precoci pronte fin d’ora a discernere, a interpretare, ad accogliere o a rifiutare.
Loris ad esempio, a proposito dell’insufficienza teoretica dell’arche di Talete dice: “io sono incerto, perché prima dell’acqua deve esserci stato qualcosa d’altro”; e rincara la dose quando parliamo di Anassimene: “l’aria secondo me è venuta dopo, tutti questi elementi sono più avanti”.
Lorenzo propone – prima ancora di nominarlo – il concetto di mescolanza, anche se lui la chiama “miscela”. E quando parlo dell’amore di Empedocle usa il termine “colla” per definirne la forza attrattiva. E alla fine dell’incontro – quando chiedo se secondo loro manca qualcosa in questo quadro multicolore di teorie – sempre lui dice: “manca l’uomo”. Ovvio, no? Ma non è finita, perché prima ancora di accennare ad Anassagora (anzi non ho ancora deciso se farlo nell’incontro successivo) utilizza il termine “costruttore”, opponendolo alle meccaniche più o meno casuali (o necessitanti, che è poi lo stesso) di Democrito.
Manuel, il tenebroso, sostiene dialetticamente che “devono stare vicini, ma anche lontani”.
-Che cosa? – gli chiedo. Ovvio, gli elementi!
Alla fine, quando passo in rassegna le 4-5 teorie dei presocratici che ho esposto, vince comunque Democrito: come sempre i ragazzini sono naturalmente disposti al materialismo e all’immanenza.
Ma è Giorgia quella che più mi preoccupa (in senso buono), dato che sembra avere spiccato il volo ed essersi appassionata al gioco dell’astrazione, al punto che Gabriella (l’insegnante) non riesce a starle dietro con gli appunti e anzi, ogni volta le deve chiedere di ripetere il ragionamento, se non addirittura di trascriverlo lei stessa, interrompendo così la magia orale che si è instaurata (mentre io la guardo in tralice, canzonandola un poco).
Comunque Giorgia insiste: «salvo Democrito e Anassimandro, perché uno dice che l’apeiron non ha forma e quindi è tutto, mentre l’altro parla di atomi che sono tutto e costruiscono il tutto e quindi è una cosa che continua a mescolarsi, perché uno è tutto e l’altro lo costruisce, quindi uno ha bisogno dell’altro» – ma la trascrizione non rende merito al suo sforzo argomentativo e alla loquela con cui lo esprime.
E questa era solo la cronaca abborracciata del penultimo incontro, perché l’ultimo è stato ancora meglio, e qui Giorgia si è davvero scatenata: «L’essere è l’intelligenza, ma l’intelligenza non è l’essere, perché l’essere è tutto e se l’uomo avesse l’intelligenza dovrebbe sapere tutto e non è vero, quindi intelligenza e essere non sono la stessa cosa, non coincidono, non sono uguali»; «Se non ci fosse l’intelligenza per noi sarebbe normale non averla e strano averla, mentre ora sarebbe strano non averla e avere tutto che funziona, ma senza l’intelligenza sarebbe normale avere tutto che non funziona» – al limite dell’apagoge o della reductio ad absurdum che ne farebbero una perfetta allieva di Parmenide o di Zenone.
E comunque vorrei fissare alcune cose qui, che so che dopo scapperanno via, perdute nella trascrizione o nell’oblio (che è talvolta la nostra incapacità di ricordare l’essenziale).
So che il nous di Anassagora ha un po’ scombinato i giochi, e che tutti si sono sforzati di capire che cosa diavolo potesse essere quell’intelletto così etereo, visto che è certo che il nostro è solo “parte” del nous (lo hanno detto loro), e che al massimo noi possiamo capire il “disegno” che sta dietro alle cose (ammesso che un disegno o un progetto ci siano per davvero), e poi qualcuno ha anche tirato fuori Darwin, ma guarda un po’!, come ha fatto a stabilire questa connessione così anacronistica ma opportuna…
E poi viene evocato anche il termine destino, e ci chiediamo se il nostro esser qui sia casuale o necessario, “se serviamo a qualcosa”: Rosa, ad esempio, dice che “abbiamo una missione da compiere” e che “il destino è come il cuore che decide cosa fare”; secondo Loris il destino ti capita, mentre per Seba è fede; Lorenzo conia una bella metafora, e sovrappone le linee del destino a quelle di una foglia, Lancine dice che è “il futuro sconosciuto”, e ancora ci chiediamo se siamo o no liberi, se il nostro esser qui abbia o no un senso, se, se, se… e sulla soglia di questo immenso se suona l’ora e dobbiamo congedarci.
“Questo è il vostro primo assaggio della filosofia, spero sia stato un buon assaggio, e mi auguro che sia solo il primo e che, soprattutto, vi porti bene”.
Buon “futuro sconosciuto”! – mi verrebbe da esclamare prima che cali il sipario del teatro filosofico.
Come condivido questo tuo desiderio di fissare delle cose che ritieni importanti per la loro essenzialità e per la loro bellezza…
anche io lo faccio a volte, focalizzo le parole chiave, poi da li è facile ripercorrere un’esperienza.
Bellissima lezione con i bambini, che leggendoli, sembrerebbero già grandi 🙂
il futuro sconosciuto può ancora essere una bella sorpresa, per chi vuole conservarne l’attesa.
ciao
forse io ero quell* con gli occhiali 🙂