Leopardi progressivo

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Era il titolo di un saggio del filosofo e militante del Pci Cesare Luporini, scritto nell’immediato secondo dopoguerra e che ebbi la fortuna di leggere una trentina di anni fa, nel contesto di un esame universitario – contesto obbligato che non mi impedì di apprezzarlo, anzi di trovarla una delle letture più esaltanti dei miei vent’anni. Ovviamente, insieme alla lettura degli idilli, dei canti, delle operette morali e di qualche passo sparso dello Zibaldone. Oggi ripartirei da quest’ultimo e me lo leggerei integralmente – se solo potessi, qualche pagina ogni giorno.
Il saggio di Luporini mi è tornato alla mente qualche sera fa, nel corso della visione del film di Martone Il giovane favoloso. Non sto a dare giudizi articolati su di esso: indiscutibilmente bravo l’interprete, con qualche sbavatura ed eccesso la sceneggiatura – rimane il fatto che occorre avere parecchio fegato per cimentarsi in un film su Leopardi. Quel che però è assolutamente apprezzabile del lavoro di Martone è da una parte l’immagine vitale e proiettata nel futuro del poeta di Recanati che ne vien fuori, e dall’altra l’essere riuscito ad articolare in poco più di due ore la summa, gli snodi essenziali, il filo del progresso mentale, psicologico ed intellettuale di Leopardi – che non è certo cosa facile. Ed è forse questo il motivo per cui mi è tornato in mente quello scritto.
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Il bacio spinozista di LudovicoVan

Fregio di Beethoven_Klimt

Oltre ai leggiadri valzer viennesi, per cominciare bene l’anno consiglio sempre l’ascolto della Nona sinfonia di Beethoven – in particolare di quel vertice musicale che è l’Inno alla gioia. All’Auditorium di Milano la sua esecuzione è consuetudine da molti anni – con più repliche a ridosso del vecchio e del nuovo anno, a mo’ di circolare auspicio di buona fine e buon principio –  e io ci vado tutte le volte che posso. Quest’anno ho partecipato al rito come se fosse la prima volta, incantato più che mai dalla prima all’ultima nota, e percorso a più riprese da brividi che ho identificato come innocui spinococchi.
E del resto la poesia di Schiller An die Freude è una vera e propria ode spinoziana alla vita:

Gioia bevono tutti i viventi
dai seni della natura;
vanno i buoni e i malvagi
sul sentiero suo di rose!

Abbracciatevi, moltitudini!
Questo bacio vada al mondo intero!

Gioia si chiama la forte molla
che sta nella natura eterna.
Gioia, gioia aziona le ruote
nel grande meccanismo del mondo.

Insomma, un tripudio di perfezione ontologica percorre tutti i modi della sostanza, e ogni essere ed ogni vivente ne partecipa. Amicizia e amore e fraternità e bellezza e con-essere e profonda correlazione la fanno da padroni – peccato solo per quella nota stonata ed ombrosa:

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Settemiliardi

Oggi, secondo quanto stabilito dalle Nazioni Unite, dovrebbe nascere l’umano numero 7 miliardi.
Il settemiliardesimo. Il numero 7000000000. In qualsiasi modo si dica o si scriva suona strano.
La demografia è sempre stata un’espressione di potenza nella storia umana. O anche di dannazione. Bocche da sfamare, braccia per l’agricoltura, carne da cannone. Bambini dickensiani reclusi nelle fabbriche (non solo ottocentesche).
I sudditi degli imperi, i cittadini dei moderni stati, i fedeli adepti delle chiese, mobilitazioni totali – numeri, masse, popoli, fiumane di gente: ciò che indica, di nuovo, potenza. Il Reich hitleriano portò tutto ciò al parossisimo: Lebensraum indica una precisa transizione della terminologia riguardante la dinamica demografica dal campo biologico a quello geopolitico. Insomma, darwinismo sociale nudo e crudo.
Il capitale ha un rapporto molto stretto con la demografia: corpi e menti da spremere fino all’ultimo joule o neurone, immensi e nuovi mercati da colonizzare – produzione e riproduzione a ciclo continuo. Produci, consuma, crepa. Ma prima devi nascere.
Naturalmente i cicli della demografia sono sempre i cicli dell’economia: migrazioni, urbanizzazione, spopolamento, ripopolamento, denatalità, nuove migrazioni, sovrappopolazione, fame (che è quasi sempre un infame affamamento), povertà (che è sempre un impoverimento).
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Umana compagnia

(con le terribili eppur fraterne, pietose ed universalissime parole di Giacomo…)

Islandese. E mi risolvo a conchiudere che tu sei nemica scoperta degli uomini, e degli altri animali, e di tutte le opere tue; che ora c’insidii ora ci minacci ora ci assalti ora ci pungi ora ci percuoti ora ci laceri, e sempre o ci offendi o ci perseguiti; e che, per costume e per instituto, sei carnefice della tua propria famiglia, de’ tuoi figlioli e, per dir così, del tuo sangue e delle tue viscere. […]
Natura. Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra?