(lunedì sera si è concluso, con l’esecuzione della Nona sinfonia, il Festival Mahler di Milano. Avendo un’ora libera prima dell’ascolto, ne ho approfittato per entrare in una chiesa: poco importa che si sia o meno credenti, quei luoghi sacri rimangono talvolta gli unici ricettacoli in cui poter trovare un momento di silenzio atto alla meditazione e all’ascolto di sé – specie in una società satura di suoni e stimoli e cose da fare, spesso prive di senso. Non poteva esserci miglior luogo per prepararsi all’ascolto di quella musica – tanto più che si trattava della Basilica di Sant’Ambrogio, all’ora del crepuscolo, in una giornata di novembre…)
L’ultima sinfonia diretta da Mahler fu l’Ottava (un’esecuzione trionfale a Monaco, nel settembre 1910, l’anno prima della morte).
Le successive, ultime, opere – Il Canto della Terra, la Nona Sinfonia, e l’Adagio della Decima, incompiuta – rimarranno da lui inascoltate/ineseguite.
Si è parlato di “addio”, di dissoluzione, tramonto, congedo per questi ultimi lavori: del Mahler ferito tre volte nel 1907, che mai più si è ripreso dal maglio del destino.
Eppure la musica nuovissima della Nona ci dice altro (o comunque non solo delle note dell’abbandono, della Gelassenheit).
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